LA RIVOLTA CONTRO DIO E LA SUA LEGGE NON VA A FINIRE BENE
A ben riflettere, si può cogliere l’esistenza di un aspetto luciferino nei variopinti, chiassosi e sguaiati cortei del cosiddetto orgoglio omosessuale, che si sopportano sfilare, al giungere dell’estate, in diverse città italiane, specie in quelle che hanno storia e tradizioni legate al cattolicesimo, come Roma e Padova.
È lo spirito di rivolta contro Dio e i Comandamenti, contro la Chiesa e la legge naturale.
Una rivolta che di solito non deborda nella bestemmia gridata e non sconfina nella violenza sfasciavetrine, ma si veste di canti, balli, musica, sorrisi, carri e maschere, costumi (spesso volgari), girotondi, fiaccolate, falciare e feste.
Una ribellione felice di essere tale, contenta di sfidare il Creatore, lieta di manifestare pubblicamente, senza reticenza e vergogna, il suo peccato, la sua disobbedienza, il suo disprezzo.
Ne emerge qualcosa che supera la rivendicazione di diritti e la pretesa di vivere come si vuole la propria sessualità, qualcosa che travalica la battaglia contro i pregiudizi e l’emarginazione e non si ferma alla richiesta di comprensione e di legittimazione.
Si manifesta, infatti, la volontà di negare verità e bellezza alla legge di Dio e di promuovere, nel vissuto quotidiano, la convinzione che tutti devono poter fare ciò che vogliono, ciò che detta loro l’istinto ribelle, incontenibile e corrotto. Si annuncia il proposito di non riconoscere alcuna restrizione alle voglie umane, di abbattere ogni limite che non sia quello stabilito di volta in volta, a seconda delle convenienze, dall’uomo stesso, solo e senza Dio.
Nella rivolta, nella trasgressione dissacrante e disobbediente, nel rifiuto superbo di una legge che viene da Dio e disciplina il comportamento umano, persino nella sguaiataggine scomposta e beffarda, a me pare di riconoscere l’elemento luciferino, orgoglioso e ribelle, nemmeno tanto nascosto, delle sfilate gay.
Sfilate nelle quali – sia detto di passaggio – non manca mai la partecipazione consapevole, solidale e convinta di noti esponenti di partiti, sindacati, associazioni e movimenti, nel cui Dna culturale è inscritto un programma che, oggettivamente, è di segno opposto a quanto la Chiesa insegna essere il vero bene per l’uomo.
Un elemento di ribellione ha caratterizzato anche le campagne del recente passato a favore del divorzio e dell’aborto e lo si vede ora in quelle a favore delle famiglie di fatto, della fecondazione artificiale, della sperimentazione sugli embrioni, dell’educazione sessuale nelle scuole, etc. Ribellione contro il diritto e quel che resta della civiltà cristiana, contro i valori consolidati nel tempo. Campagne all’insegna, in una parola, della rivoluzione: nelle tendenze, nei costumi, nelle anime.
Votati a rinunciare a satana – ce lo impone, per grazia, il Battesimo – noi cattolici siamo tenuti a fronteggiare questo spirito di rivolta, opponendoci a coloro che se ne fanno liberamente schiavi o promotori astuti con l’arma che il demonio teme ed odia più d’ogni altra: l’amore.
Poiché ci sta a cuore il prossimo, anche quello che sfila incosciente e gaudente nelle manifestazioni dell’orgoglio gay, noi sentiamo il dovere di avvertirlo che la rivolta contro Dio e la sua legge non va a finire bene.
Ci ha provato per primo, è il caso di dire: con orgoglio luciferino, satana, e la Sacra Scrittura ci ha svelato che fine ha fatto. Ci piacerebbe che i rivoltosi del nostro tempo ne tenessero conto.
È il solo modo vero di amare, quello insegnato da Gesù Cristo, che ci spinge a tentare di convincerli che il bene dell’uomo, di ogni uomo, passa per un’altra strada, già delineata nei Comandamenti.
Ci auguriamo che lo possano scoprire. E riconoscere quel Dio che, amandoli, chiede di essere corrisposto con filiale e docile obbedienza, soffocando orgoglio e spirito di rivolta. Altrimenti – per amore, dobbiamo dire anche questo – verrà il tempo del pentimento amaro.
TIMONE N. 20 – ANNO IV – Luglio/Agosto 2002 – pag. 3