L’origine dell’indulgenza è antichissima. Dio, dopo aver istituito la settimana come memoria dei sette giorni della Creazione (Es 20,8-10), istituisce la settimana di anni, il cui settimo era sabbatico (Lv 25,1-7), le sette settimane di anni (49 anni) e stabilisce: “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete nel paese la libertà per ogni suo abitante. Sarà per voi un giubileo” (Lv 25,10). Nell’anno sabbatico e in quello giubilare, Dio comandava agli Israeliti di avere indulgenza verso i poveri (cancellando i debiti o restituendo le terre) e verso gli schiavi (liberandoli, per far memoria della misericordia di Dio che li aveva liberati dalla schiavitù d’Egitto). Gesù eleva la liberazione dalla schiavitù a liberazione dalla schiavitù del peccato, e dunque a perdono della colpa. Quanto alla cancellazione dei debiti, questa si eleva a remissione della pena provocata dal peccato, dunque a indulgenza.
La prima indulgenza cristiana viene applicata da Cristo stesso: “In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso” (Lc 23,43). Appare evidente non solo un’immediata remissione della colpa, ma anche della pena: al buon ladrone viene di fatto applicata una indulgenza plenaria, e questo non intacca la giustizia divina, perché si era acquistato l’indulgenza con le sofferenze della crocifissione: “Stiamo ricevendo la giusta pena perle nostre azioni” (Lc 23,41). Aveva cioè maturato i requisiti, perché la misericordia di Dio viene sempre applicata con giustizia. Dobbiamo, pertanto, meritarci i suoi Meriti. I nostri non sono sufficienti a salvarci, ma sono necessari. È il solito binomio libertà e Grazia. Anche le indulgenze elargite dalla Chiesa non vanno intese come colpi di spugna, ottenibili con formule o, come pensava qualche nobile del Cinquecento, con denaro. Ma richiedono sempre, da una parte, il cambiamento, la conversione del cuore, la confessione dei propri peccati (cioè occorre sempre prima la cancellazione dello stato di colpa), e dall’altra una penitenza (o stato di pena).
Per duemila anni i cristiani hanno individuato nel pellegrinaggio (quasi sempre esercitato a piedi, anche per lunghissimi tragitti) e nel digiuno due ottimi strumenti di penitenza. In genere era la Chiesa a indicare i requisiti per le indulgenze, parziali o totali, e questo esercitando il mandato di Cristo a Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19). Anche oggi, per il Giubileo del 2000, la Chiesa indica le condizioni per l’acquisto dell’indulgenza: Confessione, Eucaristia, preghiera secondo le intenzioni del Papa, pellegrinaggio a Roma o alle chiese giubilari (presenti in ogni diocesi), atti di penitenza (digiuno dal cibo, dal fumo,…), esercizio delle opere di carità (visita agli ammalati, agli anziani,…). Ma la remissione dei debiti e la liberazione dalla schiavitù non saranno solo a vantaggio della propria anima o, per la Comunione dei Santi, a vantaggio delle anime del Purgatorio. La Chiesa vuole giungere, infatti, ad una cancellazione dei debiti delle nazioni più povere utilizzando le offerte raccolte nazione per nazione, durante l’anno giubilare: questo tipo di indulgenza educherà l’uomo alla solidarietà e contribuirà alla pace nel mondo.
IL TIMONE – N.5 – ANNO II – Gennaio/Febbraio 2000 – pag. 26