Ahimé, doveva succedere. Era chiaro che, a furia di sentire invocare la pace, pregare per la pace, scambi di segni di pace, giornate della pace, bandiere della pace, qualcuno avrebbe finito con lo sposare acriticamente il concetto e darsi da fare per coinvolgere, tanto per cambiare, i poveri bambini, ai quali tocca sempre fare le spese dell’ultima ideologia di moda tra gli adulti. I cattolici, naturalmente, sono più esposti degli altri a certo tipo di sirene, visto che nel vangelo Cristo dice «vi do la mia pace», saluta i discepoli con un «pace a voi»; e la colomba della pace è uno dei simboli più tipicamente cristiani. Solo che, a osservare che la colomba evangelica non è quella Alemagna ma rappresenta lo Spirito, che Cristo ha subito aggiunto che Lui la pace la dà «non come la dà il mondo» e che «pace a voi» è solo la traduzione del normale saluto ebraico «shalom», si corre il rischio di passare per guerrafondai e venire cacciati a pedate.
Ora, pare che l’ultima trovata per «costruire la pace» sia partita dalla Puglia, dove persone bravissime e ancor meglio intenzionate intendono convincere i bambini a consegnare al parroco tutti i loro fucilini, pistole ad acqua, modellini di autoblindo e pupazzetti dei Power Rangers. Come gesto simbolico va benissimo, per carità, tanto che pure il Papa, in un suo Angelus, ha lodato l’iniziativa. Ma personalmente non vorrei che la cosa dilagasse e, nelle chiese, ci toccasse di assistere alla messa in scena anche di quest’altro «rito».
Sì, perché mi metto, innanzitutto, nei panni dei fabbricanti di giocattoli, tra i quali i cattolici non sono pochi. Nei panni di poliziotti e soldati mi sono già messo quando ho scritto il libro I Santi militari (ed. Estrella de Oriente). Anche tra gli uomini d’arme i credenti non sono pochi. Sono cresciuto in una famiglia di poliziotti e militari, so dunque quanto pesante (per dire il meno) sia il loro lavoro. Dell’utilità del quale nessuno può sensatamente dubitare. Nel Vangelo, il Battista non dice ai soldati di cambiar mestiere ma solo di non essere ingiusti; il miglior elogio di Cristo è rivolto al centurione di Cafarnao, le cui parole ancora ripetiamo nella messa («…Signore, non sono degno…»); sotto la croce, il solo a capire cosa stia realmente accadendo è il centurione; ancora un centurione, il Cornelio degli Atti, è il primo pagano a chiedere il battesimo. Mettiamoci nel conto anche le migliaia di santi canonizzati che esercitavano la milizia.
Ma torniamo ai giocattoli. Già negli anni Sessanta l’insospettabile Umberto Eco aveva scritto (nel suo Diario minimo, se non ricordo male) che certi giochi sono utilissimi per favorire l’identificazione sessuale nei piccoli; credo che gli psicologi dell’infanzia potranno confermare questo dato di puro buonsenso ed esperienza. Ebbene, nei confusi tempi che corrono, che i maschietti giochino a fare i maschietti mi pare un’ottima cosa. Non credo infatti che siano le Colt modello Tex a educare i bambini alla violenza. È da che mondo è mondo che i bambini giocano così: le femminucce con le bambole e i maschietti con arco e frecce. Quel che non c’era prima era, semmai, la televisione. Io indagherei in questa direzione, anziché privare i figlioli di una bella spada di plastica, completa di elmo e scudo da cavaliere.
Ho una certa età e questa storia della «pace senza se e senza ma» mi ricorda tanto il «meglio rossi che morti» degli anni Ottanta. L’Unione Sovietica, quando era in difficoltà, lanciava un’«offensiva di pace». E subito l’Occidente si riempiva di marciatori contro i missili americani e le basi statunitensi. Oggi, il pacifismo (ancora un –ismo) è diventato talmente politically correct che quando viene proiettata una forza d’intervento all’estero la si denomina ufficialmente «missione di pace». Il politically correct, poi, costringe i militari che di tali missioni fanno parte a una circospezione che, in casi estremi, può portare alla paralisi. In zona di conflitto, infatti, non è raro che si presentino situazioni richiedenti tempestività di decisione e reazione, potendo la minima esitazione rivelarsi fatale. Il risultato è che quasi tutti i contingenti partiti per pacificare sono tornati a casa lasciando situazioni a mezzo o addirittura immutate. Il pacifismo-ideologia (il cristiano è pacifico, non pacifista) porta al seguente paradosso: le migliaia di giovani morti ogni anno sulle strade all’uscita dalla discoteca non provocano alcuna manifestazione di protesta di madri; invece, basta un solo militare tornato nella bara a far stracciare le vesti a mezzo Paese (e a mezzo Parlamento).
Ma permettetemi di riprendere un attimo a parlare della natura umana, che Dio ha creato in un certo modo e, come dice la Bibbia, «vide che era cosa buona». Nella cultura dell’antica Grecia, cui, com’è noto, il cristianesimo è debitore, c’era il racconto del raduno degli eroi per la guerra di Troia. Uno dei più ambiti era il giovinetto Achille, che però nessuno riusciva a rintracciare. Fu incaricato Ulisse, il quale appurò che Achille stava al-la corte di un re che lo allevava insieme alle sue figlie. Il fatto era che ad Achille era stato profetizzato che sarebbe morto in guerra. Così, suo padre Peleo lo aveva affidato a un re suo amico, con preghiera di tenerlo nascosto. Quello aveva cresciuto Achille come se fosse una femmina, vestendolo da tale. Ora, il furbo Ulisse non sapeva quale delle fanciulle fosse Achille travestito. Allora si finse mercante e portò alle ragazze un baule pieno di stoffe e abiti femminili. In fondo al baule, però, mise una spada. Poi, non fece altro che stare a vedere quale delle figlie del re sarebbe stata attratta da questa. Credo che un esperimento del genere darebbe gli stessi risultati anche oggi. Perciò, regaliamo pure ai nostri bambini i soldatini e non scoraggiamoli se sentiamo dir loro che da grandi vogliono fare i carabinieri e combattere per la verità e la giustizia in difesa dell’innocente, del debole, dell’oppresso e dell’onesto. E pure della pace, certo, perché da quando c’è stato il Peccato Originale la pace la si salvaguarda armi alla mano. Si tratta di puro e semplice realismo, l’unico –ismo concesso al cristiano. E che proprio noi cristiani siamo rimasti gli unici a difendere.
IL TIMONE – N.63 – ANNO IX – Maggio 2007 pag. 20-21