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11.12.2024

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Padre Loring, il cacciatore d’anime
28 Febbraio 2014

Padre Loring, il cacciatore d’anime

Catechista, apologeta, predicatore formidabile, con il suo bestseller «Per salvarti» e le sue migliaia di conferenze ha formato generazioni di cattolici in Spagna e in America Latina, convertendo un numero imprecisato di persone. Il ricordo di un grande gesuita, fedele al carisma di sant’Ignazio, morto lo scorso natale

 
 
Lo scorso 25 dicembre è tornato alla casa del Padre un gesuita a cui la Compagnia di Gesù e la Chiesa spagnola, ma non solo, dovrebbero erigere un monumento: il padre Jorge Loring. A molti il nome dirà poco. Non aveva infatti particolari titoli da esibire: non era un teologo secondo i canoni accademici e non aveva fatto “carriera” né nella Chiesa né nella sua congregazione. La cultura laica, mentre blandiva molti suoi confratelli à la page, non se ne curava se non di straforo per un record che difficilmente passava inosservato: il suo libro Para salvarte (Per salvarti), un compendio apologetico della dottrina cattolica, ha venduto un milione e trecentomila copie nella sola Spagna, arrivando alla 58ª edizione, con traduzioni in diverse lingue, russo e cinese le ultime. Ci sono altri autori in terra iberica che hanno superato il milione di copie vendute, ma nessuno tra quelli in vita con un solo titolo. Copie, quelle di Para salvarte, a cui solo Dio sa quante anime salvate corrispondono, ma si può presumere moltissime dalle attestazioni di conversioni e altri frutti spirituali arrivate nei decenni (per dirne una, la traduzione del libro in ebraico fu realizzata da un ebreo di Palma di Maiorca che si era convertito leggendolo).
Chi era dunque padre Loring? Un grandecatechista e un grande evangelizzatore.
Schietto fino a sembrare ruvido, allegrocome lo sono i puri di cuore e pieno di energia, quella con cui sfidava i ragazzi a traversate a nuoto di 5 chilometri sulle spiagge di Santander, che gli permetteva a quasi 90 anni di viaggiare regolarmente al di là dell’Atlantico per tenere conferenze o di stare quasi dieci ore al computer per rispondere ai lettori. Nel 1996, quando era esplosa una bomba ad Atlanta in occasione delle Olimpiadi e i giornali avevano lanciato l’allarme sulla possibilità di costruire ordigni informandosi sul web, reagì così: «Se internet serve per fare terroristi, perché non può servire per fare cattolici?». Ultrasettantenne si buttò a capofitto sulla Rete, battendo sul tempo una generazione di sacerdoti e religiosi blogger più giovani di mezzo secolo.

«Imprenditore» di Dio

Jorge Loring era nato a Barcellona il 30 settembre 1921 in una famiglia con una prestigiosa storia imprenditoriale. Il trisnonno era un commerciante di Boston stabilitosi a Malaga, il bisnonno dopo aver studiato ad Harvard era stato uno dei fondatori del Banco di Malaga e delle ferrovie dell’Andalusia. Il padre, ingegnere, era stato invece un pioniere dell’industria aeronautica del Paese. Monarchico e conservatore, fu ucciso dai Repubblicani a Madrid, nel settembre del 1936, a 46 anni. Lasciò una fede granitica in famiglia e otto figli: di questi, sette divennero religiosi. Il maggiore, Jorge, andò a studiare in un collegio dei gesuiti e si laureò in ingegneria. Era destinato a condurre l’azienda paterna, L’Aeronautica Industrial, ma decise di consacrarsi a Dio. Anni dopo raccontò il ragionamento che fece allora: «La felicità sta nel servire il prossimo. Se prendo in mano l’impresa di mio padre potrò dare lavoro a centinaia di famiglie. Ma se mi faccio gesuita aiuterò moltissime anime a salvarsi, il che è molto meglio». La risposta della madre, che confidava nel primogenito per le sorti della famiglia, fu dello stesso tono: «Se Dio ti chiama vai, Dio non mi abbandonerà». L’Aeronautica Industrial fu rilanciata poco dopo dall’arrivo di un amministratore delegato che si rivelò provvidenziale.

Dagli operai alle missioni al popolo

Per il carattere estroverso e la battuta pronta il padre Loring fu indirizzato già da studente alla predicazione. Di stanza a Cadice, appena ordinato sacerdote nel 1953 fu mandato a fare apostolato in uno degli ambienti più ostici: quello delle fabbriche. Per 25 anni fu il cappellano dei cinque maggiori complessi industriali della città. Si trovò subito di fronte a una scelta: farsi prete operaio, la strada che diversi sacerdoti iniziavano a seguire, o semplice padre spirituale? Optò per la seconda soluzione e un giorno un operaio gli fece capire perché aveva fatto bene: «Padre, per fare i bulloni ci siamo già noi, lei ci dia quello che noi non abbiamo». Ovvero la Parola di Dio, la dottrina, i sacramenti. Il gesuita iniziò a muoversi con semplicità: «Salutavo tutto il mondo. Molti non rispondevano, però una persona normale non può negarsi a chi la saluta ripetutamente». Si fece ben volere con la sua disponibilità ad ascoltare e accompagnare credenti e mangiapreti, anche in extremis: «Di tutti gli operai che ho assistito nell’ora della morte ne ricordo solo uno che non ha voluto confessarsi. Non tutti erano subito disposti a farlo, però chiedevo preghiere alle monache e dopo varie visite si confessavano volontariamente e morivano sereni». Teneva incontri formativi in tutta la Spagna e fece otto volte il giro del Paese su una lambretta. Un giorno organizzò in una enorme mensa aziendale una conferenza sulla Sindone. Spente le luci e acceso il proiettore si mise a parlare con le spalle rivolte al pubblico. «Ad un tratto mi fermai – raccontò – mi sembrava di essere da solo, dietro di me erano sedute 4mila persone e non si sentiva un colpo di tosse. La gente era presa dall’emozione ». Capì la potenza del sacro lino e si dedicò allo studio del suo mistero, partecipando a tutti i convegni internazionali e tenendo in 40 anni quasi duemila conferenze sul tema. L’altro fronte su cui fu attivo furono le missioni al popolo, un centinaio quelle a cui partecipò. In una delle più grandi mai realizzate in Spagna, a Barcellona, gli fu affidato il discorso di chiusura, che rimase celebre, sul sagrato della Cattedrale, davanti a 100 mila persone riunite in piazza e nelle vie circostanti, alla presenza di tutte le autorità civili, militari ed ecclesiastiche. Mentre tutti si aspettavano un’allocuzione pomposa, si avvicinò al microfono e disse a gola spiegata: «Barcellonesi! La missione è finita. Noi missionari ce ne andiamo. Però la Verità che vi abbiamo predicato è eterna. Non dimenticatelo. Adios!».

La bellezza di essere cattolici

Fu tra gli anni ’50 e ’60 che iniziò il successo di Para salvarte, manuale che aveva concepito appena dopo la guerra, raccogliendo gli appunti delle sue tenzoni apologetiche in ogni dove. Pian piano divenne un bestseller e si diffuse a macchia d’olio anche negli Stati Uniti e in America Latina. Nel 1999 è nato in Colombia pure un movimento di apostolato ispirato allo stile di padre Loring e che usa Para salvarte come testo di formazione, si chiama Lazos de Amor Mariano.
Nel mezzo della vita di questo vulcanico religioso ci fu il Concilio, con tutto l’entusiasmo e le turbolenze che comportò, anche e soprattutto fra i gesuiti: in Spagna un nutrito gruppo in rotta con il generalato di Arrupe arrivò a chiedere a Paolo VI la possibilità di formare una provincia autonoma, alla dirette dipendenze da Roma. Il padre Loring attraversò quegli sconquassi con naturalezza. Non si lamentò mai, non contestò nulla, accettò tutto sorridendo. Gli interessava solo portare le anime a Dio. Parlava in continuazione del valore della Messa, che «glorifica Dio più della gloria che gli danno tutti i santi del Cielo, compresa la Beata Vergine Maria per tutta l’eternità: perché la gloria dei santi e della Vergine è gloria di creature, mentre nella Messa è Cristo Dio che si sacrifica». Spronava a prepararsi quotidianamente alla morte e a chi non sapeva a memoria l’Atto di dolore spiegava la preghiera più breve possibile per un atto completo di contrizione, da tenere pronta di fronte alla morte improvvisa – la insegnò ai paracadutisti dell’esercito – o da recitare prima di addormentarsi: Dio mio perdonami. E gli interessava «ragionare sulla fede, risolvere dubbi e trasmettere l’ottimismo di essere cattolici». Negli anni ’90 partecipò a un ritiro diretto dal gesuita indiano Anthony De Mello, in cui costui insegnava a concentrarsi sul respiro e su altri aspetti fisiologici come via per l’orazione. «Ascolta Tony – lo interruppe Loring fra lo stupore generale – io per parlare con Dio non ho bisogno di passare un’ora a controllare la quantità d’aria che mi passa per le narici e a sentire le palpitazioni del cuore toccandomi l’alluce. Io entro in cappella, mi inginocchio e nel giro di un minuto sto parlando con Dio. Il Dio cristiano è un padre vicino. Quello che tu dici puzza di buddismo ». Nel 1998 la Congregazione per la dottrina della fede censurò formalmente De Mello.
Della sua attività vulcanica padre Loring ci ha lasciato in eredità i suoi libri, tra cui il sapido Aneddoti di una vita apostolica pubblicato in Spagna nel 2012, e moltissimi video. Chi mastica un po’ di spagnolo li può trovare su YouTube, tra cui le imperdibili apparizioni sul network televisivo Ewtn: sana dottrina e anche divertimento assicurati.

IL TIMONE – Marzo  2014 (pag. 28-29)    

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