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15.12.2024

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Papa Francesco
3 Febbraio 2014

Papa Francesco

Argentino con radici italiane, gesuita, è stato arcivescovo di Buenos Aires. Povero in mezzo ai poveri, non ha mai accettato né la teologia della liberazione né la dittatura. Combattendo aborto, eutanasia e “matrimonio” gay

«Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è soltanto una proposta di legge (questa è solo lo strumento), ma è una “mossa” del padre della menzogna che cerca di confondere e ingannare i figli di Dio. E Gesù dice che per difenderci da questo accusatore bugiardo ci manderà lo Spirito di Verità». Così scriveva il cardinal Bergoglio il 22 giugno 2010 ai quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires, invitando a una preghiera di riparazione, alla vigilia del voto per legalizzare anche in Argentina il “matrimonio” gay e le adozioni omosessuali (l’infausta legge sarà poi approvata il 15 luglio 2010). Del «padre della menzogna» Papa Francesco parla appena eletto, il 14 marzo 2013, nell’omelia durante la Messa celebrata coi cardinali, e lo fa proponendo anche la sua prima, sorprendente citazione. Riprende, infatti, un autore “antimoderno”, oscuro e controverso che – più che criticare la modernità – ha inveito contro di essa, lo scrittore francese Léon Bloy. Dice Bergoglio: «Quando non si confessa Gesù Cristo – mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo” – , quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio».
Il principe delle tenebre subito in primo piano dunque, come Nemico da combattere ma, prima ancora, da individuare nella propria esistenza come un tentatore sempre in agguato.

La croce e la misericordia
Primo Papa gesuita, primo Papa delle Americhe, primo Papa a chiamarsi Francesco, come il santo di Assisi. Semplice, umile, schietto, ma pure amabile e disponibile verso tutti. Gli aggettivi “francescani” si sprecano, ma non è un ingenuo. L’apparenza garbata non esclude un carattere fermo, la saldezza della fede, l’incondizionato amore a Cristo. «La Chiesa cammini con la croce del Signore», ha affermato nella prima omelia. E al suo primo Angelus, domenica 17 marzo: «Dio mai si stanca di perdonarci: il problema è che noi ci stanchiamo di chiedere perdono». La misericordia come programma di un pontificato che si è aperto con le parole «Pregate il Signore perché mi benedica» e che ci stupirà. I mass media hanno subito cercato di indovinare quale sarà con lui il futuro della Chiesa, ma solo quando avrà completato la nomina dei collaboratori e dopo i primi discorsi programmatici e i primi documenti magisteriali si potranno capire meglio le linee del suo pontificato. A partire da aspetti dottrinali delicati come la liturgia, l’ecumenismo, il rapporto con i non credenti.

Con i poveri e gli ultimi

Preso «quasi alla fine del mondo», ha inizialmente conquistato tutti. Poliglotta (conosce sei lingue: spagnolo, italiano, portoghese, francese, inglese e tedesco), l’argentino Jorge Mario Bergoglio, 265mo successore di san Pietro, eletto alla quinta votazione dopo 13 giorni di sede vacante per la rinuncia di Benedetto XVI, è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 in una famiglia di origini piemontesi (il bisnonno Giovanni Angelo era di Portacomaro, oggi frazione di Asti). Il padre Mario Josè era un funzionario delle ferrovie, la madre Regina Sivori, con sangue piemontese e genovese, si occupava della casa e dell’educazione dei cinque figli.
Da ragazzo, al futuro Pontefice venne asportata la parte superiore del polmone destro, per le complicazioni di una infezione respiratoria. L’operazione non gli impedì di studiare e abbracciare la vocazione religiosa. Si diploma perito chimico, poi nel 1958 entra nella Compagnia di Gesù e nel 1963, dopo una parentesi in Cile, si laurea in filosofia. Negli anni Sessanta insegna in Argentina e nel 1969, a 33 anni, è ordinato sacerdote. L’anno dopo ottiene la laurea in teologia.
Negli anni Ottanta è rettore alla facoltà di Teologia e Filosofia a San Miguel. Nel maggio 1992 è nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires, nel giugno 1997 arcivescovo coadiutore della capitale argentina e poi arcivescovo titolare, alla morte del cardinale Antonio Quarracino. Per sei anni primate d’Argentina, Giovanni Paolo II lo crea cardinale il 21 febbraio 2001. Considerato nel Conclave del 2005 lo sfidante «non conservatore » di Ratzinger (in realtà chiederà di spostare i voti da lui ottenuti proprio sul cardinale tedesco), ha sempre criticato la società opulenta, schierandosi con i poveri e gli ultimi. Ha vissuto in un piccolo appartamento di Buenos Aires cucinando da solo e usando i mezzi pubblici per spostarsi. Niente auto blu e autista. Quando nel 2001 è eletto cardinale e i cattolici argentini organizzano una colletta per venire a Roma ad assistere alla cerimonia, li ferma e chiede di devolvere ai poveri il denaro raccolto. Invito che ha ripetuto in occasione della Messa d’inaugurazione del pontificato. Durante la gravissima crisi economica esplosa in Argentina nel 2002, attraverso la Caritas diocesana ha organizzato mense popolari e distribuito aiuti, sempre presente con i suoi sacerdoti in mezzo alla gente che soffre.

Aborto ed eutanasia una “pena di morte”
La sua predisposizione alla generosità, alla condivisione, alla predicazione del Vangelo senza fronzoli, si è sempre accompagnata, sui temi etici, alla più rigorosa fedeltà alle posizioni tradizionali della Chiesa. Sebbene i pensatori illuminati, in prima fila Hans Küng e il sedicente teologo Vito Mancuso, abbiano fatto di tutto per arruolarlo subito tra i “progressisti”, la cronaca documenta che Bergoglio si è speso per denunciare l’«eutanasia coperta» praticata negli ospedali argentini, dove pure non è legale, dichiarando che «in Argentina (che ufficialmente la ripudia) c’è in realtà la pena di morte» contro i bambini non nati con l’aborto e contro gli anziani malati vittima di una «cultura dello scarto» negli ospedali.
Per le sue posizioni in materia di vita e famiglia è stato duramente attaccato dalla presidentessa argentina di idee radicali Cristina Kirchner, la quale ha evocato a proposito del cardinale Bergoglio «i tempi medievali e quelli dell’Inquisizione». Contrario, come Giovanni Paolo II, alla teologia della liberazione (ritenuta una corrente prossima al materialismo marxista), è stato accusato di non aver preso una posizione ferma contro il regime dei generali che dominò il Paese tra il 1976 e il 1983. Circostanza chiarita dal premio Nobel argentino per la pace del 1980, Adolfo Pérez Esquivel, che ha smentito con forza la possibilità di collusione del nuovo Papa con la dittatura che insanguinò il Paese sudamericano, mettendo così a tacere le polemiche che si erano sollevate dopo l’elezione. Un Papa Francesco non può che schierarsi a favore della pace e della fratellanza. Precisa la sorella Maria Elena Bergoglio: «Mio padre scappò dall’Italia per il fascismo: vi pare possibile che mio fratello fosse complice di una dittatura militare? Sarebbe stato come tradire la sua memoria. Durante gli anni di Videla protesse e aiutò molti perseguitati dalla dittatura. Erano tempi cupi e serviva prudenza, ma il suo impegno per le vittime è provato».

San Francesco “offuscato”
Sul nome scelto dal Pontefice italo-argentino, e cioè Francesco, si è subito scatenato il festival dei luoghi comuni e della riduzione a una dimensione limitata e mondana. Che non corrisponde affatto alla realtà di un santo che resta comunque sempre legato alla concretezza storica della Chiesa, che intende sì riformare ma innanzitutto ama.
La figura di Francesco d’Assisi si sbiadisce ogni volta che lo si presenta come pacifista, ecologista radicale, no-global ante litteram; nonché pauperista, ignorando che fu invece strenuo avversario dei catari e del pauperismo. Per analogia, il tentativo è quello di offuscare il significato più autentico del ministero apostolico di Papa Bergoglio, appena cominciato. Così come la banalizzazione di san Francesco si è sempre servita dell’apprezzamento delle sue virtù terrene, per oscurare la sua vera natura di gigante della fede, così in parallelo insistere troppo sulle caratteristiche e le qualità umane del nuovo Papa rischia di far perdere di vista lo spessore del suo magistero.

IL TIMONE N. 122 – ANNO XV – Aprile 2013 – pag. 12 – 13

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