L’uomo, si sa, è un essere intelligente. Lo prova il fatto che, a differenza degli animali, egli ragiona sul suo operare e indaga le cause di ciò che accade e lo interessa.
Pare dunque legittimo domandarsi perché il Credo che professiamo ci chiama ad evangelizzare il mondo, a conquistare uomini alla causa del Vangelo, a costruire la civiltà cristiana, che riconosce e rispetta i diritti di Dio sui singoli e sui popoli.
Ci capita di riflettere, in altre parole, sul perché la fede cattolica non si accontenta di una dimensione intimistica e personale, ma esige di essere comunicata, proposta e dunque accolta. Cerchiamo le ragioni di un impegno, di una missione: quella di cristianizzare il mondo intero, a partire dalla realtà che ci circonda, dove vive il nostro prossimo.
La risposta merita, da sola, un trattato. Azzardiamo una sintesi, gerarchicamente ordinata in tre momenti.
In primo luogo, perché questa è la volontà di Dio. Egli desidera servirsi di noi perché il suo nome e il suo amore vengano conosciuti, apprezzati e accolti da ogni uomo. Egli vuole – ed ogni suo volere è comando – che chi ha ricevuto la grazia del Battesimo sia necessariamente un apostolo.
In secondo luogo, per la salvezza eterna delle anime. Il mondo si dimentica – e questa amnesia colpisce, talvolta, anche noi cattolici – che la vita su questa terra è transitoria, fuggevole, contingente e che ci attende un’ altra vita, quella eterna. Eternità di gaudio nel Paradiso o di disperazione nell’Inferno. Ora, stando al Vangelo, per conquistare il Paradiso è necessario amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi e questo è possibile con il dono della fede. Ci pare, questo, motivo più che valido per evangelizzare.
In terzo luogo, per il vero bene dell’uomo, fin da ora. Siamo sinceri: molti cattolici stentano a credere che, senza la fede in Dio e l’osservanza dei Comandamenti, già su questa terra è impossibile costruire alcunché di positivo e duraturo. Sembra loro, questo, un linguaggio troppo duro, una affermazione molto esigente, quasi improponibile.
Eppure, il Papa non si stanca di ammonire che “Non c’è futuro di pace per una società che non rispetta Dio” e che “il rispetto dei diritti umani è strettamente legato a quello dei diritti di Dio” (L’Osservatore Romano, 6.3.1999).
Non è difficile capire bene. Se si fa a meno di Dio nessuna pace è vera, i diritti umani traballano, nessun benessere è reale. Torna in mente il monito evangelico “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).
Prestiamo attenzione: Cristo ha detto proprio “nulla”. Il suo linguaggio è ancor più duro, l’affermazione ancor più esigente. Ma fa capire perché è urgente cristianizzare il mondo.
IL TIMONE – N.3 – ANNO I – Settembre/Ottobre 1999 – pag. 2