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14.12.2024

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Perenne San Tommaso
31 Gennaio 2014

Perenne San Tommaso

Grazia e natura, fede e filosofia, conoscibilità della verità e dell’esistenza di Dio. Sono alcuni elementi dello straordinario pensiero dell’Aquinate. Che la Chiesa ha più volte raccomandato di leggere e rileggere

Nel 1974, ricorrendo il settecentesimo anniversario della morte di San Tommaso d’Aquino, avvenuta il 7 marzo del 1274 nel cenobio di Fossanova, oggi in provincia di Latina, il Santo Padre Paolo VI inviò a Vincenzo De Couesnongle, Maestro generale dell’Ordine dei Frati predicatori (i Domenicani), una lettera sull’attualità di San Tommaso.
In essa, Papa Montini ricostruiva il contesto socioculturale in cui visse l’Aquinate, ribadiva i valori permanenti della sua dottrina e del suo metodo e, infine, indicava i motivi per i quali egli poteva costituire un esempio ancora valido per il tempo presente. Seguendo il testo redatto dal Pontefice bresciano, sarà possibile riproporre in modo semplice la figura e l’opera del Dottore angelico e segnalare le sue straordinarie acquisizioni filosofiche, grazie alle quali egli è tutt’oggi considerato il maggiore filosofo cristiano di tutti i tempi.

Grazia e natura, ragione e fede

Nel delineare la situazione culturale dell’epoca di Tommaso, Paolo VI sostiene che due erano i rischi a cui andava incontro la ricerca filosofica, quello di cadere nel «naturalismo che svuota il mondo di ogni riferimento a Dio» e quello di dare spazio a «un falso soprannaturalismo o di un fideismo che pretende di bloccare le legittime istanze della ragione e l’impeto di sviluppo dell’ordine della natura». Dinanzi a questo duplice pericolo, il Santo Dottore rivelò tutta la sua genialità e seppe operare una feconda «conciliazione tra la secolarità del mondo e la radicalità del Vangelo, sfuggendo così alla innaturale tendenza negatrice del mondo e dei suoi valori, senza peraltro venir meno alle supreme e inflessibili esigenze dell’ordine soprannaturale». Tommaso era convinto che la grazia non distruggesse ma perfezionasse la natura: secondo lui, infatti, l’aiuto e il sostegno che ci provengono da Dio non cancellano la nostra identità umana, ma la migliorano e la elevano. Da tale fondamentale convinzione egli derivava pure la certezza che la ragione non fosse in conflitto con la fede, ma recasse a essa un contributo positivo, senza pretendere di sopravanzarla, nella consapevolezza che la luce della verità rivelata potenziasse le capacità razionali dell’uomo. Secondo san Tommaso – scrive Paolo VI –, «la stessa perfezione completa dell’uomo naturale si attua nell’ordine soprannaturale, che ha il suo definitivo compimento nella beatitudine celeste, ma che già in questa vita dà luogo a una armonica composizione di valori, difficile da attuare, come la stessa vita cristiana, ma affascinante».

Tradizione e novità

Per questo, San Tommaso, pur dedicandosi appieno alla ricerca della verità e non disdegnando di prendere in considerazione le novità che andavano profilandosi sulla scena culturale del suo tempo, non sentì mai «il bisogno di uscir fuori dalla via della fede, della tradizione, del magistero che gli porta la ricchezza del passato e, insieme, il sigillo della verità divina». Tommaso guardò con attenzione ai grandi maestri della filosofia, primo fra tutti Aristotele, ma si accostò al loro insegnamento con grande libertà e indipendenza di spirito, «senza rendersi servo di nessuna affermazione di terrena autorità».

Realismo
Lontano da ogni asservimento umano, egli seppe farsi piccolo di fronte al Signore e alla sua Croce, dinanzi alla quale volentieri si inginocchiava e dalla quale implorava «la luce dell’intelligenza e la purezza del cuore ». In questo contesto, il Dottore angelico elaborò alcuni contenuti essenziali della sua filosofia, tra i quali spicca il realismo gnoseologico e ontologico, che, come ricorda Papa Montini, «legato com’è alla percezione sensoriale e quindi alla oggettività delle cose, dà il senso positivo e solido dell’essere». Tale realismo rende sicuro l’uomo dell’esistenza del mondo esterno e gli dà la certezza che la sua conoscenza non è ingannevole.
Si è soliti definire quella tomista «filosofia dell’essere»: si tratta di quel realismo di cui Papa Pio XI ebbe a dire: «Non verrà mai meno il valore della dottrina tomistica, perché bisognerebbe venisse meno il valore delle cose».

L’essere e Dio

Tommaso riconobbe all’intelletto umano una positiva capacità conoscitiva e una sana apertura all’essere. Inoltre, egli scoprì «in ogni essere la partecipazione all’Essere assoluto che crea, sostiene e dinamizza ex alto tutta la realtà creata, tutta la vita, ogni pensiero, ogni atto di fede». La profonda e ricca riflessione sull’essere permise all’Aquinate di affermare importanti verità riguardanti la struttura di ogni ente, il rapporto fra gli esseri creati e il Creatore, la positiva consistenza delle creature, la finalità presente nell’universo, la trascendenza di Dio, in virtù della quale viene radicalmente respinto il panteismo, ovvero quella dottrina che identifica Dio con il mondo.

Un maestro anche nel metodo e nello stile

Anche dal punto di vista metodologico, San Tommaso è stato un maestro eccelso, in grado di aprire un «dialogo dell’intelligenza » con tutti i pensatori del passato e del suo tempo, pronto a polemizzare quando era in gioco una verità non negoziabile e ugualmente pronto a giudicare l’errante con serena magnanimità. Scrive Paolo VI: «Vogliamo infine segnalare un ultimo pregio, che conferisce non poco alla validità perenne della dottrina di San Tommaso: ed è la qualità del linguaggio limpido, sobrio, essenziale, che egli riuscì a forgiarsi nell’esercizio dell’insegnamento, nella discussione e nella composizione delle sue opere».
Santo dal 1323 e Dottore della Chiesa dal 1567, l’Aquinate da sempre è stato tenuto in particolare considerazione: «La Chiesa – si legge ancora nella Lettera – ha inteso riconoscere nella dottrina di San Tommaso l’espressione particolarmente elevata, completa e fedele sia del suo magistero, sia del “sensus fidei” dell’intero popolo di Dio […]. La Chiesa insomma con la sua autorità convalida la dottrina di San Tommaso e se ne serve come di uno strumento elettissimo».

Un grave errore trascurare il suo pensiero
Verso la conclusione della Lettera, Paolo VI non nasconde la preoccupazione che si stia insinuando anche tra gli studiosi cattolici una certa minor attenzione nei confronti del Dottore angelico: a motivo di ciò, il Pontefice propone una serie di raccomandazioni affinché la dottrina tomista non venga dimenticata o trascurata, ma piuttosto fatta costantemente rivivere nella sua perenne validità e vivacità. Al termine del suo scritto, il Pontefice ricorda che il Vaticano II è stato il primo concilio a raccomandare per ben due volte la conoscenza della dottrina di un pensatore: si tratta proprio della dottrina tomista, che nel Decreto sulla formazione sacerdotale Optatam totius e nella Dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum educationis viene indicata come un patrimonio prezioso da custodire e ascoltare, frutto di colui che Pio XI definì «il più santo tra i dotti e il più dotto tra i santi».


Ricorda

«So di dovere a Dio, come dovere principale della mia vita, che ogni mia parola e senso parlino di Lui».
(Tommaso d’Aquino, Somma contro i Gentili, I, 2).


Per saperne di più…

Paolo VI, Lettera Lumen Ecclesiae nel VII° centenario della morte di San Tommaso d’Aquino, 20 novembre 1974.
Antonio Livi, Tommaso d’Aquino. Il futuro del pensiero cristiano, Mondadori, 1997. Giacomo Samek Lodovici, La felicità nel bene. Una rilettura di Tommaso d’Aquino, Vita e Pensiero, 2002.
Maurizio Schoepflin, Agostino e Tommaso. Colonne della Chiesa, giganti del pensiero, Quaderni del Timone, 2009.
Sofia Vanni Rovighi, Introduzione a Tommaso d’Aquino, Laterza, 1973.
Cornelio Fabro, Introduzione a san Tommaso. La metafisica & il pensiero moderno, Ares, 19972.

IL TIMONE N. 123 – ANNO XV – Maggio 2013 – pag. 32 – 33

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