Individualismo e collettivismo sono frutti nefasti della moderna secolarizzazione.
La dottrina sociale della Chiesa offre un’alternativa radicale: sussidiarietà e solidarietà.
Sin dall’antichità la filosofia ha considerato la socialità una caratteristica propria all’essere dell’uomo.
L’uomo è sociale per natura, perché nasce con la capacità di mettersi in relazione con altri soggetti; egli è capace di dialogare con tutte le proprie facoltà: corporee, psico-emotive e razionali-volitive.
Deve però apprendere e scegliere il linguaggio del dialogo, cioè deve imparare a costruire rapporti che gli consentano di esprimere la propria umanità, rapporti che siano manifestazione e realizzazione della verità della sua natura corporea, affettiva, razionale e libera.
La necessità d’imparare il linguaggio del dialogo dipende dalla libertà: proprio perché l’uomo è libero, fa esperienza della possibilità di agie come una creatura o come se fosse egli stesso causa del suo essere.
La socialità è il luogo dove la persona manifesta le proprie scelte partecipando e facendo partecipare gli altri ai giudizi, ai comportamenti e agli stili di vita adottati.
La partecipazione dà origine a tutta una serie di rapporti che costituiscono le concrete aggregazioni sociali: la famiglia, le istituzioni economiche, giuridiche, politiche e religiose.
Nell’edificazione degli ambiti comunitari c’è una verità da rispettare: la verità e il valore della persona.
L’azione comune realizza la verità dell’uomo quando in essa è mantenuto il valore personale dell’atto di ogni soggetto che vi partecipa e questo avviene quando l’atto esprime razionalità, libertà e capacità d’integrazione di ciascuno.
La capacità d’integrazione è propria dell’uomo; essa viene esercitata dalla ragione e dalla volontà e si manifesta come autopossesso, cioè governo degli istinti e degli affetti, e autodeterminazione, cioè tendenza consapevole e responsabile verso il fine.
La partecipazione non è quindi semplice cooperazione, ma è un processo che, partendo dal giudizio sulla necessità di mantenere nell’azione comune il valore personalistico del proprio atto, riconosce la stessa necessità anche agli altri soggetti e costruisce un’azione in cui il bene personale e il bene comune sono implicati. È la partecipazione a fondare il legame tra bene personale e bene comune.
Nel mondo moderno, come conseguenza della secolarizzazione, si sono sviluppate due diverse tradizioni culturali, una antistatalista che fa riferimento all’ideologia dell’individualismo e una statalista che fa riferimento all’ideologia collettivista.
Per l’individualismo l’autonomia della soggettività coincide con l’assoluta indipendenza da ogni norma etica oggettiva, per cui, pur non negando la necessità di collaborare con gli altri uomini per raggiungere obiettivi complessi, viene rifiutata l’idea di un orizzonte comune di valori fondato sul riconoscimento della persona.
Per il collettivismo il soggetto non ha un’autonomia ontologica rispetto alla totalità (massa, classe) a cui appartiene, esso si deve adattare alle esigenze del bene collettivo; quest’ultimo deve essere perseguito controllando e reprimendo ogni tendenza che rallenti il raggiungimento del progetto ideologico perseguito.
La mentalità comune contemporanea considera opposti e alternativi individualismo e collettivismo e vede nella dottrina sociale della Chiesa un tentativo di compromesso tra due concezioni irriducibili, quella liberale e quella social-comunista, piuttosto che una visione originale del rapporto tra persona, gruppi sociali e Stato. Questo è un fraintendimento profondo perché la missione della Chiesa non è d’incontrare le ideologie, ma l’uomo concreto in carne ed ossa; da esso nasce l’incomprensione del reale significato dei principii di solidarietà e sussidiarietà; tali principii infatti possono essere rettamente intesi solo nella prospettiva della partecipazione, cioè nella prospettiva della profonda unità esistente tra bene personale e bene comune.
Il principio di solidarietà si fonda sulla dignità della persona, soggetto libero e responsabile, perché razionale, e sulla sua vocazione comunitaria; esso è espressione di un contenuto ontologico, in quanto riguarda l’essere dell’uomo, ed etico in quanto richiama la responsabilità di ciascuno verso il bene degli altri. Non vi è nulla di più lontano della solidarietà reale, capace di far carico di problemi concreti, del solidarismo ideologico che troppo spesso non risolve, ma esaspera i conflitti sociali.
Il principio di sussidiarietà sottolinea la necessità di riconoscere il primato delle comunità più vicine alla persona; secondo questo principio una funzione che può essere svolta per es. dalla famiglia non deve es. sere assunta dallo Stato. Il fine del principio di sussidiaretà è permettere la partecipazione alle scelte e ai processi decisionali degli organismi intermedi, consentendo l’espressione della razionalità e della libertà del soggetto.
La formulazione forse più conosciuta di tale principio è stata data da. papa Pio XI nell’enciclica Quadragesimo anno del 1931: “come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere (on le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società”.
Sussidiarietà e solidarietà sono finalizzate al bene comune che non è un’astrazione, ma l’insieme delle condizioni che consentono all’uomo di attuare nella libertà la propria natura di creatura.
RICORDA
“In molti modi, fin dalle sue origini, la Chiesa ha insegnato questa socialità naturale dell’uomo: «L’uomo è naturalmente ordinato alla società civile: non potendo infatti nell’isolamento procacciarsi il necessario alla vita e al perfezionamento intellettuale e morale, la Provvidenza dispose che egli venisse alla luce fatto per congiungersi e unirsi ad altri, sia nella società domestica, sia nella società civile, la quale solamente gli può fornire tutto quello che basta perfettamente alla vita» (Immortale Dei, n. 2). Nella sua brevità, questo testo riassume tutto l’essenziale”.
(José Miguel Ibànez Langlois, La dottrina sociale della Chiesa, Ares, Milano 1989, p. 77).
BIBLIOGRAFIA
Karol Wojtyla, Persona e” atto, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1982.
Karol Wojtyla,..Perché l’uomo, Leonardo, Milano 1995. Catechismo della Chiesa Cattolica. nn.1877.1942.
Per un confronto con l’attualità in Italia si può vedere il volume di Giuseppe Brienza, Famiglia, sussidiarietà e riforma dei servizi sociali, Città Nuova, Roma 2002.
IL TIMONE N. 21 – ANNO IV – Settembre/Ottobre 2002 – pag. 26 – 27