Dati alla mano, va sfatato il luogo comune che gli aborti diminuiscono promuovendo la contraccezione. Che invece diffonde una mentalità di chiusura verso la vita. E quando fallisce, diventa quasi scontato abortire il bambino concepito
Il mantra, un vero e proprio dogma riproposto pressoché ad ogni livello anche dalla ufficialità accademica o associativa quando si discute di aborti, recita che l’unico modo per ridurne il numero è diffondere tra la popolazione sessualmente attiva l’uso della contraccezione basata su metodi moderni: pillola, cerotti, anelli vaginali, spirale, preparati ormonali a lunga durata d’azione, pillole da assumere dopo il rapporto sessuale, insieme ai sempiterni preservativi.
Non entriamo nel merito del meccanismo d’azione di questi preparati che in molti casi non consiste in un’azione propriamente contraccettiva, cioè nel prevenire la fecondazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo, bensì produce effetti abortivi più o meno certi, interferendo con lo sviluppo dell’embrione già generato e impedendo la prosecuzione del suo sviluppo nelle primissime fasi di vita. Questo argomento è sufficientemente complesso da meritare un approfondimento specifico. Rimaniamo alla questione iniziale formulando la domanda più semplice: «È vero oppure no che la diffusione della contraccezione ha come effetto la riduzione degli aborti?». Poiché la risposta fornita nei discorsi correnti è quasi immancabilmente affermativa, uno si aspetterebbe che l’analisi della letteratura scientifica pulluli di un numero congruo di studi che in modo piuttosto omogeneo diano lo stesso risultato: la promozione della contraccezione e il coerente incremento della contraccezione portano a una riduzione degli aborti.
Alcuni studi erronei
Quando però si comincia a ricercare tali studi, anche chi non sia un super-esperto della materia può facilmente rendersi conto che c’è qualcosa che non quadra. Innanzi tutto si scopre che tali studi sono numericamente piuttosto esigui. Se poi li si leggono interamente si nota che essi in genere non mostrano alcuna riduzione degli aborti collegabile a un incremento della contraccezione; inoltre, nei pochi lavori che tentano di attestare una tale correlazione inversa, sono presenti errori metodologici oltremodo macroscopici (Marston, 2003; Arisi, 2004). Per questo, a chi si accontentasse della risposta più secca, si può dare questa indicazione: «No, nei paesi occidentali sviluppati la diffusione della contraccezione non conduce ad alcuna riduzione degli aborti».
Andiamo a vedere i dati
Per chi invece fosse interessato a saperne qualcosa in più, è possibile fornire alcuni numeri. Un primo modo di verificare la relazione esistente tra contraccezione e aborto è quello di osservare l’andamento nel tempo dei due indicatori in una determinata area geografica (in genere a livello nazionale) e verificare se al variare della contraccezione varia il numero di aborti e in che senso. Per esempio, dal 1982 al 2002 la copertura contraccettiva in America è aumentata in modo molto modesto, passando dal 40,6% al 44,9%, eppure il tasso di abortività, cioè il numero di aborti ogni mille donne in età fertile, è diminuito di quasi un terzo, da 28,8 a 20,5. Oggi sappiamo che questo è derivato anche dall’aumento del sentimento pro-life americano che ha superato i pro-choice recuperando un distacco di oltre 20 punti (Gallup, 2009) e dalla messa in atto di legislazioni restrittive verso l’aborto in molti Stati della federazione per opera dei Repubblicani (New, 2011).
In Inghilterra, la contraccezione è rimasta costante dal 1997 al 2006, ma contemporaneamente il tasso di abortività è cresciuto da 16,3 a 18,3.
In Francia, le donne che non desiderando un figlio usavano la contraccezione erano il 52% nel 1978, per salire di 30 punti percentuali, all’82%, nel 2000 usando per la maggior parte la pillola e la spirale, metodi ad elevata efficacia. Eppure, in tutto questo arco di tempo gli aborti sono rimasti inchiodati alla cifra di 200.000 all’anno, precisamente 209.268 nel 2009 (Bajos, 2004).
In Spagna, l’uso della contraccezione è salito dal 49,1% del 1997 al 79,9% del 2007, ma nel frattempo il tasso di abortività è più che raddoppiato, passando da 5,5 a 11,5 (Dueñas 2011).
Questi esempi descrivono un quadro che mostra come l’andamento degli aborti non segua inversamente l’andamento della contraccezione. Analogamente, tutti gli studi, nessuno escluso, che abbiano verificato il numero di aborti in relazione alla diffusione della pillola del giorno dopo hanno dovuto registrare la più assoluta assenza di riduzioni tangibili degli aborti (Polis, 2010).
Un altro sistema è quello di verificare se nei territori dove l’impiego della contraccezione è maggiore si registri un più basso numero di aborti e viceversa. Anche in questo caso, si scopre che nelle aree dove l’uso della contraccezione è più elevato non vi è un minore numero di aborti (Puccetti, 2009). Anzi, in alcuni casi vi sono indicazioni in senso contrario: negli Stati americani dove si fa maggiore uso della contraccezione reversibile e in particolare dei preservativi, lì si ha un più elevato numero di aborti.
Un terzo filone è rappresentato dagli studi d’intervento volti a valutare se la promozione della contraccezione conduca a una riduzione delle gravidanze indesiderate o degli aborti. Anche in questo caso però, non vi è alcuna evidenza che la cosa funzioni (Kirby 2008).
Una mentalità contro la vita
Il passo successivo è comprendere i motivi di tutto ciò. I contraccettivi fanno quello per cui sono stati costruiti, ma il soggetto umano non si comporta secondo gli schemi inizialmente previsti. L’uso della contraccezione in una determinata popolazione si associa a una modifica della percezione dei rapporti sessuali e questo, a sua volta, induce variazioni nei comportamenti sessuali. I figli cessano di essere un fatto per divenire una possibilità e, come scrisse Elizabeth Anscombe, «la possibilità distrugge la mera accettazione [del figlio n.d.r.]» (Anscombe, 1972). La contraccezione promette un sesso senza conseguenze e, così, come predetto dal modello delle scelte razionali, avvicina al sesso una parte di persone che se ne sarebbero tenute alla larga (Paton 2004): si ha cioè una compensazione del rischio (Peltzman 1975) che si esprime come maggiore attivazione sessuale. Per esempio, tra gli adolescenti spagnoli la copertura contraccettiva è aumentata nel periodo 1997-2005 del 279%, ma il tasso di gravidanze è aumentato del 185% e quello di abortività del 228% e insieme a questo è anche aumentata del 24% la scelta per l’aborto contro la vita del bambino, dimostrando quella contiguità tra mentalità contraccettiva e mentalità abortiva denunciata anche nel Magistero recente (Evangelium Vitae, 13).
D’altra parte, è un personaggio come Ann Furedi, direttrice della British Pregnancy Advisory Service con 6 cliniche per aborti a Londra, ad affermare di volere una società che permetta alla gente di fare sesso senza paura di conseguenze e «con la consapevolezza che se la contraccezione fallisce l’aborto è disponibile come rimedio » (Furedi 2008). Già, se l’aborto è un rimedio, allora significa che il bambino che vive nella madre è una malattia, un guasto, un danno. Un bell’esempio di falsificazione della realtà attuata attraverso la perversione dell’antilingua volta a nascondere l’umanità dell’essere umano all’alba della vita. Ma in fin dei conti niente di originale se si pensa che secondo l’Obama-pensiero un figlio non pianificato è niente più che «una punizione» ed anche quando riesce a sfuggire all’aborto ed è già nato, per il presidente americano quello stesso figlio continua ad essere solo un «feto fuori dal ventre della madre».
Per saperne di più…
Puccetti R, Di Pietro ML, Costigliola V, Frigerio L., Prevenzione dell’aborto in occidente: quanto conta la contraccezione?, «Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics» 2009, 21 (2009), 3, pp. 164-178.
Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, Consensus views arising from the 49th RCOG Study Group, www.rcog.org.uk/files/rcog-corp/uploaded-files/StudyGroupConsensusViewsContraception. pdf Kirby
D., The Impact of Programs to Increase Contraceptive Use Among AdultWomen: A Review of Experimental and quasi-experimental studies, «Perspect Sex Reprod Health 2008», 40 (), pp. 34-41.
Akerlof G, Yellen JL, Katz ML, An Analysis of Out-of-Wedlock Childbearing in the United States, «The Quarterly Journal of Economics», 111 (1996), 2, pp. 277-317.
IL TIMONE N. 117 – ANNO XIV – Novembre 2012 – pag. 52 – 53
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