Agli amici confidava: “Speriamo che quel poco di bene che si è cercato di fare ci venga contato, quando saremo di là…”. Piero Corti, fratello del noto scrittore Eugenio, si è spento a 78 anni, la sera di Pasqua. Medico missionario, famiglia di industriali briantei di solida tradizione cattolica, lavorava col piglio dell’imprenditore, tenendo d’occhio gli utili. Guardava lontano, però, il suo sguardo azzurro: a quel profitto abbondante e duraturo che i bilanci aziendali non sanno calcolare. Aveva di mira la vita eterna, Piero: per questo ha lavorato al meglio per i suoi malati e ha creato uno dei maggiori ospedali dell’Africa tropicale.
Quarantadue anni di carità fattiva e operosità instancabile, secondo lo stile respirato in famiglia. “Siamo al mondo per aiutarci”, ripeteva sua madre. E lui, sensibile fin da ragazzino alla sofferenza altrui, ha ascoltato quell’insegnamento, impegnando senza sosta la vita intera. Quando, nel 1961, giunge a Gulu, nel nord dell’Uganda, è un giovane medico dai progetti grandi. Porta con sé tre specializzazioni e il sogno di costruire un ospedale missionario efficiente, con le migliori cure anche per chi non può pagarle. Punta a uno standard qualitativo analogo a quello occidentale: “Se è possibile in Lombardia, perché non deve esserlo anche in Uganda?”, si ripete con quella miscela avvincente di ingenua baldanza e fiducia nella Provvidenza che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Con l’aiuto della moglie Lucille Teasdale, chirurgo canadese scomparsa nel 1996 per l’Aids contratto in sala operatoria, Piero Corti trasforma un ambulatorio dei padri comboniani nel cuore della savana in un complesso sanitario da 465 posti letto, che impiega quasi 500 dipendenti ugandesi.
Oggi la sua opera, il St. Mary’s Hospital di Lacor, accoglie più di 100.000 malati ogni anno e costituisce un riferimento per gli altri ospedali dell’Uganda, grazie a un’ampia offerta di servizi diagnostici e terapeutici, a un’articolata attività di educazione sanitaria, di insegnamento e di ricerca.
Impastato di una carità concreta ed efficace, capace di sognare e deciso a realizzare i propri sogni, Piero Corti non ha ceduto a nessuna difficoltà: non alla guerriglia feroce che insanguina il nord dell’Uganda, non all’agghiacciante diffusione dell’Aids, non all’epidemia di Ebola che nel 2000 ha ucciso il direttore sanitario dell’ospedale. Perché la carità impone di rimboccarsi le maniche e ricominciare. Sempre.
Instancabile nel cercare i fondi perché il suo ospedale vivesse anche dopo di lui, non chiedeva un obolo sulla fiducia, ma voleva che a parlare fossero i fatti.
Raccontava, cifre alla mano, la storia dell’ospedale, enumerando i reparti via via attivati in una vita di lavoro. Non per attivismo o per un generico fare il bene, ma con la volontà indomita di portare a termine al meglio il proprio compito.
Tra gli attivi del dottor Corti c’è il St. Mary’s Hospital, esempio di quell’efficienza caritatevole che, sola, può dare speranza. E tra gli utili, data con la misura larga e traboccante, quella ricompensa che Piero ha sempre cercato.
Il St. Mary’s Hospital funziona grazie alla generosità di amici e benefattori. Per informazioni e offerte ci si può rivolgere alla “Fondazione Piero e Lucille Corti – Onlus” Via Napo Torriani, 6 – 20124 Milano Tel./Fax: 02-670.767.22 –
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IL TIMONE N. 26 – ANNO V – Luglio/Agosto 2003 – pag. 11