15.12.2024

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Pio II
31 Gennaio 2014

Pio II

 


Grande e raffinato umanista. Personalità tra le più brillanti di quel tempo, rifiuta i fasti della corte papale, restaura il rispetto e la dignità della Santa Sede. Si impegna per la Crociata contro l’Islam, ma muore prima di realizzarla

Nome: Enea Silvio Piccolomini
Data nascita: Corsignano, 18 ottobre 1405
Elezione: 19 agosto 1458
Durata: 5 anni, 11 mesi, 26 giorni
Data morte: Ancona, 14 agosto 1464
Sepolto: Basilica sant’Andrea della Valle, Roma
Posizione cronologica: 208

Con l’elezione a papa, Pio II (1458-1464) giunge al vertice del suo percorso di conversione recidendo definitivamente con la dissoluta vita passata, intrisa di libertinaggio, di esteriorità e di sensualità. Abbandonata la causa “conciliarista”, ossia la promozione e affermazione della superiorità del concilio sull’autorità pontificia, governa da “Papa-re”. Umanista convinto e grande intellettuale, si rivela anche uomo d’azione prodigandosi nell’organizzazione della Crociata per sconfiggere l’Islam ormai alle porte.
Enea Silvio Piccolomini nasce a Corsignano, nei pressi di Siena, nel 1405 da un’antica famiglia senese decaduta. Figlio primogenito di 18 fratelli, da ragazzo lavora nei campi come bracciante. Agli studi dedica otto anni intensi soprattutto nel campo umanistico grazie all’ingegno che si rivela precoce. La passione per la letteratura classica è divorante; vi si dedica con avidità, sacrificando denaro e sonno.
Incontra s. Bernardino da Siena, le cui prediche lo infervorano al punto da sentire il desiderio di farsi frate; ma lo stesso San Bernardino lo dissuade non scorgendo in lui alcuna vocazione. Per le sue doti diventa segretario del cardinale Domenico Capranica, il quale partecipa al concilio di Basilea che elegge l’antipapa Felice V (Amedeo VIII di Savoia) il 5 novembre 1439, votato (e sostenuto con la composizione di un Libellus in difesa del conciliarismo) dallo stesso Enea in contrapposizione al legittimo papa Eugenio IV. Addirittura, Enea avrebbe potuto essere uno dei possibili candidati se non avesse rifiutato i voti canonici per non contravvenire all’obbligo della castità.
Lo stesso antipapa Felice V stima Enea ingaggiandolo come segretario. Rifiuta la berretta cardinalizia, passando al servizio dell’imperatore Federico III (1440-1493), risolvendo ogni questione diplomatica che gli si pone davanti. È in questo periodo che spedisce una lettera al padre pregandolo di ricevere in casa un figlio avuto da una relazione clandestina, probabilmente con una ragazza inglese. Del resto, la personalità brillante ed estroversa e le spiccate doti oratorie (è uno storico apprezzato e un ottimo poeta) gli assicurano con facilità il successo mondano e ne fanno un figlio del suo tempo, in cui gli strappi alla castità sono una tendenza piuttosto diffusa anche nel mondo ecclesiastico. Tuttavia, a seguito di una serie di eventi luttuosi, comprende come la sua vita debba essere emendata. Nel 1444 manifesta il desiderio profondo di servire solo Dio e il 4 marzo 1447 riceve gli ordini sacri. La conversione personale si associa anche a un mutamento nelle posizioni dottrinali, ritornando a sostenere il primato del vescovo di Roma rinnegando l’antipapa Felice V. Il 19 aprile 1447 è fatto vescovo di Trieste e due anni dopo diventa vescovo della “sua” Siena per il servizio reso a Niccolò V in difesa del papato come elemento centrale della Chiesa e fondamento di unità. Grazie all’abile mediazione diplomatica del “ritrovato” Enea, prende il via una nuova alleanza tra Chiesa e Impero con la stipulazione del Concordato cosiddetto “dei principi tedeschi”, promulgato fra il 5 e il 7 febbraio 1447, che regola i rapporti tra la nazione germanica e la Santa Sede, allontanando la potenza tedesca dai fiancheggiatori del concilio di Basilea con il pieno ritorno all’obbedienza romana di tutti i principi elettori della Dieta. Sarà questa la premessa del fondamentale Concordato di Vienna del 17 febbraio del 1448 tra Federico III e papa Niccolò V (1447-1455) che ricomporrà definitivamente lo scisma.
Il 19 agosto 1458 è eletto pontefice nonostante le sue vibranti proteste. Sceglie il nome di Pio in onore di Pius Aeneas, protagonista dell’Eneide di Virgilio. Anche da papa spesso gli si rinfaccia la trascorsa vita dissoluta, ma Pio II risponde con un motto beffardo: «Aenam rejicite, Pium accipite!» («rifiutate Enea, accettate Pio»).
Pio II è già ammalato e molto provato nel fisico nonostante sia solo cinquantatreenne, tormentato da tosse cronica, dalla podagra e dai calcoli. Ciò nonostante, resiste con energia e senza lamentele lavorando con dedizione e vigore.
In mezzo ai fasti della corte, Pio II mantiene un tenore di vita semplice e parsimonioso. Durante i viaggi, spesso si trattiene in qualche borgata povera o presso qualche monastero decaduto, vivendo solo del necessario.
A dettargli l’agenda, come d’uso dopo il concilio di Costanza I (1414-1418), è il collegio dei cardinali che indicano le priorità nella Crociata contro i Turchi e la riforma della Chiesa. Nella linea dei predecessori procede alla restaurazione dell’autorità pontificia su base monarchica, grazie anche all’aiuto del cardinale Niccolò Cusano, il quale intende portare la riforma dei costumi fin dentro la corte papale costatato che: «tutto è corrotto qua dentro! ». Ridimensiona gli abusi, ristabilisce la disciplina claustrale, riforma gli ordini religiosi e ridà fiato alle missioni.
Interviene decisamente contro il conciliarismo con la pubblicazione della bolla Execrabilis nel 1460, ribadendo la pienezza del potere del Santo Padre in ambito sia spirituale sia temporale. Con la successiva bolla del 26 aprile 1463 ribadisce che l’autorità del Papa è in assoluto la più alta all’interno della Chiesa.
Ma la preoccupazione primaria è l’organizzazione della Crociata. Già alla fine del 1461 Pio II scrive una lettera al sultano Maometto implorandolo di convertirsi al cristianesimo con la possibilità di ricevere dal Vaticano il titolo d’imperatore cristiano. La lettera rimane nel cassetto, ma è un forte monito per l’Occidente ormai disunito, in cui il “particulare” inizia a prevalere sull’interesse comune (alcune potenze, vedi Francia, considerano il Sultano più un possibile alleato per le loro mire di potere che un nemico da combattere). In essa critica duramente la religione islamica: Maometto è «contro la ragione [perché] schierò le armi, ordinando che nessuno discutesse la sua religione e che non se ne cercasse spiegazione razionale». A Mantova già nel 1458 invita i sovrani a partecipare all’organizzazione della crociata. Ma nonostante si dia da fare in mille modi, le adesioni sono molto scarse. Nell’ottobre del 1463 si pone lui stesso al comando di una nuova spedizione, sebbene sia ammalato. Ad Ancona trova delle imbarcazioni mandate dai sovrani, ma con gruppi di gente umile e disorganizzata.
La “vera” Crociata si muove più tardi. Venezia manda dodici triremi solo il 12 agosto del 1464, ma per Pio II è troppo tardi: le fatiche del viaggio in lettiga, sotto il caldo soffocante abbattono il suo fisico già debilitato. Il 15 agosto 1464 muore con lui anche l’idea stessa della Crociata.
In campo artistico favorisce qualche importante realizzazione, come la loggia delle benedizioni e la cappella di S. Andrea a S. Pietro; trasforma il suo paese d’origine Corsignano in una perla delle colline senesi ribattezzata Pienza, in onore del suo ideatore e realizzatore.

 

 

 

IL TIMONE  N. 106 – ANNO XIII – Settembre/Ottobre 2011 – pag. 54 – 55

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