Affabile, gioioso, disposto al dialogo. La sua elezione è accolta con gioia dal popolo. Riapre e porta a termine il Concilio di Trento, per riaffermare la vera dottrina cattolica a fronte dell’eresia protestante
Nome: |
Giovanni Angelo Medici |
Data nascita: |
31 Marzo 1499 |
Elezione: | 25 Dicembre 1559 |
Incoronazione: | 6 Gennaio 1560 |
Durata: | 5 anni, 11 mesi, 14 giorni |
Data morte: | 9 Dicembre 1565 |
Sepolto: |
Chiesa S. Maria degli Angeli, Roma |
Posizione cronologica: | 132 |
Papa Pio IV (1499-1565) è una figura fondamentale per la riforma della Chiesa. Ha il piglio del grande statista e lega il suo nome al Concilio di Trento, rinsaldando la Chiesa nei suoi fondamenti dottrinali, rimarcando con ciò la frattura del protestantesimo.
Estimatore dell’estetica rinascimentale, è un profondo conoscitore del diritto canonico, anche se un po’ carente nella formazione teologica. Cordiale e magnanimo, contrasta con il rigoroso, nobile e distaccato predecessore Paolo IV (1555-1559), dal quale si discosta anche nella condotta morale, avendo avuto in gioventù tre figli illegittimi e anche da pontefice non disdegna la mondanità. La sua elezione, proprio per la sua espansività, è salutata con moti di giubilo da parte del popolo.
Giovanni Angelo Medici nasce a Milano il 31 marzo 1499. Inizia gli studi a Pavia, dove si laurea in medicina, filosofia e poi nel 1525 in diritto civile e canonico.
Nel 1527 si trasferisce a Roma. Ricopre diversi ruoli ecclesiali importanti fino alla nomina cardinalizia dell’8 aprile 1549 conferitagli da Paolo III (1534-1549). Da cardinale, durante il suo esilio volontario a causa delle simpatie spagnole in netto contrasto con il papa regnante Paolo IV, si merita l’appellativo di “padre dei poveri” per le numerose opere di beneficenze che istituisce. Al termine di uno dei più lunghi conclavi della storia durato quasi quattro mesi (a tratti drammatico per il violento scontro tra cardinali italiani, filo-spagnoli e filofrancesi), i porporati rimasti eleggono per acclamazione il card. Medici nella notte di Natale del 1559. Fisicamente ancora vigoroso, tende alla pinguedine e per questo di dedica a lunghissime passeggiate, spesso contestategli dall’entourage perché senza seguito e considerate non appropriate Pio IV Affabile, gioioso, disposto al dialogo. La sua elezione è accolta con gioia dal popolo. Riapre e porta a termine il Concilio di Trento, per riaffermare la vera dottrina cattolica a fronte dell’eresia protestante alla sua dignità. Si pone come primo obiettivo quello di pacificare i rapporti politici e diplomatici anche negli ambienti vaticani, facendo leva sulla sua indole calma e pacifica. È aiutato da due validissimi collaboratori: i nipoti Carlo e Federico Borromeo, figli di sua sorella Margherita sposa di Gilberto Borromeo. Un caso, questo, in cui il nepotismo ha dato buoni frutti, visto che uno dei due è quel san Carlo Borromeo che riformerà profondamente la diocesi di Milano, applicando fedelmente e con vigore le indicazioni del Concilio di Trento, senza mai dimenticare la carità verso i peccatori e i bisognosi.
Da più parti si richiede ormai la ripresa dei lavori del Concilio di Trento. Lo stesso Pio IV ne avverte la pressante necessità. Deve prima però riallacciare con i sovrani europei le relazioni diplomatiche compromesse dai tempi del predecessore: riconosce l’elezione di Ferdinando I (1558-1564) a imperatore del Sacro Romano Impero e nomina nuovi nunzi in diversi Stati. Tenta anche di riavvicinare l’Inghilterra di Elisabetta I, ma solo per rendersi conto che ormai la “chiesa” anglosassone è definitivamente separata dalla comunione con Roma. In Francia i cattolici convivono con il dilagante calvinismo e il Concilio è considerato da Pio IV la strada maestra per tentare di recuperare i transalpini alla unità religiosa completa.
Con la bolla Ad Ecclesia regimen del 29 novembre 1560, Pio IV riconvoca il Concilio di Trento. La riapertura avviene solennemente nel duomo di Trento il 18 gennaio 1562. Si riparte del vecchio ordine del giorno, rimarcando così la continuità con le precedenti sessioni. Da subito, giungono pressioni soprattutto da parte dell’Imperatore Ferdinando I perché il Concilio assuma decisioni in linea con il protestantesimo (matrimonio dei sacerdoti, la comunione nelle due specie). Ma il Papa stronca sul nascere queste richieste, mandando come suo rappresentante l’abile Card. Giovanni Gerolamo Morone, il quale prende in mano le redini del Concilio, neutralizzando tra le altre le insistenti istanze del francese card. Carlo di Guisa di chiare tendenze calviniste. La questione riguardante l’obbligo di residenza dei vescovi nelle loro diocesi si prolunga per mesi. Visto il pericolo di stallo, Pio IV rinvia la questione teologica a futuri Concili, anche se si stabilisce comunque l’obbligo di dimora presso la sede assegnata.
Durante la sessione vigesima seconda si stabilisce che la celebrazione della S. Messa è la ripresentazione del sacrificio espiatorio della Croce sul Golgota ma differente per la modalità, ossia incruento senza spargimento di sangue; è celebrata per concedere benefici spirituali ai fedeli e alle anime dei defunti in Purgatorio, la cui realtà viene espressamente ribadita. Si stabilisce il valore sacramentale dell’ordinazione dei sacerdoti e dell’unione matrimon i a l e come vincolo perpetuo e indissolubile, valido se celebrato di fronte al sacerdote con due o tre testimoni. Il 16 luglio 1562 si decreta che comunicarsi sotto una delle due specie è sufficiente, in quanto in ciascuna delle due è presente pienamente Cristo, in corpo e spirito.
Si ripropone la validità del culto delle immagini e la possibilità della Chiesa di concedere le indulgenze. Si mette mano anche su un altro punto doloroso: l’ignoranza dei sacerdoti e dei fedeli in materia dottrinale. Per questo sono istituiti seminari per la formazione del clero in ogni diocesi e il catechismo per i fedeli.
Si rimarca la realtà gerarchica della Chiesa in cui le decisione dei vescovi non dipendono dall’assenso dei presbiteri né dal popolo, e le loro ordinazioni sono valide in quanto volute dal pontefice, cioè per volontà divina. L’ultima sessione del Concilio termina il 4 dicembre 1563. Tutti i cardinali approvano i decreti che sono mandati a Pio IV che li approva il 26 gennaio 1564 con la bolla Benedictus Deus. Prima della fine del Concilio si definisce un nuovo indice dei libri proibiti, più mite dell’ultimo redatto da Paolo IV.
Sempre nel 1564, grazie al fattivo contributo dello stesso Carlo Borromeo e del card. Roberto Bellarmino, viene stilata la Professio fidei tridentinae, un giuramento richiesto sulla piena adesione alle verità del cattolicesimo a chi viene investito di una carica ecclesiastica.
Nel tentativo, poi risultato vano, di arginare il diffondersi dell’eresia protestante, Pio IV concede la comun i o n e sotto le due specie, a discrezione dei vescovi, in alcune diocesi di Germania e Austria, purché prima i fedeli confessino la indivisa presenza di Gesù Cristo anche sotto una sola specie.
Pio IV va ricordato anche come mecenate. Commissiona a Michelangelo la realizzazione della Chiesa di S. Maria degli Angeli sulle rovine delle terme di Diocleziano, apre la via Nomentana e Porta Pia. Crea il quartiere tra il Vaticano e Castel S. Angelo, il Borgo Pio. Attivo anche in ambito letterario, riforma l’Università di Bologna e ne apre una nuova ad Ancona.
Muore il 9 dicembre 1565, viene prima sepolto a S. Pietro poi traslato nel 1583 nella chiesa di S. Maria degli Angeli.
IL TIMONE N. 130 – ANNO XVI – Febbrio 2014 – pag. 54 – 55
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