Com’è noto, del pensiero cosiddetto politically correct, mix di radicalismo edonistico e di marxismo, si è appropriata la sinistra, sebbene di origine statunitense. Nulla di strano: anche il Sessantotto, che del politically correct è il padre, ebbe tale origine.
Voi direte: ma come, se nei cortei bruciano le bandiere americane! Esatto, ma anche nel Sessantotto, negli Usa, si bruciavano bandiere in protesta contro l’intervento in Vietnam, e l’odio per l’Occidente e la sua civiltà, di cui gli Usa sono considerati il simbolo e il baluardo, è ciò che lega i liberals americani ai «sinistri» europei, di qualunque colore essi siano (verdi, arcobaleno, rossi, rosa…).
A futura memoria bisognerà dunque che vediamo da vicino in che cosa consista esattamente questo politically correct e quali sono i suoi punti fermi. Sì, perché non vi è nulla di più contingente e mutevole del politically correct, e quel che oggi è tale non sappiamo se lo sarà ancora domani, essendo frutto esclusivo del capriccio di intellettuali. Prenderò spunto da una suggestiva sintesi che ne ha fatto Edward Feser, docente di filosofia alla Loyola University di Los Angeles, in un suo articolo apparso su «Liberal» del maggio 2006. Il saggio, va detto, concerne realtà esclusivamente americane ma può benissimo adattarsi anche ai casi nostri.
Egli esordisce col dire che negli Usa «l’egemonia della sinistra nelle università è così schiacciante che perfino le persone non di sinistra non la mettono in dubbio». Verrebbe da rispondere che, se questa è la situazione nel baluardo dell’Occidente, la terra del capitalismo e della Coca-Cola, allora siamo messi proprio male. Infatti, nel resto dell’Occidente è anche peggio.
Allora, vediamo quali sono i capisaldi del politically correct.
Il primo recita che il capitalismo è intrinsecamente perverso e disumano, perché arricchisce a dismisura pochi a prezzo della miseria crescente dei più. Invece, il marxismo, al di là dei suoi trascurabili fallimenti storici, conserva tutta la sua altissima carica ideale e rimane la quintessenza della giustizia sociale. Dai primi due punti consegue che la globalizzazione avrà come effetto di sprofondare vieppiù il Terzomondo nel baratro della povertà. Altra conseguenza è il disastro ambientale, dovuto esclusivamente all’industrialismo.
Va da sé che le risorse naturali sono ormai in via di estinzione per lo stesso motivo. Dunque, le soluzioni vanno trovate nel blocco totale del progresso tecnologico e nel ritorno a forme di approvvigionamento energetico arcaiche (mulini a vento, etc.).
Un altro punto fermo del politically correct riguarda i sessi: le differenze psicologiche e di comportamento tra maschi e femmine sono artificiali, dovute cioè a condizionamenti culturali; lo stesso dicasi per le preferenze sessuali. Corollario: la minore presenza di donne in certi ruoli e professioni è dovuta esclusivamente a ingiusta discriminazione.
Procediamo con gli altri punti: i problemi del Terzomondo sono cominciati col colonialismo ottocentesco, i cui effetti perversi ancora oggi, dopo quasi due secoli, impediscono a quei popoli di svilupparsi. Ciò è dovuto anche al fatto che la civiltà occidentale è stata ed è la cosa più oppressiva che si sia mai vista sulla faccia della terra. Essa è altresì spiritualmente inferiore a qualunque altra «cultura».
E questo ci porta alla religione, che è puro frutto di ignoranza, specialmente il cristianesimo: una persona sensata, oggi, non può più credere in alcunché di soprannaturale.
Naturalmente, la morale, specialmente sessuale, che ne discende è una reminiscenza superstiziosa senza alcun fondamento razionale. Altrettanto naturalmente, dalla religione vanno tenute distinte le filosofie orientali (buddismo, yoga etc.), che, non avendo riferimenti trascendenti ed essendo praticamente prive di morale sessuale, possono essere utilizzate come tonificanti psicofisici contro il logorio della vita moderna.
Ecco, tutto questo è il politically correct, ed è assolutamente naturale per uno «di sinistra» aderirvi. Dal punto di vista psicologico, c’è da aggiungere che la malìa che la sinistra esercita sugli intellettuali è causata anche da un giro mentale che fa sì che il professore, il regista, il giornalista, lo scrittore, l’attore, il poeta, il cantante si convincano che il mondo andrebbe molto meglio se si decidesse a seguire le loro idee. Questo atteggiamento è rinforzato dal dato di fatto, in molti casi, del loro successo sociale ed economico: se hanno avuto successo è segno che loro sono migliori degli altri e, dunque, le loro idee devono essere giuste. Il marxismo, dal canto suo, è pura teoria, analisi cui riconduce tutta la realtà. È l’ultima e più duratura forma di gnosi di massa, quell’antica eresia che voleva alcuni, perché «illuminati», deputati a rifare a tavolino un mondo fatto male da un cattivo demiurgo. E, va da sé, per ciò stesso deputati anche a guidare tutti gli altri, per amore o per forza, perché i più, non essendo «illuminati » come loro, sono inconsapevoli del loro vero bene. Da qui il suo fascino sugli intellettuali.
Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, se non la forma, adattata ai tempi, della tentazione primordiale («…sarete come dèi…») che, nel Genesi, titillava il genere umano a mordere il frutto della conoscenza («gnosi», in greco). Da qui, anche, il recente revival dei cosiddetti vangeli apocrifi, che sono in realtà testi gnostici del II e III secolo, portati alla ribalta da Il Codice da Vinci e il Vangelo di Giuda.
Dunque, la Chiesa non fa altro che combattere sempre contro la stessa eresia da duemila anni, a partire da quel Simon Mago di cui parlano gli Atti degli Apostoli (8, 9-24).
Eggià: il diavolo, a differenza del suo Avversario, è maledettamente (è il caso di dirlo) monotono.