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12.12.2024

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E’ presenza reale!
31 Gennaio 2014

E’ presenza reale!



La verità dogmatica della presenza reale di Cristo nella SS Eucaristia è dimenticata da molti sacerdoti e fedeli. Urge ricordarla a tutti. Intervista a don Nicola Bux, consultore di diverse Congregazioni vaticane

Negli ultimi decenni si è prodotto un dissenso sulla natura della liturgia: è ancora benedizione e adorazione di Dio, oppure è un intrattenimento festaiolo da animare con le tecniche dei villaggi turistici? Se lo chiede don Nicola Bux docente alla Facoltà teologica pugliese e consultore presso le Congregazioni per la dottrina della fede e per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti. Con lui abbiamo approfondito il tema dell’Eucaristia.

La Messa è la ripresentazione del sacrificio della Croce rinnovato misticamente sotto le apparenze del pane e del vino che diventano Corpo e Sangue di Gesù. È Cristo vivo, lo stesso Calvario, lo stesso sacrificio. Eppure, gran parte dei fedeli e molti sacerdoti sembrano non saperlo o averlo dimenticato, come mai?

«Non c’è da stupirsi che la definizione della Messa presente nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nel Messale Romano e altri documenti del magistero pontificio e conciliare sia ignorata, dimenticata e dunque non trasmessa. Eppure, nei Padri della Chiesa questa verità è affermata con chiarezza. Soprattutto nella seconda parte della Messa, chiamata da noi latini “liturgia eucaristica” e dagli orientali “liturgia del Sacrificio”, troviamo il cuore del mistero di Cristo redentore che “divenne altare, vittima e sacerdote”. Capiamo che Cristo salva dal demonio e dal peccato, ci libera dalle ingiustizie e dalla povertà, ma mai totalmente: finché ci sarà il peccato sulla terra “i poveri li avremo sempre con noi”. È il cuore dell’uomo che va liberato e redento. Con la santa Eucaristia si rende presente Gesù Cristo, che sulla croce ha trasformato l’atto di violenza fatto dagli uomini contro di lui in un atto di donazione e di amore. Cristo ha compiuto il sacrificio del suo corpo e del suo sangue, cioè della sua persona e della sua vita. Egli è perciò il salvatore e redentore di tutti gli uomini, cioè “colui che paga il riscatto”, il sommo ed eterno sacerdote, il “dono sacro”, l’unico mediatore tra l’uomo e Dio».

Oggi, il gesto di ricevere e distribuire il Corpo di Cristo sembra aver perduto la sua sacralità. Come siamo arrivati a questo punto?

«L’enciclica Mysterium Fidei di Paolo VI, pubblicata nel settembre 1965 quando stava per aprirsi l’ultima sessione del concilio, riaffermava la dottrina della presenza reale dinanzi alle contestazioni che erano cominciate sulla permanenza della presenza reale; questa enciclica va considerata come esplicitazione della costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium che dava per acquisita tutta la dottrina eucaristica cattolica e che l’istruzione Eucharisticum Mysterium, due anni dopo, tradurrà operativamente. La critica sostiene invece che delle devozioni eucaristiche non se ne tratti nella costituzione liturgica, se non en passant, perché si ritenevano superate.
Insomma, la devozione eucaristica sarebbe stata messa fuori legge come se non fosse l’anima della partecipazione alla liturgia. Di qui la ricorrente accusa di devozionismo dei liturgisti per tutto ciò che non si allinea con la loro idea di liturgia: per esempio, l’espressione “Gesù è ospite della mia anima” sarebbe sintomo di spiritualismo individualistico, quindi non andrebbe mai detta. Ed è abbastanza strano, perché la partecipazione dei fedeli alla liturgia culmina nella partecipazione personale, cioè nel sacrificio di sé, gradito a Dio, l’incontro con il Signore uno e trino e la sua inabitazione in noi.
Dunque, la perdita di sacralità e di riverenza nell’amministrare da parte dei ministri la S. Comunione e nel riceverla da parte dei fedeli è una conseguenza della crisi di fede nella presenza reale del Signore, accaduta più volte nella storia della Chiesa, la più recente è scoppiata negli anni del Concilio Vaticano II, tanto da richiedere il suddetto intervento di Paolo VI».

Nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia, Giovanni Paolo II sottolinea come lo stupore adorante di fronte al mistero si deve manifestare non solo con un atteggiamento interiore di devozione, ma anche con espressioni esterne, per sottolineare la grandezza dell’evento celebrato. A cosa fa riferimento?

«Lo scopo della riforma liturgica del Vaticano II è stata la partecipazione dei fedeli alla liturgia: tre gli aggettivi utilizzati, piena, consapevole e attiva. Quarant’anni dopo, Giovanni Paolo II nell’enciclica citata osservava: “Non c’è dubbio che la riforma liturgica del concilio abbia portato grandi vantaggi per una più consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione dei fedeli al santo sacrificio dell’altare. […] Purtroppo, accanto a queste luci, non mancano delle ombre. […] Emerge talvolta una comprensione assai riduttiva del mistero eucaristico. Spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno”.
La sparizione dei gesti di adorazione, la fine del silenzio in chiesa, l’esibizione dei cosiddetti attori hanno finito per ricollocare i fedeli nel paventato “essere spettatori” e la liturgia è scaduta spesso in “spettacolo” in cui si esibiscono prete e ministri, incomparabile con quanto avveniva prima del concilio, con l’aggravante che, se prima in silenzio contemplavano il mistero, ora guardano divertiti o annoiati. Senza la devozione non v’è partecipazione piena. Alla liturgia si partecipa con i cinque sensi e ci si lascia afferrare da qualcosa che viene dal profondo e dall’eternità. Non è una conferenza dove devi capire tutto. Comprendere la realtà della liturgia è diverso dal comprendere le parole. Coloro che partecipano alla santa messa spesso si accostano al sacramento in massa e senza il necessario discernimento. I fedeli devono essere veramente consci che l’eucaristia è la fonte della forza morale, della santità e il culmine di ogni progresso spirituale e che le situazioni irregolari (divorzio, poligamia…) sono incompatibili e la rendono inefficace. Essi devono credere che hanno bisogno della grazia e quindi devono praticare il sacramento della penitenza. Non si può essere credente senza essere praticante. Quando non si è in grazia di Dio, bisogna limitarsi alla comunione spirituale, che tiene desto il desiderio di quella sacramentale».

Un “assaggio di paradiso”. Così l’allora Cardinale di Buenos Aires Bergoglio parlava dell’Eucaristia: “Non voglio essere blasfemo, ma è come se fosse un aperitivo del banchetto celeste”. Senza consapevolezza del mistero eucaristico, non rischiamo di perdere, insieme alla sacralità, anche la dimensione della vita eterna?

«Ho trattato distesamente dell’eucaristia, qui ripropongo una questione che riguarda le caratteristiche del sacramento eucaristico: è una cena o un sacrificio? Così risponde il catechismo: “La messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce,e il sacro banchetto della comunione al corpo e al sangue del Signore”. Non è solo un accostamento, v’è un nesso intimo. Certo, il termine memoriale può essere inteso come ricordo di un fatto passato. Non è così, grazie allo Spirito Santo che ci ricorda ogni cosa; l’eucaristia fatta dalla Chiesa rende presente e attuale la pasqua di Cristo e il suo sacrificio offerto una volta per tutte».

Vivere con devozione e amore l’Eucaristia è premessa indispensabile per un cristiano che vuole servire il fratello. Ce lo dice la Beata Teresa di Calcutta che ogni mattina, prima di incontrare i suoi poveri, adorava e si nutriva del Corpo di Cristo. Perché il servizio senza l’incontro con Cristo Eucaristia si rivela sterile?

«San Giovanni Crisostomo indica gli effetti della comunione: “Il sangue di Cristo rinnova in noi l’immagine del nostro Re, produce una bellezza indicibile e non permette che sia distrutta la nobiltà delle nostre anime, ma di continuo la irriga e la nutre”. L’eucaristia contiene il “segreto” della risurrezione, in quanto farmaco di immortalità e antidoto contro la morte; tale antidoto è uno dei frutti della comunione; ma bisogna pregare per riceverne altri, soprattutto quello di portare il suo vangelo nel mondo, in tutti gli ambienti dove viviamo, con la testimonianza delle opere perché gli uomini rendano gloria al Padre. Le conseguenze morali della comunione arrivano fino all’accoglienza dei poveri, perché grazie all’aiuto loro prestato, i fedeli possono offrire un sacrificio gradito a Dio».

Dossier: EUCARESTIA, LE VERITÀ DIMENTICATE

IL TIMONE N. 127 – ANNO XV – Novembre 2013 – pag. 42 – 43

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