Solo la rabbia laicista dopo il Family day spiega perché all’improvviso il documentario dell’otto-bre 2006 della BBC Sex Crimes and the Vatican abbia cominciato a circolare su Internet anche da noi, e Michele Santoro abbia deciso di farlo vedere nel suo programma Annozero, nonostante un appello contra-rio promosso da chi scrive e sottoscritto da ventiquattro parlamentari e ottanta docenti universitari. Il documentario, infatti, è merce avariata: quando uscì fu subito fatto a pezzi dagli specialisti.
Il 30 aprile 2001 papa Giovanni Paolo II pubblica la lettera apostolica Sacramentorum sanctitatis tutela, con una serie di norme su quali processi penali canonici siano riservati alla giurisdizione della Congregazione per la Dottrina della Fede e quali ad altri tribunali ecclesiastici vaticani o locali. La lettera De delictis gravioribus firmata da Joseph Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede il 18 maggio 2001 – presentata dalla BBC come un regalo ai pedofili – costituisce il regolamento di esecuzione delle norme fissate da Giovanni Paolo II. In questi testi si cita l’istruzione Crimen sollicitationis emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, che allora si chiamava Sant’Uffizio, il 16 marzo 1962 e oggi non più in vigore. Questa istruzione dimenticata, “scoperta” nel 2001 solo in grazia dei nuovi documenti, non si occupa principalmente di pedofilia ma del vecchio problema dei sacerdoti che abusano del sacramento della confessione per intessere relazioni sessuali con le loro penitenti. L’istruzione del 1962 non nasconde questi abusi, anzi impone a chi ne venga a conoscenza di denunciarli sotto pena di scomunica. Dispone che i relativi processi si svolgano a porte chiuse, a tutela della riservatezza sia dei testimoni sia degli imputati eventualmente innocenti.
Il documentario della BBC è tutto giocato sulla confusione fra processo canonico della Chiesa (di cui solo si occupano questi testi) e processo penale dello Stato, e fra segreto del processo e segreto del delitto. I processi canonici sono riservati, ma le loro sentenze sono pubbliche e la Chiesa – contrariamente a quanto si è sostenuto – denuncia di norma alle autorità civili i sacerdoti della cui colpevolezza nei casi di pedofilia ritenga di avere prove certe. Certo, alcuni vescovi – a fronte anche di casi di sacerdoti innocenti ingiustamente accusati – sono stati colpevolmente garantisti in passato, adottando nei confronti di sacerdoti su cui gravavano seri indizi provvedimenti troppo blandi. Ma non si può generalizzare (negli Stati Uniti già negli anni 1980 la polizia intervenne ripetutamente perché allertata dai vescovi), e i vescovi “buonisti” sul punto sono stati rimossi o costretti a dimettersi proprio dall’allora cardinale Joseph Ratzinger.
La lettera del 2001, al contrario di quanto fa credere il documentario, crea una disciplina più severa per il caso di abuso di minori, rendendolo perseguibile oltre i normali termini di prescrizione, fino a quando chi dichiara di avere subito abusi da minorenne abbia compiuto i ventotto anni (non i diciotto, come si è letto da qualche parte). E la durezza della Chiesa verso i sacerdoti accusati di pedofilia è ancora cresciuta con Benedetto XVI.
Tutte queste norme riguardano, ancora una volta, i processi canonici. Non c’entrano nulla con il diritto civile, o con il principio generale secondo cui – fatto salvo il solo segreto della confessione – chi nella Chiesa venga a conoscenza di un reato giustamente punito dalle leggi dello Stato ha il dovere di denunciarlo alle autorità competenti. Qualcuno potrebbe obiettare che, d’accordo, il documentario della BBC contiene numerosi errori: ma non è forse vero che nella Chiesa ci sono migliaia di preti pedofili? No, non è vero. Tutti quelli che citano statistiche in questo campo usa-no quelle del maggiore studio americano sul tema, condotto nel 2006 dal John Jay College della City University of New York, la più prestigiosa istituzione accademica americana nel campo della criminologia. Ma non tutti le hanno capite. Lo studio parla di quattromila sacerdoti accusati negli ultimi cinquant’anni di rapporti sessuali con minorenni. Accusati non vuol dire condannati: le condanne sono state 105, in qualche caso perché si sono concluse transazioni prima del processo o perché è scattata la prescrizione, ma in molti altri perché i sacerdoti erano innocenti. Io stesso sono stato testimone in Italia di un caso drammatico: quello di don Giorgio Govoni di Modena, per la cui difesa avevo lavorato come consulente tecnico, morto d’infarto dopo che nella sua requisitoria il pubblico ministero lo aveva dipinto come un orco. La Corte d’Appello prima e la Cassazione poi lo hanno definito “totalmente innocente”. Il suo vescovo e L’Osservatore Romano lo hanno celebrato come un mar-tire, vittima di calunnie che in questo campo non mancano, e che come si vede possono addirittura uccidere. Né si tratta di novità: quando Pio XI condannò il nazionalsocialismo, l’ideologo di Hitler, Joseph Goebbels, diresse personalmente una campagna in cui fra il 1933 e il 1937 settemila preti furono accusati di pedofilia con prove così inconsistenti che gli stessi tribunali nazisti comminarono solo 170 condanne, molte delle quali peraltro ai danni di innocenti mandati a morire nel lager di Dachau. Inoltre, i rapporti sessuali con minorenni non equivalgono alla pedofilia, definita dalle leggi e dalla medicina come reiterazione di rapporti sessuali con minori prepuberi. Se un sacerdote di trent’anni scappa con una diciassettenne tradisce certo il suo sacerdozio, ma non è un pedofilo. I veri e propri preti pedofili accusati, secondo lo studio del John Jay College, in cinquant’anni sono stati ottocento, i condannati una quarantina. Troppi, è vero: anche un solo prete pedofilo offende Dio, la Chiesa e la società, e va condannato senza se e senza ma. Parlare di migliaia di casi è però solo cattivo giornalismo. Chi invece volesse affrontare seriamente il problema dovrebbe anche citare una pagina dello studio del John Jay College che di solito si preferisce ignorare: l’81% dei sacerdoti accusati di rapporti con minori sono omosessuali. Beninteso, questo non vuol dire affatto che tutti i sacerdoti omosessuali siano pedofili, ma almeno conferma che il problema non è il celibato: del resto, ci sono percentuali simili o più alte di pedofili fra i pastori anglicani o i maestri delle scuole statali, che di norma non sono celibi. Tuttavia, quando Benedetto XVI ha raccomandato ai vescovi maggiore cautela prima di ordinare come sacerdoti seminaristi che manifestano un orientamento omosessuale, gli stessi media – compresa la BBC – che invocano misure durissime contro il rischio pedofilia hanno accusato il Papa di essere “omofobo”. Dov’è l’errore?
IL TIMONE – N.65 – ANNO IX – Luglio/Agosto 2007 pag. 14-15