Un Papa guerriero con gradi doti diplomatiche e pastorali. Difensore del primato romano in un’epoca di grandi turbolenze
In un periodo di decadenza del Sacro Romano Impero, la Chiesa guidata da Giovanni VIII (872-882) si erge a sola autorità organizzata in grado di guidare con energia e sicurezza l'Occidente. Giovanni VIII è un grande sostenitore del primato della Chiesa di Roma che impone, insieme a una più efficace disciplina ecclesiastica, in ogni occasione con discorsi, scritti, scelte pastorali e politiche.
Di probabile origine longobarda, Giovanni nasce a Roma dove svolge il ruolo di arcidiacono. Amico dell'imperatore Ludovico Il (855-875) e collaboratore di papa Niccolò I (858- 867), è noto per la volontà ferrea e la prudenza negli affari. Viene eletto Papa all'unanimità lo stesso giorno della morte di Adriano Il (867-872), il 14 dicembre 872. Nonostante l'età avanzata, non manca di energia e determinazione.
Nell'875 muore l'imperatore Ludovico Il, l'ultimo degli imperatori Carolingi degni di questo nome. Con lui se ne va la completa indipendenza dell'Impero: d'ora in poi, il papato "invaderà" sempre più l'ambito civile a causa della costante disgregazione di ciò che rimane del glorioso Sacro Romano Impero. Ludovico Il era un efficace baluardo di fronte alle violente scorribande dei Saraceni. Con la sua morte, la situazione si fa insostenibile. I Saraceni incrementano le razzie e dilagano fino alle porte di Roma, saccheggiando conventi, poderi e distruggendo tutto. Giovanni VIII chiede aiuto ai nobili italiani per formare un fronte comune, soprattutto al Sud, ma senza successo. Decide così di mettersi lui stesso a capo di un piccolo esercito. Costituisce una flotta prendendone personalmente il comando: è la prima volta che un Papa scende direttamente in campo come ammiraglio in operazioni militari. Riesce nell'impresa di sconfiggere la flotta saracena al largo di Capo Circe infliggendo pesanti perdite: cattura 18 vascelli e libera più di 600 cristiani. È una vittoria importante, ma non determinante. Anzi, la minaccia saracena non accenna a diminuire. Così, lasciato solo, dopo la vittoria si vede costretto a pagare un pesante tributo ai mori per assicurare una pacifica convivenza.
Ludovico Il non aveva lasciato eredi maschi legittimi e, non essendoci una norma che regolasse situazioni di questo tipo, due pretendenti avanzano le loro candidature: Carlo il Calvo di Francia (823-877), sovrano dei Franchi occidentali, e Ludovico di Germania (806 ca-876). Giovanni VIII arroga a sé la questione, designando unilateralmente Carlo il Calvo, anche se il più accreditato per indicazione specifica di Ludovico in punto di morte era Carlomanno (828-880), figlio primogenito di Ludovico il Germanico.
Ma Carlo il Calvo dà al Papa maggiori garanzie per la difesa del territorio, oltre che per la sua cultura e pietà personale. Viene così incoronato a Roma dal Papa in San Pietro nel Natale dell'875. La cerimonia ricalca quella di 75 anni di prima, quando era stato incoronato Carlo Magno (742- 814), ma da allora sono mutati i rapporti di forza: quella volta, la corona era stata conferita sulla base del diritto ereditario imperiale e il Papa celebrò l'incoronazione su concessione del sovrano temporale; ora è il pontefice che in piena autonomia assegna la corona al suo prescelto sulla base di considerazioni di utilità personali. Il papato, in neanche un secolo, ha ribaltato i rapporti di forza con il potere secolare, diventando la guida della società oltre che delle Chiesa.
Carlo il Calvo, però, ben presto delude le aspettative di Giovanni, non mantenendo gli impegni di difesa e protezione. Muore improvvisamente nell'ottobre dell'877.
Si ripresenta il problema della successione al trono imperiale. Il partito filo-tedesco sostenitore di Carlomanno, appoggiato dai duchi di Spoleto e della Tuscia, minaccia seriamente il Papa che temporeggia. I duchi sobillano una sollevazione a Roma e per un mese Giovanni VIII è incarcerato, mentre la popolazione romana è costretta a giurare fedeltà a Carlomanno. Quando finalmente si libera, il Papa si rifugia in Provenza. Incorona nell'881 il secondo figlio di Ludovico il Germanico, Carlo il Grosso (839-888), facendosi ancora una volta arbitro negli affari imperiali. Ma anche questo sovrano non corrisponderà alle aspettative.
Nel frattempo in Oriente, Fozio (810- 891), il patriarca di Costantinopoli esiliato e scomunicato nell'869, si riappacifica con l'imperatore Basilio (867-886) dopo che nell'877 muore Ignazio, illegittimo patriarca che Fozio aveva spodestato illecitamente.
Basilio chiede a Giovanni VIII di riconoscere la legittimità di Fozio. Il Papa, l'unica autorità che può stabilire l'allontanamento di un vescovo o il suo ripristino nella sua sede, in quanto Cristo lo ha rivestito con un primato sia d'onore sia di giurisdizione su tutta la Chiesa, invia i sui legati per fare luce sull'intrigata questione, sperando di risolvere il contenzioso e combinare un'alleanza tra Roma e Costantinopoli in funzione antisaracena. Il Pontefice pone condizioni: Fozio deve chiedere perdono per gli errori passati, ritrattare le accuse di eresia lanciate verso Roma e Costantinopoli deve rinunciare alla giurisdizione sulla Bulgaria, considerandola "dipendente" da Roma.
Fozio convoca un sinodo nel novembre 879 nella chiesa di Santa Sofia, a Costantinopoli, cui partecipano i legati papali muniti di una missiva di Giovanni che concede la reintegrazione di Fozio alle suindicate condizioni. Ma Fozio proclama una lettera "diversa", nella quale spariscono i vincoli e vengono sottolineati solo i suoi presunti meriti personali. I legati per debolezza non la contrastano, e anche Giovanni VIII con molta diplomazia non controbatte per non compromettere ancora una volta i rapporti con l'Oriente. I frutti arrivano presto. L'imperatore Basilio invia alcune navi che contribuiscono a sconfiggere la flotta saracena al largo di Napoli, togliendo in po' di pressione all'assedio dello Stato pontificio. Giovanni VIII riafferma il primato di Roma anche nella difesa di Metodio (m. 885), arcivescovo di Smirne e legato papale per la Moravia e la Pannonia, cariche ottenute grazie al brillante lavoro di evangelizzazione e conversione presso i popoli Slavi. La Chiesa di Strasburgo, che reclama come "propri" i territori della Pannonia, rinchiude Metodio in un convento con un regime molto rigido di detenzione. Giovanni lo libera nell'873, scomunicando chi lo aveva incarcerato. Successivamente, per accertarsi della purezza della liturgia di Metodio, il Papa lo convoca a Roma. Metodio con umiltà soddisfa le questioni poste dal Papa, che gli concede di celebrare anche in lingua slava perché "Dio ci esorta a lodarlo in tutte le lingue, non solo in quella latina, ebraica e greca», con la condizione che il Vangelo venga sempre proclamato anche in latino.
Giovanni VIII introduce alcune norme pastorali significative: i vescovi hanno l'obbligo di predicare la parola di Dio; viene proibita la messa in case private senza l'autorizzazione del vescovo; si riafferma l'illiceità dell'abbandono del coniuge.
Muore il 16 dicembre 882 avvelenato da una congiura di suoi parenti. •
Il Timone – Settembre/Ottobre 2014