Un santo Papa, difensore della vera fede al tempo dell’eresia ariana. Si adopera per difendere il Concilio di Nicea e il vescovo Atanasio, paladino dell’ortodossia dagli attacchi degli eretici.
Il pontificato di san Giulio I (337-352) si svolge nel momento più aspro dello scontro con la subdola eresia ariana. Proprio la sua personalità energica e decisa contribuisce a mantenere la Chiesa sulla retta via della Verità.
Il merito di Papa Giulio I, romano, figlio di un certo Rustico, è che nonostante sia strattonato dalla Chiesa orientale perché si orienti dottrinalmente in merito all’allora dibattuta questione trinitaria in senso più ariano, riesce a smarcarsi e a riaffermare con forza l’ortodossia, ribadendo la preminenza della sede di Roma sulle altre diocesi non solo a livello onorifico ma a livello giurisdizionale.
Senza cedere alla minaccia di un possibile scisma, ribadisce in maniera netta e perentoria che l’autorità massima cui i vescovi devono rivolgersi per risolvere questioni dottrinali, disciplinari e giudiziarie è il parere insindacabile del Papa.
L’opera dei vescovi orientali riottosi riprende vigore proprio con l’elezione di Giulio I, avvenuta il 6 febbraio del 337, e la quasi contemporanea morte dell’imperatore Costantino (23 maggio 337), con conseguente divisione dell’impero fra i tre figli. Costantino è battezzato sul letto di morte da Eusebio, vescovo di Nicomedia (m. 342 ca.), già compagno di studi di Ario. È un prelato ambizioso, scomunicato ed esiliato in Gallia per le sue idee ariane. Capeggia la schiera dei vescovi eretici orientali i quali confermano al Papa con una missiva le loro simpatie per le dottrine di Ario, nonostante la Chiesa, con il concilio di Nicea del 325, le abbia definitivamente condannate, riaffermando che Gesù è consustanziale al Padre.
Inoltre, gli ariani tentano di impedire il ritorno nelle loro sedi episcopali ai due vescovi difesi strenuamente da Giulio I, Atanasio di Alessandria (m. 373) e Marcello d’Ancira (m. 376 ca.), esiliati dopo il conciliabolo di Tiro del 335 perché fedeli all’ortodossia. Atanasio, vescovo forte e combattivo, reagisce e dopo essere ritornato ad Alessandria dall’esilio di Treviri manda i suoi legati dal Papa per difendersi dagli attacchi degli ariani. to Papa, difensore della vera Fede al tempo
L’eresia ariana è professata dal colto e irreprensibile presbitero libico Ario (280-336). Egli nega la divinità di Gesù Cristo, che per lui sarebbe solo la prima creatura che Dio ha tratto dal nulla, anche se poi si è unito così intimamente alla volontà di Dio, che deve essere considerato come suo Figlio. Lo stesso dicasi dello Spirito Santo.
Secondo Ario, solo Dio è vero Dio; diversamente, saremmo in presenza di una religione politeista. La formula secondo cui il Figlio è “homoousios” (“della stessa sostanza, consustanziale”) che rimarca l’esatta dottrina di sempre della fede cattolica crea malumore in Oriente.
Papa Giulio convoca un concilio nel 340 a Roma per esaminare la questione di Atanasio, che viene giudicato innocente e non colpevole dei misfatti attribuitigli dagli avversari. Pregevole la risposta di Giulio agli eusabiani, vero e proprio capolavoro di dignità e di nobiltà, nella quale confuta le loro accuse e rileva la loro ambiguità di atteggiamento nei confronti di Atanasio. Il Papa rimprovera inoltre ai vescovi orientali di aver condannato dei pastori in modo unilaterale, senza aver rimesso la questione all’intero episcopato riunito sotto la guida del Pontefice. Queste le parole di Giulio I, con le quali riafferma che le decisioni di carattere giuridico/legislativo, anche delle sedi orientali, spettano al vescovo di Roma: «…e non sapete che la regola canonica era di ricorrere anzitutto alla nostra autorità, da cui doveva venire la decisione?
Tale è la tradizione che ricevemmo dal beato apostolo Pietro e io la credo così universalmente condivisa che non la ricorderei se non mi costringessero le deplorabili circostanze».
Nel concilio di Antiochia del 341 però i seguaci di Eusebio rifiutano la riabilitazione di Atanasio. A questo punto, Giulio I convince l’imperatore orientale Costanzo II (336-361) tramite suo fratello, l’imperatore d’Occidente Costante I (337-350), riguardo la necessità di far svolgere un Concilio nel 343 a Sardica (l’attuale Sofia), sede scelta perché di confine tra gli episcopati orientali e occidentali.
Ma quando la delegazione orientale viene a sapere che parteciperanno al Concilio anche Atanasio e Marcello, rendendosi conto di essere in minoranza, si ritira con ostentata indignazione e arroganza, scrivendo una lettera in cui si conferma la condanna di Atanasio e si “scomunicano” i vescovi occidentali compreso il Papa, indicato come la fonte di tutti i mali del tempo.
Il Concilio è aperto dal delegato di Giulio I, Osio vescovo di Cordova, alla presenza di un centinaio di vescovi fedeli alla dottrina ortodossa di Roma. Il Concilio si rivela fondamentale, in quanto viene
sancito definitivamente il principio che se un vescovo ritiene di essere stato spodestato ingiustamente dalla sua sede deve appellarsi al Papa per dirimere la questione.
Fino ad allora, la preminenza anche giuridica del Pontefice era attestata per lo più dalla Tradizione accettata per consuetudine dai più. Da quel momento, sono dei provvedimenti conciliari che decretano la giurisdizione suprema di Roma e la sua centralità per le cause ecclesiastiche.
Si ribadiscono tutte le decisioni prese nel Concilio di Nicea e Atanasio è dichiarato innocente dalle accuse che gli vengono mosse. Sono scomunicati tutti i vescovi che hanno avuto dei contatti con i vescovi ariani, Atanasio è riabilitato e la dottrina trinitaria di sempre è riconfermata e riconosciuta da tutti.
Segue un periodo di scontri e di lotte politico- religiose che ruotano intorno alle posizioni ortodosse-ariane contribuendo a creare in Oriente un clima da caccia alle streghe con l’appoggio dell’imperatore Costanzo, diventato nel frattempo unico sovrano.
Atanasio può ritornare nella sede di Alessandria solo nel 346 dopo il secondo esilio, accompagnato da una lettera di Giulio che ne tesse le lodi per la sua perseveranza nell’ortodossia.
Viene accolto con grandi feste, ottenendo in tal modo il giusto riconoscimento per il suo servizio alla Verità. Altro successo per Giulio I è la conversione dei due vescovi filo-ariani Urascio e Valente, che nel 347 rinnegano con umiltà e onestà i loro errori e rientrano nella comunione con Roma.
Giulio ha anche il merito di aver costruito diverse chiese ed edifici ecclesiastici a Roma. A lui si fa risalire, nel 337, la prima celebrazione del S. Natale il 25 dicembre.
Muore il 12 aprile 352 ed è seppellito nel cimitero di Calepodio sulla via Aurelia. â–
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