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15.12.2024

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Quarant’anni di Concilio
31 Gennaio 2014

Quarant’anni di Concilio

 


 

 
Quando se ne parla finisce in polemica. Conclusosi nel 1965, ancora oggi qualcuno lo considera l’«evento» che ha rivoluzionato la Chiesa. Bisogna invece studiarne i documenti.
 
 

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) ritorna a fare notizia, in coincidenza con il prossimo quarantesimo anniversario della sua chiusura, avvenuta l’8 dicembre 1965. È bastata l’uscita di un libro, scritto dal vescovo Agostino Marchetto, in cui si critica l’interpretazione ideologica del Concilio fornita dalla “scuola bolognese” di Giuseppe Alberigo e Alberto Melloni, nata sulla scia dell’insegnamento e della testimonianza di don Giuseppe Dossetti (1913-1996), per suscitare una reazione della “scuola” con alcune interviste; inoltre, è stata pubblicata una sintesi di 200 pagine dei lavori sul Concilio che Alberigo e i suoi collaboratori hanno scritto in questi anni, uscita per la casa editrice il Mulino.
Tale interpretazione tende, secondo mons. Marchetto, a sopravvalutare l’«evento» Concilio rispetto a una faticosa e fastidiosa ricerca sui documenti conciliari. Un «evento» rivoluzionario, che avrebbe sconvolto la prassi abitudinaria della Chiesa in Occidente, mettendo in discussione la Chiesa e il suo rapporto con il mondo dopo la vittoria militare dell’imperatore Costantino nel 312, che aveva dato alla Chiesa cattolica la libertà di predicare il Vangelo all’interno dell’Impero. La Chiesa costantiniana, compromessa con il potere temporale, e quella successiva alla Controriforma, nata dai decreti del Concilio di Trento (1545-1563), dopo l’«evento» Vaticano II avrebbero dovuto lasciare il posto a una Chiesa profetica e libera, ritornata idealmente alle origini della sua storia. Questa Chiesa avrebbe dovuto limitarsi a una pura testimonianza evangelica, senza preoccuparsi di fare diventare cultura, cioè criterio di giudizio condiviso, la propria fede vissuta e pensata e soprattutto avrebbe dovuto ben guardarsi dal tentare di dar vita, neppure indirettamente, tramite l’azione temporale del laicato, a una società cristiana, a una cristianità.
Di questa lettura della storia non vi è traccia nei documenti del Vaticano II, anzi in alcune occasioni vi si legge il contrario, per esempio a proposito dell’apostolato dei laici: «L’ordine temporale deve essere instaurato in modo che, nel rispetto integrale delle leggi sue proprie, esso sia reso ulteriormente conforme ai principi della vita cristiana e adattato alle svariate condizioni di luogo, di tempo e di popoli» (Decreto sull’apostolato dei laici, 7) ed è per questo che mons. Marchetto denuncia il modo ideologico di presentare la storia del Concilio nei volumi diretti da Alberigo, accusando tali modi di aver esaltato l’«evento» a discapito dei documenti, di aver creato un mito, il Concilio, voluto dall’eroe, Giovanni XXIII, poi imbrigliato dal Papa successivo, Paolo VI, il grigio burocrate che avrebbe spento la fiamma dell’«evento». Un Concilio così inteso cessa di essere il XXI della storia della Chiesa per diventare il primo di un’altra compagine ecclesiale.
Bisogna riconoscere alla “scuola bolognese” di aver studiato i fatti, di aver raccolto tante testimonianze e diari, di aver sfruttato le tante agevolazioni e i tanti aiuti che l’istituto fondato da don Dossetti ha ricevuto in cinquant’anni di attività. Come ha auspicato anche il card. Camillo Ruini, bisogna studiare, e molto, per rimediare al danno interpretativo fornito dall’unica storia del Vaticano II in circolazione. Studiare, perché non basta opporvisi con una modalità d’approccio al Concilio uguale e contraria, come fanno diversi ambienti “tradizionalisti” sparsi nel mondo, oppure opporre al Vaticano II e ai suoi effetti la tattica della “riduzione del danno”, praticata
da coloro che non si sforzano, o non riescono, a comprendere qual era il messaggio conciliare e allora cercano di fare in modo che se ne parli il meno possibile, appunto perché ritengono così facendo di attenuarne gli effetti negativi.
Questo non è possibile. Un Concilio ecumenico è cosa troppo grande per poter essere “banalmente” liquidato. Oltre 3000 padri conciliari, vescovi e cardinali, riuniti in assemblea per tre anni, hanno promulgato costituzioni, decreti e dichiarazioni che hanno profondamente segnato la storia della Chiesa e fanno parte integrante del patrimonio cattolico. Bisogna capirne il contenuto, andare alle fonti, cioè ai documenti, come avviene per ogni realtà che voglia riscoprire la sua ragion d’essere: ritornare al carisma originario, valutare se viene accolto e amato, correggere abusi e false interpretazioni, tenendo conto che il Concilio, il primo nell’era dei mezzi di comunicazione di massa, è stato “stravolto” anzitutto dai media e con queste stravolture è stato recepito dall’opinione pubblica.
Bisogna capirne anzitutto l’intenzione missionaria. Il discorso inaugurale al Concilio del beato Giovanni XXIII, l’11 ottobre 1962, aiuta in questo senso e non a caso Giovanni Paolo II lo ha definito l’inizio della “nuova evangelizzazione”. La Chiesa assediata da almeno duecento anni, dalla Rivoluzione del 1789, intuisce che la crisi radicale che ha investito l’Europa staccandola dalle sue radici colpirà anche gli stessi rivoluzionari promotori della crisi. Ciò accadrà un quarto di secolo più tardi, con la caduta del Muro di Berlino, quando i vertici del comunismo mondiale denunciano la sconfitta della loro utopia e rinunciano alla rivoluzione mondiale.
Il mondo occidentale però non guarisce dalla malattia e conosce la disperazione del “pensiero debole”, del pensiero che non professa neppure più l’errore delle ideologie perché non crede possibile trovare senso e significato alla vita. Questo “pensiero disperato” corrode la civiltà e la cultura e odia la Chiesa in quanto portatrice della speranza della verità, ma non è in grado di suscitare entusiasmi di alcun genere e si arrende di fronte alla minaccia del fanatismo e del terrorismo di matrice islamica, che appare sulla ribalta del mondo dopo la fine del conflitto ideologico.
Allora ci si renderà conto che l’intuizione conciliare di trasformare una Chiesa abituata a essere l’anima della società ancora almeno parzialmente cristiana in una Chiesa anzitutto missionaria era un’intuizione provvidenziale quando, dopo il 1989, i cattolici si trovano ad affrontare una società disfatta, nella quale bisogna spesso ritornare a insegnare il Catechismo e a testimoniare il Vangelo come all’inizio della prima evangelizzazione. Il mondo post-moderno attira così la compassione della Chiesa, che invita i suoi fedeli a usare la misericordia (la «medicina della misericordia», dirà Giovanni XXIII sempre nel discorso di apertura), come misteriosamente aveva annunciato il Signore alla suora polacca santa Faustina Kowalska trent’anni prima, in piena guerra ideologica, prima che la nazione polacca subisse la duplice invasione nazionalsocialista e comunista.
Questo senso missionario da attribuire al Concilio e ai suoi documenti non deve far dimenticare i problemi che sollevò, che erano reali e gravi come testimoniano i diversi diari di padri conciliari, fra cui la testimonianza dello stesso card. Ratzinger, e che suscitarono vere e proprie crisi di coscienza in molti fedeli anche di alto spessore morale, per esempio di fronte all’ostpolitik vaticana verso i paesi comunisti. Tuttavia questi problemi, queste divisioni e anche scontri drammatici, che hanno contraddistinto la seconda metà del secolo scorso, non devono far dimenticare chi è il vero protagonista della storia, che la guida fino all’ultimo giorno, perché ne è il vero Signore, capace di ricavare il bene dal male, e di raddrizzare anche le righe storte, comunque non lineari, degli uomini.
A maggior ragione, quando si sente coinvolto dalla sua speciale appartenenza alla Chiesa cattolica.

 
 
 
 
RICORDA
 
«Nel Discorso di apertura, Papa Giovanni, pieno di speranza e di fede, esortò i Padri conciliari a rimanere da un lato fedeli alla tradizione cattolica e dall’altro a riproporla in modo adatto ai tempi nuovi. In un certo senso, l’11 ottobre di quarant’anni fa ha segnato l’inizio solenne e universale di quella che viene chiamata la “nuova evangelizzazione”».
(Giovanni Paolo II, Angelus del 13 ottobre 2002).
 
 
 
 
 
 
BIBLIOGRAFIA
 
I documenti del Concilio ecumenico Vaticano II sono raccolti in Enchiridion Vaticanum, 1. Documenti ufficiali del Concilio Vaticano II 1962-1965, EDB, 2002 (18 ed.). Una utile introduzione storica è quella di Annibale Zambarbieri, I Concili del Vaticano, San Paolo, 1995.
Importante è l’opera di storiografia di Agostino Marchetto, Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua storia, LEV, 2005; le riflessioni del card. Ratzinger sul Vaticano II sono contenute nel suo La mia vita. Autobiografia, San Paolo, recentemente ristampato. Un buon testo critico della vulgata postconciliare è Leo Scheffczyk, La Chiesa. Aspetti della crisi postconciliare e corretta interpretazione del Concilio Vaticano II, con presentazione di J. Ratzinger, Jaca Book, 1998.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
IL TIMONE – N. 46 – ANNO VII – Settembre/Ottobre 2005 – pag. 58 – 59
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