Quattro passi tra le nuvole

Volendo proseguire la strada del riscoprire piccoli o grandi capolavori, magari un po'
dimenticati, nella scelta di questo mese mi sono senz'altro fatto condizionare dall'ultimo festival di Venezia dove, secondo molta critica cinematografica, ha trionfato il cinema "impegnato…" (chi vi legge una "velata" polemica, ha letto bene) È così, che senza nessun dubbio ho pensato a "Quattro passi tra le nuvole", perfetto esempio di cinema "agrodolce" che fondava le sue radici nella commedia, ma che stava preparando la fioritura del neorealismo (non a caso la sceneggiatura porta la firma anche di Cesare Zavattini). La storia è quella di un commesso viaggiatore, infelice della propria vita familiare, che durante un viaggio di lavoro incontra una ragazza angosciata per il ritorno a casa. La ragazza è incinta e non ha il coraggio di ripresentarsi alla sua famiglia. Il commesso viaggiatore si fingerà per un giorno il marito, giusto il tempo di spiegare al padre della ragazza la situazione e far riaccogliere con tutto l'affetto la giovane nella comunità familiare. Per il commesso viaggiatore c'è la consapevolezza d'aver vissuto una giornata che può aver riscattato la sua opaca esistenza, ma che non gli consente di sopportare l'amarezza del ritorno a casa. Il film, nella sua semplicità, affronta temi che, non solo per l'epoca (siamo nel 1942), si prestano a notevoli discussioni, sia storiche che morali. In più c'è una realizzazione tecnica veramente straordinaria, dove cast artistico e tecnico dimostrano un grandissimo affiatamento. Da vedere e da far vedere a tutti coloro che parlano di cinema impegnato.