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12.12.2024

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Quella passione per santità e eroismo
31 Gennaio 2014

Quella passione per santità e eroismo

 

 

 

Fenomeno per certi versi inspiegabile, quello delle giovani generazioni che oggi sono interessate a proposte concernenti il binomio santità-eroismo. Al cinema e sui libri non fa più scandalo. Un segno dei tempi?

 

 

Il degrado dei costumi e della sensibilità del nostro tempo è grave, ma non deve nasconderei l’altra faccia della medaglia. Un certo mondo giovanile, sempre più numeroso, manifesta una crescente tendenza a ricuperare alcuni valori tradizionali, sintetizzabili nel binomio santità-eroismo: onore, fedeltà, lealtà, amicizia, solidarietà, tenacia, coraggio, combattività, spirito di sacrificio, senso della famiglia e della patria. Nata e cresciuta in una società fortemente instabile e frammentata, la giovane generazione avverte il bisogno di conoscere, amare e imitare qualcuno che le dia certezze. Ecco perché apprezza sempre più certe figure d’ordine e istituzionali, come il poliziotto, il soldato, il giudice, il medico e anche il prete. Quest’analisi viene confermata da un fatto significativo: il crescente successo di quanto tratta del binomio santità-eroismo.
Consideriamo ad esempio la situazione televisiva. Ogni volta che viene trasmesso qualcosa che parla di religione o eroismo, l’ascolto e soprattutto il consenso degli spettatori sale, superando quello dei programmi “trasgressivi”. Lo dimostra il grande successo dei recenti programmi che hanno raccontato la vita di san Paolo, san Francesco, sant’Antonio, santa Rita, don Bosco, Padre Pio, Papa Giovanni XXIII, Madre Teresa di Calcutta. La trasmissione su Madre Teresa, ad esempio, ha avuto spettatori e consensi superiori al Grande Fratello. Un fenomeno analogo è il successo che hanno le fiction dedicate all’antica Roma, e ancor più le trasmissioni dedicate a figure nobili ed eroiche, come quella su Perlasca o Borsellino, o che esaltano le forze dell’ordine, come quelle sul Maresciallo Rocca, sul capitano Ultimo, su La Squadra o anche su Don Matteo. Prendiamo un fenomeno sociale all’apparenza incomprensibile. Fra i giovani si manifesta da tempo un ritorno d’interesse per il Medioevo e per temi tipicamente medioevali, come la cavalleria, la crociata, il pellegrinaggio; un analogo interesse ha coinvolto anche certi temi dell’antichità classica. Questo fenomeno si manifesta nel successo che stanno avendo tutti i prodotti che propagandano temi medioevali o greco-romani. Libri, riviste, dischi, film, video musicali e video-giochi che illustrano pellegrinaggi, castelli, cavallerie, armate, tornei, guerre, crociate, perfino gladiatori e pirati: tutto ciò viene oggi molto richiesto da giovani e giovanissimi. A questo possiamo aggiungere il crescente successo che stanno avendo fra i giovani le iniziative pubbliche in cui vengono letti e commentati, e talvolta visivamente rappresentati, alcuni capolavori dell’antichità classica (lliade, Odissea, Eneide) e del medioevo (La Divina Commedia, La Canzone di Orlando, I Cantari del Cid): il che conferma il fascino esercitato dal binomio eroismo-santità, anche quando ha colori alquanto arcaici.
L’aspetto forse più sorprendente di questo fenomeno è la crescente richiesta e produzione di film che trattano dei valori sopra accennati. Il capostipite di questi film è stato probabilmente Braveheart (“Cuore impavido”, di Mel Gibson), uscito nel 1995 ottenendo un successo tanto grande quanto inatteso. Da allora è stato un crescendo. Sono usciti nel 1998 Salvate il soldato Ryan (di S. Spielberg) e La sottile linea rossa (di T. Malick); nel 2000 ” Gladiatore (di R. Scott), ” Patriota (di R. Emmerich) e U-571 (di J. Mostow); dal 2001 al 2003 la trilogia del Signore degli Anelli (di P. Jackson); nel 2001 Black Hawk Down (di R. Scott), Il Mestiere delle armi (di E. Olmi), Il destino di un cavaliere (di B. Helheland) e I cavalieri che fecero l’impresa (di P. Avati); nel 2002 Le quattro piume (di S. Kapur), Eravamo soldati (di R. Wallace) ed EI Alamein (di E. Monteleone); nel 2003 Master and Commander (di P. Weir), Il primo cavaliere (di J. Zucker) e L’ultimo samurai (di E. Zwick); nel 2004 Troia (di W. Petersen), Re Artù (di A. Fuqua), Eroe (di Z. Yimou) e soprattutto il celebre La Passione di Cristo (di M. Gibson). Questa ondata non è finita, perché sono in arrivo nuove pellicole dello stesso genere, come Alessandro Magno, Tristano e Isotta, Il mistero dei Templari, Il Regno dei Cieli (dedicato alle Crociate). Non tutti questi film sono culturalmente validi e moralmente accettabili; ma la cosa più interessante è che molti di essi sono stati campioni d’incassi, proprio per merito del pubblico giovanile. Oltre al sorprendente caso di The Passion, tipico esempio di pellicola incentrata sul binomio santità-eroismo, è significativo il travolgente successo ottenuto dalla trilogia del Signore degli Anelli, specialmente dall’ultimo episodio (Il ritorno del Re): in pochi mesi questo film è diventato il secondo prodotto di maggior incasso nell’intera storia del cinema e ha ottenuto ben 11 premi Oscar; perfino le feste estive de “L’Unità” lo hanno dovuto inserire nel cartellone dei film preferiti!
Questo curioso “medioevalismo” di ritorno non si limita all’aspetto letterario o visivo, ma cerca anche di ricuperare uno stile di vita che incarni i valori e la mentalità tradizionale storicamente attribuiti ai secoli cristiani. Ad esempio, in molte città si assiste allo sforzo di rianimare o risuscitare feste, gare, tornei, parate, processioni, pellegrinaggi, perfino ferie di meditazione nei conventi; questo revivai sta diffondendosi perfino in nazioni che non hanno avuto un Medioevo, come gli Stati Uniti d’America. Il ritorno d’interesse per il Medioevo o l’antica Roma è anche una moda, certo, ma non solo questo. Esso ci fa capire che stiamo assistendo ad un fenomeno più profondo di un superficiale apprezzamento estetico o sentimentale per l’incenso, il saio, la corona e l’armatura. Certo, l’eroismo non comporta di per sé la santità, in quanto vi può essere eroismo senza santità. Ma non vi può essere santità senza eroismo e, soprattutto, l’eroismo è la preparazione più naturale e prossima alla santità, specialmente nei tempi difficili. Se un uomo è disposto a sacrificarsi per un autentico valore, egli è già nella disposizione d’animo adatta per arrivare a sacrificarsi per il Valore supremo, cioè Dio, perché ritiene che la vita non è fine in sé ma solo un mezzo per realizzare una missione.
Questa mentalità, che nei tempi antichi preparò la conversione dell’impero romano e poi dei regni barbarici al Cristianesimo, è già implicitamente religiosa. Se non pochi fra i nostri ragazzi vanno oggi interessandosi per l’eroismo, ciò vuoi dire che stanno prendendo la strada che porta alla santità, qualunque nome essi diano a questa meta luminosa e incandescente. Quest’appetenza è sorprendente in un’epoca come la nostra. Mentre la generazione “sessantottina” ha rinnegato quei valori che aveva ereditato e ha combattuto quelle istituzioni delle quali aveva beneficiato, oggi molti dei suoi figli o nipoti rifiutano il progressismo, il buonismo e il pacifismo e desiderano ricuperare certezze, sicurezze, ordine e (vera) pace. Questi giovani non hanno mai conosciuto gli splendori della Cristianità, sono nati molto tempo dopo la fine della Civiltà Cristiana e vivono in piena crisi della Chiesa. Eppure, sono attratti e talvolta entusiasmati dai valori classico-cristiani e si attaccano alla loro memoria e alle loro vestigia; quindi ammirano e amano qualcosa che non hanno mai visto, desiderano e cercano qualcosa che non hanno mai conosciuto. Questo fenomeno non è umanamente spiegabile e può essere causato solo da un intervento della Divina Provvidenza, la quale vuole farci capire che non estinguerà il lucignolo che riprende a scintillare, ma anzi lo riaccenderà più splendente di prima, innanzitutto per rinnovare la propria gloria, ma anche per ricompensare una generazione che, come diceva sant’Agostino della propria, «avendo sperato in ciò che non poteva vedere, merita di vedere quello in cui ha saputo sperare».

IL TIMONE – N.40 – ANNO VII – Febbraio 2005 pag. 18 -19

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