Ho ricevuto, per conoscenza, una lettera che un lettore cattolico ha inviato il 31 gennaio 2007 alla Rai.
La riportiamo nella sua interezza, perché merita. Eccola qua: «Spett.le RAI, nel corso del 2006 la TV di Stato ha mandato in onda il film “Il padre delle spose” con Lino Banfi. La messa in onda, in prima serata, era preceduta da una frase di cui non ricordo le parole esatte, ma che suonava così: “Data la delicatezza dell’argomento, i bambini possono vedere la trasmissione solo se affiancati da un adulto”. Considerato che:
a) un bambino non prova alcun interesse per la vicenda amorosa tra due lesbiche; b) l’unica motivazione che poteva spingere un bambino a vedere la trasmissione era la presenza di Lino Banfi (l’ex “nonno Libero”);
c) la presenza di Lino Banfi ha quindi fatto da traino per una trasmissione che i bambini era bene non vedessero “data la delicatezza dell’argomento”;
d) la presenza di un adulto non tutela il bambino sui temi dell’omosessualità, perché la grande maggioranza degli adulti ha dell’omosessualità un’idea erronea (credono erroneamente che l’omosessualità sia di origine genetica, o di origine ormonale, o genericamente “di natura”);
e) la visione da parte dei bambini, inevitabile data la presenza accattivante dell’ex nonno Libero, era voluta da parte della TV di Stato? o è stata solo una grave leggerezza? o che altro? questo non posso saperlo;
f) qualunque sia la motivazione, come utente giudico il fatto molto grave, perché va contro la tutela dell’identità maschile e femminile dei bambini;
g) il disturbo dell’identità di genere nell’infanzia è riconosciuto patologico dal manuale dei disturbi psichiatrici; la fiction, mostrando una vicenda amorosa tra lesbiche “sdoganata” dalla presenza di Banfi, ha generato confusione nei bambini. Pertanto, in accordo con mia moglie, ho preso le seguenti decisioni:
a) non pagherò il canone nei termini previsti;
b) attenderò, secondo quanto scritto nel vostro sito Internet, prima il recupero bonario e poi il recupero coattivo;
c) nel momento in cui deciderò di pagare, verserò contemporaneamente un contributo a una ONLUS o altra organizzazione idonea; la somma che verserò alla ONLUS sarà di importo tale da consentirmi, nel successivo modello 730, un recupero di tasse pari all’importo versato alla RAI, in modo che lo Stato non tragga alcun vantaggio dal pagamento del mio canone;
d) qualora in futuro dovessero ripetersi episodi di questa gravità, attiverò la procedura di suggellatura;
e) invierò per conoscenza questa lettera ai miei indirizzi e-mail. Cordiali saluti». Segue mittente completo.
Vi prego, cari lettori, di portare la vostra attenzione soprattutto sul punto c), perché mi pare che l’abbonato in questione abbia trovato finalmente un modo semplice ed efficace di farsi sentire. Già, perché è dimostrato che con la Rai le proteste a nulla servono, essendo l’ente un vero e proprio dicastero con migliaia e migliaia di dipendenti da mantenere, alcuni dei quali con onorari da vero nababbo. Senza contare i collaboratori esterni, naturalmente. E molti pretendono (e strepitano quando glielo levano) tale trattamento al solo scopo di far propaganda alla loro parte politico-ideologica. Sordi a ogni contumelia dell’utente e delle sue associazioni, sono tuttavia sensibili nel portafogli. Dunque, è quest’ultima la via maestra perché abbiano finalmente rispetto per chi li mantiene.
Sì, lo so, sono usi trincerarsi dietro al pluralismo e alla democrazia e alla libertà d’espressione e via petulando. Credo che il pluralismo sarebbe meglio servito se ogni parte politico-ideologica avesse, oltre alla sua rete (come già succede), anche la sua fetta di abbonati. Cioè, ogni elettorato si paghi la sua rete di riferimento e il telecomando faccia giustizia. Unicuique suum. Purtroppo, politici e tribunali su quest’unico punto sono sempre stati singolarmente concordi: hai un televisore? dunque, paga e sta’ zitto. Così, gli italiani si ritrovano in casa, nelle ore più indifese per giunta, la più grande modificatrice del costume che mente umana abbia concepito. Credete che la «modernizzazione» (uso questo termine castigato per carità di patria) dell’Italia sia avvenuta a causa del Sessantotto? Ma il Sessantotto nulla avrebbe potuto senza la televisione. È la televisione la Grande Educatrice nazionale. Proprio mentre fervevano le dispute attorno alla fiction con Lino Banfi, a uno degli implicati è scappato detto: «Ma la televisione deve educare!». Il che fa comprendere perchè i “giacobini” ci tengano tanto a impadronirsene e, se li cacciano, giù girotondi, lagne in teatro, vesti stracciate, accuse di dittatura a chi li ha mandati a spasso. Non arretrando nemmeno davanti al paradosso di libri-denuncia contro il padrone della casa editrice che li ha pubblicati.
Mi si dirà che le televisioni private non sono migliori. È vero, ma almeno sono gratis in quanto si sostentano con le inserzioni pubblicitarie. Invece la tele di Stato non solo ti obbliga al canone ma ti ammannisce anch’essa la pubblicità, facendoti, come si dice in Sicilia, becco e bastonato. Perciò mi sembra che la singolare forma di protesta di cui ho dato conto sia, se non altro, un tentativo di superare quelle pur benemerite associazioni di utenti che per forza di cose si fanno sentire solo a misfatto perpetrato. Anzi, non di rado offrendo propaganda gratuita ad autori di programmi televisivi che, privati dei cori di protesta, vedrebbero i loro capolavori vanificati da un semplice, stufo e annoiato clic di telecomando. Sì, perchè la migliore forma di protesta rimane sempre l’indifferenza: guardare altro e far crollare l’audience.
IL TIMONE – N.62 – ANNO IX – Aprile 2007 pag. 20-21