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13.12.2024

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Ratisbona rivive a Istanbul
31 Gennaio 2014

Ratisbona rivive a Istanbul

 

 

La “sfida della ragione” lanciata in settembre dalla Germania è diventata testimonianza concreta nel viaggio in Turchia. Un dialogo sulla Verità che ha abbattuto il muro di ostilità e diffidenza della vigilia. E ha posto l’unità tra cattolici e ortodossi a fondamento della rinascita dell’Europa

 

 

«Aprirsi all’ampiezza della ragione… E’ a questa vastità della ragione che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori». Queste parole di Benedetto XVI, pronunciate a conclusione del famoso discorso di Ratisbona dello scorso 12 settembre, possono essere usate come chiave di lettura per il viaggio compiuto in Turchia alla fine di novembre. La “sfida della ragione” lanciata nei confronti dell’Occidente secolarizzato quanto dell’islam fondamentalista è infatti ciò che ha contraddistinto la difficile missione nel Paese che lo stesso Papa ha definito «ponte» tra Europa e mondo islamico. Ed è su questa sfida che si basa il dialogo. Sbaglia perciò chi ha voluto vedere nello stile del viaggio in Turchia una “correzione” o addirittura un “tornare sui suoi passi” rispetto a Ratisbona, quasi che il Papa si fosse arreso al “dialogo” dopo aver accarezzato l’idea di un attacco frontale. Così come a Ratisbona, infatti, il Papa ha chiarito in Turchia qual è l’oggetto del dialogo, ovvero la Verità: «La questione riguardante il significato e lo scopo della vita, per ogni individuo e per l’intera umanità», come ha detto nel discorso al responsabile per gli Affari religiosi del governo turco, Ali Bardakoglu. E ancora, sempre davanti allo stesso interlocutore: «Un dialogo autentico tra cristiani e musulmani» deve essere «basato sulla verità ed ispirato dal sincero desiderio di conoscerci meglio l’un l’altro, rispettando le differenze e riconoscendo quanto abbiamo in comune». Non è solo un discorso: se a Ratisbona Benedetto XVI aveva dato una lezione accademica, con il viaggio in Turchia ha rischiato la sua persona in un incontro che alla vigilia della partenza sembrava quanto meno azzardato, tanto da spingere alcuni intellettuali ad appelli pubblici a non andare. E invece proprio la testimonianza vivente del Papa – sorretta dalla preghiera di tanti cattolici in Italia e nel mondo – ha fatto cadere quel muro di diffidenza e ostilità, tanto da far cambiare radicalmente atteggiamento all’opinione pubblica turca. Il Papa che dimostra amore e rispetto per il popolo turco, che ne valorizza la storia e la vocazione di ponte tra Europa e Asia, che cerca il dialogo sulla verità, predispone gli interlocutori all’ascolto e ad accogliere la “sfida della ragione”.
Dove si gioca concretamente questa sfida? Se la questione centrale «per ogni individuo e per l’intera umanità» è «il significato e lo scopo della vita», allora il primo terreno su cui questo si verifica è la libertà religiosa. E infatti è stato questo il tema ricorrente delle riflessioni di Benedetto XVI in Turchia: «La libertà di religione, garantita istituzionalmente ed effettivamente rispettata, sia per gli individui come per le comunità, costituisce per tutti i credenti la condizione necessaria per il loro leale contributo all’edificazione della società» (al responsabile per gli Affari religiosi); «(…) La libertà religiosa è un’espressione fondamentale della libertà umana e la presenza attiva delle religioni nella società è un fattore di progresso e di arricchimento per tutti» (al Corpo diplomatico turco); «La Chiesa non vuole imporre nulla a nessuno, chiede semplicemente di poter vivere liberamente per rivelare Colui che essa non può nascondere» (Omelia nella cattedrale di Istanbul); «Chiediamo con insistenza a tutti i leader del mondo di rispettare la libertà religiosa come diritto umano fondamentale» (Liturgia ecumenica per la festa di Sant’Andrea). E’ qui che si misura la vera laicità dello Stato, che consiste nella «chiara distinzione tra società civile e religione, così da permettere a ciascuna di essere autonoma nel proprio ambito, sempre rispettando la sfera dell’altra». In questo contesto il Papa ha valorizzato la scelta fatta dalla Turchia circa un secolo fa, con la creazione di uno Stato laico come voluto da Ataturk (di cui Benedetto XVI ha visitato il mausoleo), ma ha incoraggiato gli attuali governanti ad andare sino in fondo a questa scelta per «garantire la libertà effettiva di tutti i credenti e permettere loro di organizzare liberamente la vita della propria comunità religiosa». Proprio questa sana laicità permette di smascherare e isolare il fondamentalismo religioso che – come aveva detto a Ratisbona – è contro la natura di Dio: «Le religioni – ha detto il Papa al Corpo diplomatico turco – non cerchino di esercitare direttamente un potere politico, poiché a questo non sono chiamate e, in particolare, rinuncino assolutamente a giustificare il ricorso alla violenza come espressione legittima della pratica religiosa». 
Libertà e laicità, un discorso che vale anche per l’Europa dove prevale il tentativo di emarginare il fatto religioso. Ecco allora la necessità di «rinnovare la consapevolezza dell’Europa circa le proprie radici, tradizioni e valori cristiani, ridando loro nuova vitalità». Parole che non a caso Benedetto XVI ha pronunciato davanti al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, perché l’unità dei cristiani, a cominciare da cattolici e ortodossi, è essenziale per la missione evangelizzatrice della Chiesa: «Le divisioni esistenti tra i cristiani sono uno scandalo per il mondo e un ostacolo per la promozione del Vangelo», ha detto ancora nella stessa occasione. E si può ben dire che proprio l’appuntamento con gli ortodossi sia stata la parte centrale della visita in Turchia, la cui data non a caso è stata scelta a cavallo della festa di Sant’Andrea apostolo (30 novembre), patrono della Chiesa di Costantinopoli nonché fratello di Simon Pietro.
Pietro che visita Andrea nel giorno della sua festa, Benedetto XVI che abbraccia Bartolomeo I: anche senza parole, basterebbe questa immagine suggestiva per spiegare il grande desiderio della «piena comunione fra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli», oggi così «necessaria e urgente». In questa prospettiva «posso assicurarvi – ha detto ancora il Papa – che la Chiesa cattolica è pronta a fare tutto il possibile per superare gli ostacoli».
Proprio in questa occasione, Benedetto XVI ha ripreso ancora uno dei temi fondamentali della lezione di Ratisbona, ovvero l’importanza della cultura greca per il cristianesimo, che ancora di più sottolinea il perché a Roma sia necessaria l’unità con Costantinopoli. Infatti «l’apostolo Andrea rappresenta l’incontro tra la cristianità primitiva e la cultura greca», che ha profondamente segnato «la liturgia, la teologia e la spiritualità sia delle Chiese orientali sia di quelle occidentali». E allora, che l’abbraccio tra Pietro e Andrea «serva come spinta e gioiosa anticipazione del dono della piena comunione». Senza dimenticare che «Simone, nonostante la sua personale fragilità, fu chiamato “Pietro”, la “roccia” sulla quale sarebbe stata edificata la Chiesa». Affidandogli le «chiavi del Regno dei Cieli», Cristo gli diede il compito di «esercitare una responsabilità universale» sull’intero popolo di Dio.

Ricorda

«Ma qual è la “verità” che Cristo è venuto a testimoniare nel mondo? L’intera sua esistenza rivela che Dio è amore: è questa dunque la verità a cui Egli ha reso piena testimonianza con il sacrificio della sua stessa vita sul Calvario. La Croce è il “trono” dal quale ha manifestato la sublime regalità di Dio Amore: offrendosi in espiazione del peccato del mondo, Egli ha sconfitto il dominio del “principe di questo mondo” e ha instaurato definitivamente il Regno di Dio».
(Benedetto XVI, Angelus del 26 novembre 2006, solennità di Cristo Re).

IL TIMONE – N.59 – ANNO IX – Gennaio 2007 pag. 14 – 15

 

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