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14.12.2024

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Renè Guenon
6 Marzo 2015

Renè Guenon

Massone, sufi, esoterista, cultore della “tradizione”, membro di una chiesa gnostica. Figura poliedrica, inquietante, capace di affascinare, ma pericolosa e ingannevole. Purtroppo ha qualche ammiratore nel mondo cattolico

La figura di René Guenon (1886-1951) non è di quelle facili da inquadrare.
Studioso di simboli e “forme religiose” di varie tradizioni, (indù, cinese, cristiana, islamica e giudaica), della dottrina di varie scuole esoteriche e della massoneria, la sua influenza è andata gradatamente aumentando in settori importanti della cultura contemporanea. Viene oggi considerato come un interprete originale della crisi del mondo moderno e un fautore del ritorno alla tradizione, ma ad una tradizione – su questo è sempre stato molto chiaro – non affatto cristiana bensì gnostica e, al più, orientale.
Parte del fascino che esercita è legato alla sua contestazione del mondo contemporaneo, per decadenza e incomprensione dei simboli e delle forme tradizionali; tuttavia, la sua condanna non ha mai preso una linea precisa ed è sempre rimasta ambigua.
I suoi seguaci accusano chi evidenzia tale ambiguità di «non capire il maestro ». Ma l’ambiguità di Guénon è intrinseca al suo pensiero. Conosciuto prima della seconda guerra mondiale quale cultore di una “metafisica” che andrebbe oltre le manifestazioni storiche della religione (“l’exoterismo”) e che può essere compresa soltanto da chi si inizi alla gnosi illuminante (“esoterismo”), ha subìto un’eclissi durante gli anni dell’egemonia del pensiero marxista per poi tornare lentamente in auge. Si pensi che – per citare soltanto il caso francese – Jean Paulhan, il direttore della casa editrice Gallimard che pubblica Guénon, tra le più prestigiose al mondo, si dichiarava “guenoniano”. Non è più un pensatore proibito, gode di consensi e seguito – magari non esplicito – negli ambienti più insospettabili, nell’alta cultura di destra e sinistra.
Problematico è il fascino che esercita anche su molti cattolici, i quali trovano nelle sue parole sulla crisi del mondo moderno un’àncora stabile e un elogio della tradizione. Ma che tipo di tradizione? Esistono vari tentativi di accostare il pensiero di Guénon (e la massoneria) al cattolicesimo, come quello tentato, a più riprese, dal filosofo Jean Borella e da Jean Tourniac.
Ciò coincide con i fini degli ambienti più “progressisti” e fa sospettare che l’antimodernisno guenoniano non sia altro che una maschera. Di fatto, Guénon è un personaggio da considerare con cautela. Partiamo dalla sua storia: nato a Blois nel 1886, intelligente e curioso, si interessò presto a questioni spirituali. A Parigi frequentò vari istituti avvicinandosi a studi di induismo (senza conseguire lauree e dottorati), taoismo (per tramite di un francese affiliato ad una società segreta taoista) e dell’islamismo sufi (una variante eterodossa dell’islam). Venne in contatto con una scuola di arti magiche guidata da un certo dottor Encausse (Papus) e poi con varie scuole di magia ed esoterismo come il martinismo, una scuola esoterica dedita, tra l’altro, alla teurgia (evocazione di “angeli”).
Fondamentale fu per lui l’iniziazione nella massoneria degli alti gradi nella quale venne nominato, nel 1908, “Cavaliere Kadosh” da un personaggio tenebroso e influente in quel mondo, Theodor Reuss, capo di conventicole neotemplari dedite alla magia sessuale e omosessuale.
Guénon fu anche ammesso ad una chiesa gnostica, quella guidata dal “vescovo gnostico” Fabre d’Essarts.
Di tutte queste affiliazioni è quella massonica che non sarà mai rinnegata da Guénon.
Egli considererà sempre la massoneria come una delle pochissime possibilità di realizzazione spirituale in Occidente. Dopo il 1909 firma i suoi primi testi. Su La Gnose apparve il saggio Il demiurgo che contiene spunti prettamente gnostici che verranno sviluppati negli scritti successivi.
Egli sostiene l’inesistenza del male se non come «non conoscenza».
L’unico modo per sfuggire al male, ovvero al «demiurgo » cattivo, è possedere la gnosi mediante quell’iniziazione che il cristianesimo non può garantire. È palese, qui, il rigetto completo della visione cristiana. Scrive anche sulla rivista antimassonica cattolica France Chrétienne, polemizzando contro le logge martiniste dalle quali era stato espulso. Che un massone scrivesse su una rivista cattolica per difendere proprie posizioni era già un fatto curioso.
Eppure, grazie ad amicizie e relazioni insospettabili (guadagnò la fiducia di Jacques Maritain), riuscì – lui massone ed esoterista e presto sufi – a scrivere su riviste cattoliche integriste, come Regnabit, firmandosi con il nome, significativo, di “Sfinge”.
In questi casi ingannava i suoi referenti fingendosi cattolico. Questo gioco di mistificazioni sarà la cifra di tutta la sua attività e della vita stessa di Guénon. Se letti con attenzione, questi articoli (uno per tutti, quello dedicato al “simbolismo della croce”) si mostrano assai distanti da ogni concezione cattolica. L’autore, abilmente, occultava le proprie posizioni mentre criticava tendenze che allora inquietavano il mondo cattolico come il modernismo, il teosofismo e lo spiritismo.
Nel 1910 conosce personaggi che lo avvicineranno al mondo dell’esoterismo islamico e del sufismo, soprattutto Ivan Aguéli (1869-1917), il suo iniziatore. Questi era un avventuriero svedese coinvolto in operazioni di spionaggio e intelligence per conto di francesi e italiani, membro della società teosofica, pittore di qualche fama, femminista, libertario e anarchico.
A Il Cairo nel 1907 era stato iniziato a una confraternita sufi e fu lui, a sua volta, a iniziare il francese al sufismo trasmettendogli “l’influenza spirituale” (barakha) nel 1911. A lungo Guénon terrà nascosta questa sua iniziazione che diverrà una formale conversione all’Islam soltanto nel 1930.
Dopo la morte della prima moglie, Berthe Loury (1883-1928), e varie vicissitudini legate al sottobosco occultista parigino, Guénon si trasferisce a Il Cairo nel 1930 e qui sposa nel 1934 la figlia di uno sceicco locale adottando anche il nome arabo di Abd al-Wahid Yahya. Nei primi anni a Il Cairo, viene preso sotto la protezione di Valentine de Saint-Point (1875-1953), femminista, futurista e “sufi” a sua volta. La donna, ben introdotta nel mondo delle avanguardie europee, era stata definita da Gabriele D’Annunzio la sua «dama purpurea» (definizione che ricorda espressioni usate dal mago nero Aleister Crowley). Insomma, a giudicare dalle sue documentate frequentazioni, Guénon non abbandonò mai l’ambiente fumoso delle logge parigine anche quando iniziò a vivere in Egitto. Nel corso dei successivi 20 anni, Guénon non restò affatto un isolato come porterebbero a pensare certe sue biografie (è noto come «l’eremita de Duqqi»), ma si tenne legato
al mondo dell’Egitto francofono. Un mondo cosmopolita, al centro di intrighi e affollato di agenti segreti dove si cercavano vie per unificare l’Oriente, l’Occidente e il mondo islamico. Un mondo nel quale Guénon venne considerato un pensatore chiave.
La sua dottrina delle “forme tradizionali”, dei “cicli cosmici”, del prossimo “rovesciamento” della Storia, permearono molti ambienti. Durante la sua vita restò in contatto con i servizi segreti francesi e inglesi. Da un certo punto di vista la visione di Guénon, apparentemente tradizionale (e addirittura reazionaria), è in realtà modernissima. Non a caso, il suo iniziatore Aguéli era una specie di hippy, dedito a droghe e all’anarchia e Valentine de Saint-Point era una musa delle avanguardie.
Guénon tenne un profilo basso ma restò al centro di una fittissima rete d’interessi, relazioni intellettuali e collaborazioni. La sua continua raccomandazione ad attendere la fine del corrente ciclo storico, lasciando che la decadenza accelerasse, spingeva al pessimismo e alla rivoluzione.
Dopo l’apocalittico “rovesciamento” sarebbe risorta la “tradizione primordiale”. Di cosa si trattava? Del favoleggiato matriarcato dei primordi, un mondo di androginia e ferocia, che in forma storica si è manifestato nel tantrismo, come ebbe a dire un ammiratore di Guénon, l’indologo Alain Daniélou. Una lettura attenta rivela questo segreto negato del suo pensiero che lui indicava con il nome di “Quinto Veda”: gli insegnamenti tantrici.
Coperto da mille veli, mistificatore e prestigiatore abilissimo della propria persona e delle parole, il mistero di Guénon e il suo pericolo possono essere compresi soltanto ora, dato che le idee di cui fu enigmatico portatore sembrano vittoriose: il femminismo radicale (culto tantrico del femminile magico); l’importanza attribuita all’iniziazione (gnosi) in contrapposizione a fede e ragione; il culto della natura e dei primordi (che oggi ha forma nell’“ecologismo”) e la svalutazione del cristianesimo. Nel gennaio 1951, subito dopo il suo funerale, funzionari francesi andarono a catalogare libri e documenti. Guénon non poteva essere congedato senza un controllo di ciò che aveva lasciato, senza ripulire le tracce della sua vasta attività. Di una cosa si può essere certi: da un punto di vista cattolico Guénon non è un autore che rafforza la fede ma può metterla in crisi. â–
 
Il Timone – Marzo 2015

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