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11.12.2024

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Sacri concerti
31 Gennaio 2014

Sacri concerti



È ormai diffusa la prassi di ospitare in chiesa kermesse di vario genere, e i concerti in alcuni casi sono momenti di vera elevazione spirituale e gioia estetica che aiutano a creare una reale meditazione nei luoghi di preghiera. Purtroppo capita, a volte, di assistere a rappresentazioni non proprio edificanti, musicalmente parlando, se non addirittura inadatte ai luoghi che le ospitano.
Ammettere concerti negli edifici sacri è usanza antica: alcuni dei grandi oratori di Perosi, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, vennero eseguiti in importanti chiese di tutta Italia. Oggi però, data la pletora di manifestazioni, è tutt’altra musica!
Dagli anni Settanta il fenomeno si è gradualmente espanso, per varie ragioni: agli inizi, essenzialmente per un progressivo accoglimento in sede concertistica di tutto il repertorio organistico, polifonico e finanche gregoriano che una inquietante interpretazione delle normative liturgico-musicali del Concilio Vaticano II progressivamente bandiva con inesorabile categoricità dalla sua sede nativa, ovvero dai riti. I cori, le scholae e le cappelle musicali – ove sopravvissero – dovevano pur produrre un repertorio conquistato e tramandato a caro prezzo: anche la Cappella Sistina, per mantenere viva la sua grande tradizione polifonica, intraprese memorabili tournée sotto l’inarrivabile mano di Domenico Bartolucci.
Successivamente, si sono aggiunti altri motivi, quali la bellezza dei luoghi e la loro compatibilità acustica, e poi la progressiva mancanza di “contenitori culturali” (sintagma abominevole, ma ormai di uso corrente) nelle nostre città, sempre più affamate di spazi sociali di aggregazione.
Queste ultime ragioni spingono spesso a considerare le chiese come siti capaci di una supplenza tout court di tali carenze e a ospitare in esse concerti o manifestazioni poco consoni alla sacralità dei luoghi. Nel novembre 1987, la Congregazione per il Culto Divino, innanzi al progressivo ampliamento del fenomeno e dei pericoli di cattiva gestione, diramò una lettera nella quale si chiarificavano alcune cose e si dava un indirizzo preciso per l’azione pastorale in questa materia, con espliciti riferimenti all’Istruzione Musicam Sacram del 1967, che assimilava i concerti nelle chiese ai pii esercizi, e ai canoni 1210 e 983 del Codice di Diritto Canonico.
Tra l’altro, vi si leggeva «Non è legittimo programmare in una chiesa l’esecuzione di una musica che non è di ispirazione religiosa e che è stata composta per essere eseguita in contesti profani precisi, sia essa classica o contemporanea, di alto livello o popolare: ciò non rispetterebbe il carattere sacro della chiesa…». Ma ormai non è difficile imbattersi in programmazioni sinfoniche che anche prestigiose istituzioni musicali decentrano stabilmente nelle chiese, sicché si può ascoltare un suadente Bolero di Ravel presso una tragica Crocefissione, o la Radetzky march sotto gli occhi “basiti” di una S. Agata al supplizio. Senza contare che di recente si è assistito anche a spettacoli coreutici di vario genere, sorretti dalle motivazioni più disparate: dall’altissima giustificazione ecumenica, fino alle più casalinghe opportunità per i gruppi parrocchiali che devono organizzare il saggio di fine anno!
Per l’imponenza del fenomeno è chiaro che le previsioni della Congregazione circa il previo assenso di ogni programma da parte dell’Ordinario sono ormai superate de facto, per cui sarebbe utile che i parroci, i rettori e anche gli organizzatori non dimenticassero che la chiesa è luogo sacro, cioè “messo a parte”, in modo permanente, per il culto a Dio, e ogni manifestazione extracultuale, per quanto di altissimo livello, deve essere circondata da precise garanzie e dall’osservanza di requisiti minimi di compatibilità con la destinazione canonica del luogo, altrimenti si perde di vista l’Essenziale.
Anche Pio X, entrando in S. Pietro per la prima volta da Papa, tacitò le scroscianti manifestazioni di gioia dei fedeli dicendo «Non è bello applaudire il servo, nella casa del Padrone».

 


IL TIMONE  N. 109 – ANNO XIV – Gennaio 2012 – pag. 47

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