Fa “prodigi” che però non sottopone a controllo. Ha seguaci anche in Occidente. Ma vi è incompatibilità assoluta fra il Credo della Chiesa e qualunque tipo di adesione per la figura di questo guru indiano.
La quasi totalità delle biografie su Sathya Sai Baba È scritta dai suoi devoti e tende a sottolinearne la natura divina, mantenendo la vita del loro maestro avvolta in un alone di mistero. Tuttavia, si possono ritrovare alcuni dati comunemente accettati dai critici.
Satyanaryan Raji nasce nel 1926 a Puttaparthi, un villaggio nel Sud dell'India a circa duecento chilometri da Bangalore, situato n!3'la parte meridionale della regione dell'Andhra Pradesh. Nella biografia di Ganapati si racconta che «Una sera del 1940 Satya, quattordicenne, emise improvvisamente un urlo e, tenendosi il piede destro, cadde a terra: si pensò che la causa fosse stata la puntura di uno scorpione, ma l'insetto non venne trovato». Da tutte le biografie su Sai Baba emerge che il suo cambiamento ha inizio proprio con questo episodio.
Nei giorni successivi il suo comportamento fu strano, per cui venne chiamato il medico del distretto di Anantapur che diagnosticò una forma di isterismo, furono prescritte alcune cure, ma il ragazzo continuava a peggiorare, perciò si ricorse all'occulto, secondo la normale tradizione indiana: arrivarono maghi, astrologi ed esorcisti. Dopo avere inutilmente tentato altre terapie, la madre lo riporta a casa.
Il 23 maggio 1940 Sathya dichiara: «lo sono Sai Baba», assumendo lo stesso nome di un santo asceta, Sai Baba di Shirdi (1856-1918), i cui luoghi di vita sono ancora meta di pellegrinaggio. La parola «Sai» indica un nome persiano che rappresenta un elemento distintivo fra i musulmani e il cui significato è «santo». «Baba», invece, è un termine hindi e significa «piccolo padre». Altro nome con cui i devoti chiamano familiarmente Sai Baba è «swami», che significa «insegnante religioso», «maestro».
Sai Baba si ritiene parte di una «trinità» costituita, oltre che da ui, da Sai Baba di Shirdy e da un Prema Sai Baba, che apparirà in India nel 2029 ovvero dopo la sua morte, annunciata da lui stesso per l'anno 2022. Molti devoti pensano che l'apparizione jel Prema Sai Baba segnerà il ritorno dell'età dell'oro, ponendo fine all'età oscura (Kaliyuga) nella quale staremmo attualmente vivendo.
Si proclama inoltre avatar – ovvero discesa, incarnazione dell'io-uomo che si ripresenta ciclicamente, in una e talora più incarnazioni per ogni epoca storica; un concetto indebitamene confuso con l'incarnazione di Gesù Cristo che è unica, e in luesta unicità sta tutta la specificità del Cristianesimo -, e anzi avatar integrale (purnavatar) come Krishna, mentre Gesù Criòto, a suo dire e alla pari di Ramakrishna e Aurobindo, Buddha i Muhammad, sarebbe stato soltanto un amshavatar, ossia un avatar parziale. Egli è altresì definito «bhagavan», cioè colui che possiede le sei qualità divine.
Per il maestro indiano non è importante il credo religioso, ma il dharma, il compimento del dovere: la sua è, insieme, una «spiritualità senza religione» e qualche cosa che si presenta come sintesi di tutte le religioni. La caratteristica sostanziale del messaggio di Sai Baba è dunque l'impostazione sincretistica, che ha il suo manifesto in uno slogan del maestro: «C'è una sola religione: la religione dell'amore. C'è un solo linguaggio: il linguaggio del cuore. C'è una sola casta: la casta dell'umanità. C'è un solo Dio: Egli è onnipresente».
Contrariamente ad altri maestri indiani, che considerano i miracoli come appartenenti a una sfera inferiore, Sathya Sai Baba affida la prova del suo carattere di avatar ai segni straordinari o siddhi. Offre ai seguaci ogni sorta di "miracoli", sia nel regno psichico (chiaroveggenza, profezie, apparizioni a migliaia di chilometri di distanza), sia nel regno fisico. Dalle mani del maestro esce ogni giorno una cenere sacra (vibhutl) cui sono attribuite proprietà miracolose. Il maestro è inoltre ritenuto capace di materializzare oggetti di ogni genere: statuette devozionali, anelli d'oro, il linga, simbolo fallico che indica Shiva, e perfino monete d'oro che recano, come data del conio, l'anno di nascita del devoto per cui sono state «prodotte». L'«uomo dei miracoli» è stato visto trasformare sabbia in un volume della Bhagavad Gita, sassi in caramelle, fiori in diamanti, e così via.
Le valutazioni circa i fenomeni extra-ordinari operati da Sai Baba abbondano, sia da parte dei devoti che ne esaltano il carattere prodigioso, sia da parte dei critici che ne negano la stessa realtà e attribuiscono i risultati ad abili giochi di prestigio, sia – ancora – da parte di quegli studiosi che non negano il verificarsi dei fenomeni, ma affermano che questi sono legati al mondo del paranormale e non sono di origine divina. È del resto difficile esprimere un parere circa la «verità»o meno dei poteri in questione, perché Sai Baba non ha dato il permesso di essere scientificamente «studiato» da vicino.
Alcune grandi organizzazioni induiste, anche di orientamento nazionalista o «fondamentalista", hanno riconosciuto in Sai Baba un autentico esponente dell'induismo. Così la Vishwu Hindu Parishad (VHP), la maggiore organizzazione induista mondiale, strettamente legata al partito di maggioranza relativa indiano BJP (peraltro non più al governo dopo le elezioni del 2004), lo ha proclamato «induista dell'anno» nel 1996. Tuttavia per molti fedeli, soprattutto occidentali, l'interesse non si rivolge tanto alla sua interpretazione dell'induismo, e meno ancora alle sue idee sulla politica indiana, quanto ai «poteri» miracolistici. Non si può così negare che coloro che si recano a Puttaparthi lo fac-ciano, in larga misura, dopo avere sentito parlare dei «poteri» di Sai Baba, e questo è ancora più vero se si pensa che spesso i devoti si sono avvicinati allo swami in quanto affetti da disturbi di natura fisica o psicologica e quindi, presumibilmente, alla ricerca della guarigione. Solo in seguito alcuni hanno maturato una forma di devozione che va oltre le manifestazioni materiali e sensazionali e segna il passaggio dall'attrazione per le mani-festazioni esterne a una forma di adesione più profonda. Infatti, i fenomeni in questione tendono a concentrare l'attenzione dei devoti e, più in generale, dell'opinione pubblica, sulla figura di Sai Baba, piuttosto che sul suo insegnamento, i cui caratteri sono meno immediati e originali. Sai Baba, consapevole di quale attrazione abbiano le sue performance, sembra volerle sminuire.
In Italia la figura di Sai Baba è stata conosciuta grazie anche alla propaganda attuata attraverso un volume di Mario Mazzoleni, sacerdote cattolico lombardo (1945-2001), che l'impegno senza riserve a favore della causa di Sai Baba ha portato a una dolorosa rottura con la Chiesa cattolica, culminata (nel 1992) nella scomunica con decreto del cardinale Camillo Ruini.
Il triste episodio testimonia e conferma anche ai più accaniti sostenitori dello stesso Sai Baba – che in un insostenibile mix dottrinale vorrebbero coniugare l'insegnamento dello swami con la dottrina cattolica – l'incompatibilità assoluta fra il Credo della Chiesa e qualunque tipo di adesione o di entusiasmo per la figura del guru di Puttaparthi .
E, d'altra parte, non potrebbe essere diversamente poiché solo in Cristo «abita corporalmente la pienezza della divinità" (Col 2,9); inoltre non si deve confondere la Risurrezione con la reincarnazione: Cristo non è la semplice reincarnazione di un «uomo dei miracoli» indiano, ma è risorto dai morti al terzo giorno e, se così non fosse, come dice l'apostolo Paolo, vana sarebbe la nostra fede (cfr. 1Cor 15,14).
Bibliografia
Maria Letizia Viarengo, Sathya Sai Baba e il suo movimento, Ellenici, Leumann (Torino) 2001.
IL TIMONE – N.41 – ANNO VII – Marzo 2005 pag. 54 – 55