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15.12.2024

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Scegliere il sesso
31 Gennaio 2014

Scegliere il sesso

Una iniezione per fermare lo sviluppo della sessualità dell’adolescente. E permettergli di riflettere per decidere se essere maschio o femmina. La novità aberrante viene dalla Gran Bretagna. Una nuova tappa nella “guerra del genere”

Fino agli anni ’50 del secolo scorso la parola “genere” era utilizzata esclusivamente in ambito grammaticale; da allora è stata utilizzata anche per indicare le componenti non biologiche della sessualità umana (psicologiche, relazionali, sociali…), mentre l’utilizzo della parola “sesso” è limitata alle componenti biologiche.

Sesso e genere
Per anni i cosiddetti “gender studies” sono rimasti confinati in ambito accademico, mentre ora anche la “casalinga di Voghera” è stata costretta a interrogarsi su che cosa sia il “genere” e quale differenza ci sia con il “sesso”. Non c’è nulla di male ad avere strumenti linguistici che permettano di descrivere in modo più raffinato la realtà; però il lemma “genere” utilizzato in questo modo ha come obiettivo non di descrivere la realtà, ma di modificarla, almeno nella percezione delle persone. Infatti, gli ideologi del genere non volevano introdurre una semplice distinzione tra aspetti biologici e non della sessualità, bensì una vera e propria separazione: se il sesso biologico è un “dato” da accettare, il genere sarebbe un semplice prodotto della cultura, relativo al luogo e al periodo, e quindi suscettibile di modifica a proprio piacere.

Il “caso pietoso”
Alcune persone possono essere confuse circa la loro identità di genere. Ad esempio, a causa di violenze subite, di malformazioni fisiche o, più frequentemente, a causa di difficili relazioni familiari o con i pari, alcuni ragazzi possono sentirsi inadeguati rispetto al mondo maschile, incapaci di sostenere un ruolo virile che la loro sessualità richiederebbe. Come conseguenza di questo senso di inferiorità, essi si ritirano dal mondo degli uomini e, per ripiego, cercano conforto in quello delle donne. Il bisogno e il desiderio di sentirsi capiti, accolti e stimati viene così in loro soddisfatto dalle donne e non, come sarebbe naturale, dagli uomini. A questo punto, com’è ovvio, essi cominciano a pensare di avere più affinità con il mondo femminile – gentile e accogliente – piuttosto che con quello maschile – rude e severo –, e quindi di avere un animo più femminile che maschile. In poche parole, di essere una donna imprigionata in un corpo maschile.
Per gli ideologi di genere le sofferenze di queste persone sono una vera e propria manna. Vedete?, dicono. Vedete come il sesso e il genere possono essere discordanti? Se esistono persone nelle quali il sesso e il genere divergono, significa che sesso e genere sono separati, che non sono l’uno (il genere) la conseguenza dell’altro (il sesso). Significa anche che non c’è alcun bisogno di considerare un’identità di genere diversa dal sesso come “innaturale”, problematica, patologica; e che quindi non c’è alcun bisogno di tentare di correggere l’identità di genere perché si accordi con il sesso. Anzi: se la persona è a suo agio con un genere femminile, perché non adattare il sesso al genere? Il desiderio come criterio Se non esiste una natura, cioè un progetto, perché non utilizzare come criterio il desiderio?
Se io mi sento donna e ho un corpo maschile, perché non privilegiare la scelta personale sul dato biologico?
Già negli anni ’50 del secolo scorso il dottor John Money – colui che per primo utilizzò il termine “genere” nel modo contemporaneo – operava bambini ermafroditi determinandoli non secondo il sesso cromosomico, bensì in base al desiderio dei genitori. Avete un bambino con problemi di ermafroditismo e desiderate una bambina? Non c’è problema: un piccolo ritocco chirurgico e a tempo debito qualche massiccia dose di ormoni e… voilà! Il gioco è fatto.
Chi pensa che siano deliri fantascientifici si metta pure il cuore in pace. Non solo tutto ciò è reale, ma è anche terribilmente attuale.
La notizia è arrivata a metà dello scorso mese di aprile e ha lasciato tutti un po’ sgomenti. In Gran Bretagna sarà possibile “bloccare” per un anno la pubertà di bambini indecisi sulla loro identità sessuale. Dodici iniezioni di ormoni, una al mese, impediranno lo sviluppo dei caratteri sessuali fenotipici, come, nei maschietti, la voce profonda, il “pomo d’Adamo”, la peluria, lo sviluppo muscolare… Questo anno di tempo strappato all’orologio biologico permetterà ai bambini di decidere con tutta calma quale genere scegliere.

La responsabilità di scegliere la propria identità sessuale
A questi bambini non sarà risparmiato nulla: oltre al senso di disagio e di inadeguatezza che ha provocato in loro questa confusione di genere, subiranno massicce iniezioni di ormoni (con chissà quali conseguenze) e dovranno assumersi la responsabilità di decidere la propria identità. Una responsabilità inedita, nella storia dell’umanità.
Ma gli ideologi di genere non sono spaventati dal ruolo di apprendisti stregoni: cosa sarà mai il piccolo sacrificio di qualche vita in confronto alla più clamorosa rivoluzione filosofica: la dimostrazione dell’inesistenza di una natura, di un progetto; e quindi di un progettista. A molti verranno in mente gli esperimenti compiuti dai sovietici, o quelli del dottor Mengele ad Auschwitz: la degenerazione di una scienza che non assolve più al suo compito di descrivere la realtà, ma si propone di modificarla in base all’orgoglio umano. Certo, sarebbe molto più facile correggere la distorta percezione di genere di questi bambini: aiutarli, con amorevolezza e pazienza, a scoprire che sono bambini come gli altri, che sono soltanto un po’ timidi, poco avvezzi ai giochi e alle compagnie maschili. Ma come si potrebbe, in questo modo, scardinare l’idea che siamo creati maschi e femmine e che abbiamo il compito di diventare uomini e donne? Che sesso e genere sono legati tra loro come la realizzazione di un disegno? Così, dissimulata dietro paroloni e camici bianchi, l’ideologia di genere si fa strada nelle nostre teste, passando sopra le vite di bambini sofferenti ai quali verranno inflitte ulteriori, più crudeli sofferenze.
Un’ultima riflessione. L’ente autorizzato a compiere tali operazioni sarà la Tavistock and Portman Clinic di Londra, nata dal Tavistock Institute. Questo ente, nato nel 1946, è a sua volta una filiazione della Tavistock Clinic, fondata nel 1920 per occuparsi di soldati britannici che avevano subìto uno shock da esplosione durante la Prima guerra mondiale. Gli psicologi della Tavistock Clinic osservarono che i soldati i quali avevano subito uno shock erano molto facilmente suggestionabili. Il Tavistock Institute, ufficialmente una clinica psichiatrica, è in realtà un istituto specializzato nello studio dei “salti di paradigma”, ossia nell’introduzione nella società di nuovi “valori”. Un “salto” da un modo di pensare ad un altro.

Ricorda

«Gruppi di pressione, iniziative legislative e mezzi di comunicazione sono veicoli di questa ideologia di genere, una rivoluzione culturale in ogni campo. Nell’ideologia di genere la sessualità non si accetta propriamente come costitutiva dell’uomo, ma l’essere umano sarebbe il risultato del desiderio della scelta, di modo che, qualunque sia il suo sesso fisico, la persona potrebbe scegliere il proprio genere e modificare la sua opzione quando vuole: omosessualità, eterosessualità, transessualità, eccetera. Il cambiamento culturale e sociale che il fenomeno comporta è di grande portata, visto che per questa ideologia non esiste natura, non esiste verità dell’uomo. In questa rivoluzione culturale, il nesso individuo-famiglia-società si perde e la persona si riduce a individuo, e si constata quindi il fatto di mettere in discussione la famiglia e la sua verità – il matrimonio tra un uomo e una donna aperto alla vita – e tutta la società».
(Card. Antonio Canizares Llovera, Intervento al Congresso Internazionale del dicastero per i Laici, 11 febbraio 2008).

Per saperne di più…

Steven E. Rhoads, Uguali mai. Quello che tutti sanno sulle differenze tra i sessi ma non osano dire, Lindau, 2006. Dale O’Leary, Maschi o femmine? La guerra del genere, Rubbettino, 2006. Roberto Marchesini, L’identità di genere, I quaderni del Timone, Edizioni ART, 2007. Roberto Marchesini, Quello che gli uomini non dicono. La crisi della virilità, Sugarco, 2011. Chiara Atzori, Il binario indifferente. Uomo e donna o GLBTQ?, Sugarco, 2010.

IL TIMONE N. 104 – ANNO XIII – Giugno 2011 – pag. 14 – 15

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