La straordinaria missione spaziale che è giunta a novembre sulla cometa 67/P esprime la natura umana indagatrice, il nostro inesauribile desiderio di conoscenza. Ma l’origine dei viventi trascende la materia e rimanda a Dio
La prima cometa famosa della Storia è sicuramente quella che ha guidato i Magi verso la grotta del Salvatore e che è stata immortalata da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Ha portato una grandissima gioia, come racconta Matteo nel suo Vangelo: «Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia» (Mt 1,10).
Un progetto iniziato dieci anni fa
Mercoledì 11 novembre, verso le ore 17, un’altra cometa, chiamata 67/P Churyumov-Gerasimenko (dai nomi degli scienziati russi che l’hanno scoperta), ha portato una grande gioia sulla Terra: il lander (la periferica) Philae, staccatosi dalla sonda Rosetta, si è posato come un ragno a tre zampe sul suo suolo, pronto e predisposto per analizzarlo chimicamente e per individuare finalmente i presunti “semi” della vita che – secondo la cosiddetta “teoria della panspermia” − avrebbero contaminato la Terra generando il misterioso start di quel meraviglioso film che è la storia della cellula, che – sempre secondo questa teoria − poi sarebbe diventata un essere umano evolvendosi spontaneamente e senza scopo in qualche miliardo di anni.
Abbiamo provato la stessa gioia dei Magi di duemila anni fa? Personalmente temo di no, perché la vita, la sua natura e la sua origine rimarranno a lungo (per sempre?) un mistero irriducibile per la nostra mente indagatrice, nonostante che molti scienziati e molte persone di buona volontà si augurino di trovare nelle comete lontane cinquecento milioni di chilometri – 67/P si trova a quella distanza da noi, nello spazio vuoto compreso tra l’orbita di Marte e quella di Giove – quella soluzione al mistero della vita che qui, a un palmo dal loro naso, non sono mai riusciti a trovare, né, evidentemente, contano di poter trovare in futuro, visto che ormai, sconsolati, puntano al Cielo.
Ascoltiamo dallo stesso “padre” della sonda Rosetta, l’ingegner Bruno Gardini, di Cuneo, il senso della missione spaziale iniziata addirittura dieci anni fa, nel 2004, e costata circa 900 milioni di euro: «L’abbiamo chiamata Rosetta perché, se tutto andasse bene, la missione rivelerà l’origine della vita sulla Terra, così come la stele del British Museum ha consentito di decodificare i geroglifici; anche la sua periferica non a caso si chiama Philae, dal nome dell’isola sul Nilo dove sono state recuperate altre carte fondamentali per la comprensione dei
geroglifici». Prosegue Bruno Gardini: «La nostra sfida è iniziata tempo fa quando iniziò a farsi strada la teoria della panspermia per cui la vita sulla Terra è nata dall’acqua e dagli amminoacidi portati dalle comete».
Un successo eccezionale
Pensate un po’ a cosa abbia dovuto significare per gli scienziati progettare il contatto tra la sonda Philae, grande come una lavatrice, e la cometa 67/P, di dimensioni tre per quattro chilometri (!), ad una distanza di circa cinquecento milioni (!) di km., dopo aver viaggiato nel cielo infinito per dieci lunghissimi anni (!), lungo una traiettoria curvilinea (!), nelle tre dimensioni dello spazio, per intercettare un bersaglio in movimento (!), sfruttando le spinte gravitazionali della Terra e di Marte al momento giusto (!), cercando la collisione in un punto della traiettoria che fosse lontano dal Sole per evitare la combustione (!), senza alcun precedente (!), per trivellare poi il suolo della cometa fino a 23 centimetri di profondità e mandare tutti i dati delle analisi sulla Terra. E tutto questo calcolando il ritardo di trenta minuti con cui il segnale radio arriva sulla Terra.
Davvero è accaduto l’unthinkable (l’inimmaginabile), come direbbero gli Americani, ed è un’ulteriore bellissima conferma che la matematica elaborata dall’uomo è in grado di spiegare
la razionalità della natura, «come se l’origine dell’una e dell’altra fosse un’unica intelligenza » (Benedetto XVI, Verona, 2006).
È veramente difficile, se non impossibile, per noi, immaginare la distanza di mezzo miliardo di chilometri, ma possiamo aiutarci confrontandola con quella della Luna e del Sole: la prima si trova a 384.000 km da noi e il secondo si trova a circa centocinquanta milioni di km. È la prima volta dunque che una sonda atterra su una cometa.
L’uomo esploratore per natura
Perché, allora, tanto interesse per le comete?
Prima di tutto perché l’uomo è un esploratore per natura e non può starsene fermo; dopo l’allunaggio del 24 luglio del 1969 e la recente perlustrazione in lungo e in largo del Pianeta Marte con la jeep Pathfinder, non restava che intercettare qualche cometa, dal momento che Giove, il Pianeta successivo nella serie del Sistema Solare, è prevalentemente gassoso e quindi inaccessibile alle nostre sonde. Le comete, inoltre, sono residui originari della nebulosa da cui
− secondo la teoria di cui sopra – sarebbe nato l’intero Sistema Solare circa cinque miliardi di anni fa, a seguito dell’azione della forza di gravità: analizzarne la composizione chimico-fisica consente di capire meglio come siano andate le cose.
Ma l’interesse principale rimane quello legato all’origine della vita. Perché? Perché la vita, col suo mistero, rimanda direttamente a un Creatore. La mia sensazione è che, anche in questa occasione, perderemo quell’umiltà che consente al semplice buon senso di distinguere tra le molecole organiche, che magari si potranno anche scoprire trivellando, e la vita.
Dopo la sonda Giotto che, nel 1986, ha studiato la cometa di Halley, una svolta significativa nella conoscenza è giunta da una missione spaziale americana di qualche anno fa. Infatti, nel 2006 la missione Stardust della NASA è passata in mezzo alla coda della cometa Wild 2 e ha riportato sulla Terra un campione di polveri. Dentro quel campione gli scienziati hanno trovato minerali interessanti, ma la cosa più interessante che hanno trovato è la glicina, uno degli aminoacidi che costituiscono le nostre proteine.
La scintilla della vita può provenire solo da Dio
Ora, però, quando parliamo di “vita”, cosa intendiamo?
Oggi abbiamo elementi in più, frutto delle analisi sempre più dettagliate della biologia molecolare, per poter affermare senza paura che la vita risiede nell’organizzazione dei suoi ingredienti, così come la tastiera, il software, la struttura rigida ecc. non “fanno” il computer, bensì richiedono un assemblaggio intelligente, realizzato secondo una finalità (quella di far funzionare il computer).
Non siamo in grado di definire l’essenza della vita perché non abbiamo parole adeguate, ma siamo comunque nella condizione di riconoscere agli organismi viventi una caratteristica esclusiva di sistema ordinato a perseguire un fine, di sistema che trascende la materia di cui è composto, che non scaturisce meramente dalle proprietà della materia. La stele di Rosetta per la vita è questa consapevolezza.
Il soggetto della vita, ovvero il vivente, non è né la proteina né il famoso DNA; solo la cellula vive, cioè il sistema ordinato, di livello superiore, che assegna un compito ad ogni sua parte.
È certamente doveroso esplorare i Cieli così come la Terra, con la massima precisionee con grande entusiasmo, conservando apertura mentale a qualunque possibilità e a qualunque sorpresa. Perché vogliamo tutti conoscere la verità. Ma troppe volte abbiamo sentito banalizzare il fenomeno della vita, riducendolo alle sue componenti. È vero che la vita è «il più
grande spettacolo della Terra» (R. Dawkins) ed è così stupefacente nelle sue molteplici forme,
da risultare scoraggiante alla nostra mente che vuole farla rientrare nelle sue categorie cognitive per poterla ingabbiare nei nostri fonemi e farci stare tranquilli.
Però è onesto riconoscere che tra la glicina e la più piccola delle cellule conosciute il salto è infinito. È lo stesso salto che troviamo tra un uovo e il tiramisù, tra un mattone e un salotto, tra un volante e una Ferrari. Abbiamo trovato allora, o troveremo, sulla cometa 67/P Churyumov-Gerasimenko quel progetto fine tuned capace di generare il metabolismo cellulare e che qui, sulla Terra, rimane inafferrabile? Non è più sensato accettare che il mistero della vita sia tale qui sulla Terra come nei Cieli? â–
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«Quando mi dipartì da Circe, che sottrasse /me più d’un anno là presso a Gaeta, / prima che sì Enëa la nomasse, / né dolcezza di figlio, né la pieta / del vecchio padre, né ‘l debito amore / lo qual dovea Penelopè far lieta, / vincer potero dentro a me l’ardore / ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto / e de li vizi umani e del valore; / […] e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo».
(Dante, Inferno, XXVI).
Per saperne di più…
Walter Ferreri, Il libro dell’astronomo dilettante, Curcio, 1986.
Giancarlo Favero, Guida alla osservazione delcielo, Mondadori, 1984.
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