Formare ragazzi e ragazze secondo la metodologia tipica dello scautismo, ma con una chiara identità cattolica. In Italia sono quasi ventimila. Una realtà in crescita. Da conoscere e promuovere
C’è chi dice che per capire chi siano gli Scout d’Europa bisogna andare almeno una volta a Vezélay, in Borgogna. Nell’imponente basilica romanica che domina un paese di 400 anime, ogni anno il 31 ottobre arrivano scout di tutte le associazioni nazionali. Arrivano dopo un pellegrinaggio a piedi di tre giorni. I vari clan partono dai quattro punti cardinali fino a confluire in una grande processione. In testa le bandiere con l’orifiamma: uno stendardo con due strisce verticali, una bianca e una nera, al centro una croce rossa a otto punte e il giglio scout dorato. Poi i canti. Il silenzio della veglia nel bagliore della candele. Una moltitudine di giovani in rigorosa uniforme, riuniti in preghiera sotto le volte di una chiesa simbolo di un’Europa cristiana che è insieme passato da custodire e sogno da realizzare.
Nel mondo
L’origine della Federazione dello Scautismo Europeo (FSE) risale al dopoguerra. Nel clima di ricostruzione anche morale di quegli anni, l’esperienza dello scautismo cattolico – iniziato negli anni ’20 da figure come il gesuita francese Jacques Sevin, di cui è prossima la beatificazione – viene ripresa e rilanciata. Il battesimo avviene a Colonia, in Germania, nel 1956, con l’approvazione di una magna charta in dieci punti e la nascita di un consiglio federale. Ma la svolta avviene sei anni dopo, quando entrano a far parte dell’associazione francese della FSE i coniugi Perig et Lizig Géraud-Keraod. Perig, scout fin dalla giovinezza, durante la guerra aveva preso parte alla resistenza e dopo la liberazione era stato attivo, insieme con la moglie, nell’accoglienza degli emigranti che si spostavano dalla regione parigina verso la Bretagna. I due, nel giro di pochi anni, imprimono al movimento un grande dinamismo. Restano per quasi 25 anni responsabili della FSE a livello europeo e commissari generali dell’associazione francese.
In Italia
In Italia la nascita degli Scout d’Europa è legata a un periodo particolare, la crisi del ’68, che investe il mondo educativo un po’ a tutti i livelli. Attilio Grieco, romano, tra coloro che hanno importato l’esperienza della FSE, ha ricordato così il clima di allora: «All’inizio degli anni ’70 la situazione dello scoutismo cattolico in Italia era una grande baraonda: la dimensione religiosa era notevolmente affievolita e molti gruppi e unità si ponevano in lotta aperta contro parroci e vescovi. La dimensione socio-politica era entrata pesantemente nella vita associativa, con capi e unità coinvolti direttamente in azioni politiche e di partito. La vita nella natura veniva ripudiata perché era vista come evasione dai problemi della società. In questa linea, l’uniforme scout, sentita solo come ostacolo alla comunicazione con gli altri, era spesso sostituita dal solo fazzoletto portato su abbigliamenti variopinti. Venivano abbandonati capisaldi del metodo scout come la Legge, la Promessa, il sistema delle squadriglie, il metodo Giungla nei Branchi e del Bosco nei Cerchi e tante altre cose ancora. In compenso si introduceva la promiscuità fra ragazzi e ragazze nelle stesse unità e spesso nelle stesse squadriglie. In questa situazione, nonostante tutti gli sforzi fatti per riportare lo scoutismo ai suoi obiettivi originali, si arrivò inesorabilmente all’epilogo, con la chiusura dell’ASCI e dell’AGI e la nascita dell’AGESCI, nel maggio 1974. Questo creò non poco scompiglio. Molti capi e molti assistenti erano contrari al nuovo andazzo, ma non c’erano praticamente possibilità di reagire al nuovo stato di cose». Le derive non riguardarono, appunto, solo l’aspetto pedagogico: nello scoutismo cattolico il distacco fu netto nei confronti del Magistero e della Gerarchia. Emblematico il fatto che nel 1975 la FSE fu l’unica associazione scout in tutto il mondo a realizzare un pellegrinaggio a Roma in occasione dell’Anno Santo.
Così, nel 1975 un gruppo di capi che avevano fatto parte dell’ASCI e dell’AGI dichiarò di voler perseguire l’educazione di ragazzi e ragazze secondo la metodologia ideata da Baden-Powell, ma con una chiara identità cattolica. La scelta fu quella del “salmone”, un faticoso nuotare per anni controcorrente: la FSE era e resta distinta dalle due “associazioni ombrello” sotto cui si raccoglie gran parte dello scautismo mondiale, WOSM e WAGGGS; l’educazione separata di maschi e femmine fu giudicata arretrata; la linea cattolica più esplicita – e a lungo il mancato riconoscimento da parte di diverse conferenze episcopali – attirò il sospetto di integralismo; stessa cosa per la sottolineatura del principio di autorità, mal visto da molti ai tempi de “L’obbedienza non è più una virtù”. Dagli anni ’70 di acqua sotto i ponti ne è comunque passata parecchia e il tempo ha attenuato, se non proprio risolto, molte frizioni e incomprensioni. E nel 2003 è arrivato il riconoscimento della FSE come associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio.
Uno stile
In Italia gli Scout d’Europa sono oggi circa 19.000, con una presenza forte soprattutto in Lombardia, Veneto, Lazio e Sicilia. Del loro stile fanno parte la divisione tra la sezione femminile (Coccinelle, Guide e Scolte) e quella maschile (Lupetti, Esploratori, Rover), il rispetto molto sentito delle istituzioni, il coinvolgimento delle famiglie nel processo formativo, la cura per i segni e la simbologia, in generale una metodologia strutturata che rende la vita scout uniforme e riconoscibile indifferentemente dai luoghi e dalle regioni in cui è praticata. Cruciale è anche la coerenza di vita che dev’essere propria dei Capi. In un documento diffuso in aprile – un’integrazione al direttorio religioso della Federazione dello Scautismo Europeo – si legge: «Non possono comunque proseguire il servizio attivo nelle unità i Capi e le Capo che attentano al matrimonio tramite il divorzio, l’adulterio di pubblico dominio, la convivenza extra-matrimoniale intrapresa come stato sostitutivo del matrimonio e altre forme permanenti di relazione more uxorio, o che vengano meno al rispetto della vita con l’aborto, l’abbandono dei figli, la fecondazione artificiale». Mentre sull’omosessualità si ribadisce chiaramente la posizione ufficiale della Chiesa, senza ambiguità.
Vocazioni
La “scelta religiosa” degli Scout d’Europa ha dato i suoi frutti, anche vocazionali. In Francia molte chiamate al sacerdozio maturano nel mondo FSE e questo ha attirato l’interesse di numerose congregazioni, che sperano di attrarre scout tra le proprie fila. Ci sono comunità monastiche, come quella di Notre Dame di Randol, nel cuore dell’Alvernia, i cui monaci provengono tutti dagli Scout d’Europa. Guardando ai Paesi di lingua tedesca, emblematica è la vicenda di padre Andreas Honisch, scomparso nel 2008. Nato in Slesia nel 1930, fattosi gesuita, con studi in Giappone nella provincia governata allora da padre Arrupe, tornato in Germania lì fondò nel 1976 gli Scout d’Europa. Espulso dalla Compagnia di Gesù per la sua impostazione non in linea con l’“aggiornamento” dell’ordine, fu accolto nella diocesi di Augusta da mons. Josef Stimpfle, vescovo che aprì le porte anche al primo nucleo della Fraternità di San Pietro, nata da fuoriusciti della famiglia lefebvriana. Nel 1988, Honisch fondò i Servi di Gesù e Maria, i cui primi membri erano tutti Scout d’Europa. La congregazione è diventata nel 1994 di diritto pontificio e ha tra gli apostolati principali la cura pastorale sempre degli Scout d’Europa. Con la propria casa madre e il proprio seminario a Blindenmarkt, in Austria, è una delle poche realtà religiose in crescita in un Paese spazzato da un sinistro vento anti-romano e segnato da una crisi drammatica della vita religiosa.
IL TIMONE N. 115 – ANNO XIV – Luglio/Agosto 2012 – pag. 28 – 29
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