15.12.2024

/
«…secondo le Scritture…»
31 Gennaio 2014

«…secondo le Scritture…»

 

 

Quale significato ha l’espressione “secondo le Scritture” che troviamo all’interno del nostro Simbolo di fede? Cosa significa dire che Gesù è morto e risorto secondo le Scritture?
A questa domanda, che introduce una serie d’importantissime riflessioni teologiche sul tempo e sul destino, risponde il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La Risurrezione di Cristo è compimento delle promesse dell’Antico Testamento e di Gesù stesso durante la sua vita terrena. L’espressione “secondo le scritture” indica che la Risurrezione di Cristo realizzò queste predizioni» (CCC 652).
Il primo a svelarci che gli avvenimenti della passione non si sono svolti per caso è proprio Gesù, con le sue parole rivolte ai discepoli di Emmaus dopo la risurrezione: «O stolti e tardi di cuore a credere a quello che hanno detto i profeti! Non doveva forse il Cristo patire tutto questo ed entrare nella sua gloria?» (Lc 24,25-26). E quel giorno, «cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro quanto lo riguardava in tutte le Scritture». E così facendo «aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture» (Lc 24,45), cioè diede la chiave interpretativa della Bibbia affinché questa venisse da quel momento in poi letta alla luce del grande disegno salvifico di Dio. Una prova che tale insegnamento venne recepito, e che l’espressione contenuta nel Credo non è un arbitrio dei Padri di Nicea-Costantinopoli che lo forgiarono, è racchiusa nella prima Lettera di Paolo ai Corinzi: «Vi ho dunque trasmesso, anzitutto, quello che ho ricevuto, che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, e che fu sepolto, e fu risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture» (1Cor 15,3-4). Ecco perché il Catechismo può affermare: «La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio» (CCC 599). Questo mistero ci viene comunicato tramite le Sacre Scritture, che in qualche modo, per volontà di Dio, diventano forgiatrici della storia degli uomini. Le cose scritte dagli autori sacri sono ben più di un mero racconto, di semplice memoria di fatti accaduti, o di pure previsioni. Una volta scritte esse diventano matrici della nostra storia. Cristo stesso riconosce autorità alla Scrittura e sembra sottostare a quanto vi è scritto: «Era proprio questo che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si adempia tutto quanto di me sta scritto nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24, 44). E aggiunge: «Così sta scritto: il Cristo doveva patire ed il terzo giorno risuscitare dai morti» (Lc 24,46). Attenzione però: Cristo era libero di non sottostare alle Scritture, perché Dio è superiore alla Parola rivelata; ma poiché nella sua libertà ha scelto di salvarci, egli si è sottomesso al disegno del Padre. Se si svaluta il concetto di libertà dinanzi al concetto di destino, si rischia di scivolare nell’errore in cui cadde Giovanni Calvino (1509-1564, riformatore protestante), il quale tentò di fondare teologicamente la teoria della predestinazione: «Definiamo predestinazione l’eterna disposizione di Dio mediante la quale egli ha fissato in sé che cosa deve avvenire di ciascun uomo secondo la sua volontà; poiché gli uomini non sono stati creati tutti allo stesso modo, ma per gli uni è stata predisposta la vita eterna e per gli altri l’eterna dannazione» (Calvino, Istituzione della religione cristiana).
È evidente la mostruosità teologica cui porta la cieca sopravvalutazione del destino: Dio creerebbe uomini per l’inferno e uomini per il paradiso. Le tesi del calvinismo vennero respinte dalla Chiesa, che già dinanzi a Lutero aveva sostenuto il valore del libero arbitrio. È vero, insegna il Magistero, che nelle Scritture si parla di «prestabilito disegno» di Dio (cfr At 3,23), ma «questo linguaggio biblico non significa che quelli che hanno consegnato Gesù siano stati solo esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio» (CCC 599). Il profeta Giona aveva annunciato un destino di distruzione per Ninive, ma a seguito di un grande pentimento collettivo la città si salvò. Il destino in fondo è come il vento: ha le sue direzioni, ma tutto dipende da come io dispongo le vele. Chi sottovaluta l’ampio margine di movimento che la nostra libertà ci dona, si sottrae alla responsabilità delle proprie scelte per vivere come un automa, come fa chi ricava il destino dalle stelle e dai relativi oroscopi; o come chi attende con ansia rivelazioni private per “sapere che cosa Dio vuole da me”.
Disegno di Dio non significa predestinazione, futuro già scritto. Il disegno di Dio è scritto nella storia con le matite delle nostre vite. E di volta in volta è tracciato in base alle nostre risposte. Molte anime rimangono ferme per anni domandandosi quale sia la loro strada nella vita, ma la strada è solo una: crescere nella fede. Quando l’acqua del fiume sale, la propria barca si disincaglia e segue da sola il suo destino. E non sono le mie domande sul futuro a schiudermi la rotta, ma l’abbandono fiducioso a Dio. Se continua-mente mi sporgo per guardare avanti, significa che non sto vivendo veramente l’abbandono. Ma se lo vivo, allora an-ch’io seguo quel vento e quel fiume; anch’io finalmente vivo secondo le Scritture.

 

 

IL TIMONE – N. 56 – ANNO VIII – Settembre/Ottobre 2006 – pag. 61

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista