Sempre più agguerriti e violenti gli attivisti della lobby per i «diritti» degli omosessuali
Ai gravi episodi accaduti in passato negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Spagna, si è aggiunta ora la dura contestazione contro l’arcivescovo di Trieste, monsignor Crepaldi. La sua colpa? Parlar chiaro
Oggi si dovrebbe dire: «Uno spettro si aggira per l’Europa (e per il mondo): lo spettro dell’intolleranza omosessualista». Qui, al contrario, nessuna ironia, ma la documentazione di una realtà poco conosciuta e preoccupante, che mina alle radici la stessa convivenza democratica e la possibilità di esprimere con libertà le proprie convinzioni. Non passa giorno senza che si registrino episodi di autentica sopraffazione, da parte di attivisti della lobby omosessuale, verso chi non la pensa come loro. L’assedio e la dura contestazione nei confronti dell’arcivescovo di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi, “reo” di aver affermato con estrema chiarezza la propria contrarietà alla propaganda e al sostegno istituzionale a favore dei matrimoni gay, è solo l’ultima, la più recente, di una serie di gravissime, preoccupanti manifestazioni di odio, volutamente ignorate dal potere mediatico. L’onda lunga della violenza alimentata dai sostenitori del “gay marriage” parte da lontano, dagli Stati Uniti, patria di tutte le libertà ma anche di tutte le intolleranze. Un elenco che fa venire i brividi.
«Uccidi questa bambina e i suoi genitori»
Nel 2012, una ragazzina di 14 anni del Maryland, Sarah Crank, solo per avere difeso il matrimonio tradizionale nell’ambito di una testimonianza giudiziale, è stata oggetto della furia omosessualista: contro di lei vessazioni, insulti e persino minacce di morte. Ecco una serie di commenti apparsi su YouTube: «Se mai vedrò questa ragazza, io la ucciderò. Questa è una promessa», «Il motivo per cui l’aborto deve rimanere legale è per evitare a piccoli bigotti come questa di venire al mondo», «Uccidi questa bambina e i suoi genitori, per il mio compleanno sarebbe un regalo meraviglioso». Solo intemperanze verbali un po’ esagerate, pesanti ma innocue? La figlia del senatore democratico di New York, Ruben Diaz Senior, ha ricevuto minacce di stupro perché il padre ha apertamente e pubblicamente sostenuto il matrimonio tra uomo e donna come l’unico possibile.
Un intero Stato messo alla gogna
Il coraggioso ex gay Greg Quinlan, che si è battuto in una ventina di Stati americani per contrastare la legalizzazione delle unioni tra partner dello stesso sesso, confessa: «Patisco più persecuzioni da ex omosessuale di quante ne abbia patite quando ero gay dichiarato e orgoglioso». E aggiunge: «Esistono lobbies ricche e politicamente potenti che negano agli omosessuali il diritto all’autodeterminazione ». Un intero Stato americano, il North Carolina, è stato preso di mira per aver confermato in un referendum il divieto alle nozze gay, peraltro in linea con ciò che stabilisce la Costituzione a stelle e strisce, e cioè che «il matrimonio è l’unione tra uomo e donna». Chi si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso è stato definito «uno stupido, male informato, vittima del lavaggio del cervello, povero provinciale e bigotto». Si è giunti ad equiparare la legalizzazione delle nozze gay alla liberazione dei neri dalla schiavitù… Nel Minnesota, alcuni giovani che avevano organizzato una manifestazione contro la “ridefinizione” del matrimonio in versione omosex, sono stati colpiti da bottiglie e lattine, pesantemente apostrofati con parolacce e insulti e definiti “nazisti”.
Una falsa «uguaglianza»
Nella vecchia Europa la musica purtroppo non cambia. La giornalista e intellettuale britannica Melanie Phillips, laica, ha ricevuto minacce di morte per aver osato criticare sul popolare tabloid Daily Mail i programmi educativi del governo di Londra, che obbligano i piccoli scolari ad essere «bombardati dai riferimenti sugli omosessuali in ogni materia scolastica». E mentre il motore di ricerca Google, colosso mondiale della comunicazione, decide di pagare di più i suoi dipendenti gay, a un altro inglese, Adrian Smith, padre di due bambini, la società di Manchester dove lavora ha decurtato lo stipendio del 40 per cento per aver scritto, sul suo profilo privato Facebook, di opporsi alla pretesa di celebrare i matrimoni omosessuali in chiesa. La storia è stata raccontata ancora dal Daily Mail e ha preso le sue difese proprio Melanie Phillips, che ha fatto notare il paradosso di una legge che in nome dell’uguaglianza e della non discriminazione penalizza la libertà di pensiero. E Adrian Smith non è affatto omofobo. Anzi, secondo lui, «se lo Stato intende riconoscere il matrimonio civile tra omosessuali, può benissimo farlo. Ma non può imporre le proprie regole nei luoghi destinati alla fede e alla coscienza».
Invece, nel giugno 2011 è stato vittima di un vile agguato notturno Alberto Gallardon, allora sindaco di Madrid, circondato e minacciato da un folto gruppo di attivisti gay mentre era con la moglie e i figli, perché aveva chiesto di diminuire il volume della musica durante il Gay Pride, che si sarebbe tenuto pochi giorni dopo nella capitale spagnola. Anche a Milano, il Timone lo ha raccontato, è accaduto un episodio da stigmatizzare: un gruppo di estremisti gay ha fatto irruzione in una chiesa dove si stava celebrando la Messa, scandendo slogan contro il parroco (accusato a torto di omofobia), il Papa e i fedeli in preghiera.
Il dovere di sostenere le «vere» famiglie
Che cosa è successo a Trieste? Nella città giuliana monsignor Crepaldi si è mostrato critico verso una campagna contro l’omofobia, patrocinata da Comune e Provincia, che consisteva nell’attaccare sulle fiancate di tutti gli autobus in circolazione manifesti che ritraevano coppie dello stesso sesso in intimi atteggiamenti. Ha precisato la Curia: «Omofobia è una cosa, equiparazione delle famiglie omo ed eterosessuali è altra cosa». E il settimanale diocesano Vita Nuova: «Comune e Provincia non hanno il compito di patrocinare le campagne dei desideri individuali, ma il dovere di confortare e sostenere la vera famiglia, anche sul piano educativo».
Non fa invece stranamente notizia, infine, che in Iran siano stati condannati a morte 4 giovani, «colpevoli» solo di essere gay: si chiamano Vahid Akbari, Sahadat Arefi, Javid Akbari e Hushmand Akbari e uno di loro è minorenne. Forse, i feroci paladini dei diritti degli omosessuali in Occidente e in Italia farebbero bene a uscire dal proprio orticello ideologico e anticattolico e a difendere i gay soprattutto nei Paesi islamici, dove corrono rischi decisamente più seri che da noi.
Ricorda
«L’obiettivo finale di queste campagne è quello di minare un caposaldo della civiltà, la concezione della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, equiparandola ad altre forme di convivenza».
(Giampaolo Crepaldi, intervistato da Stefano Fontana, settimanale Vita Nuova, 17/1/2013).
IL TIMONE N. 121 – ANNO XV – Marzo 2013 – pag. 16 – 17
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