15.12.2024

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Senza vista, contemplano la vera Vita
31 Gennaio 2014

Senza vista, contemplano la vera Vita

 

 

Sono le Suore Sacramentine contemplative non vedenti. Fanno parte della famiglia di don Orione. Vocazioni in aumento, si stanno diffondendo anche in altri Paesi. Conosciamole da vicino

Diventare suore, di clausura. Per giunta cieche. Una scelta davvero “scandalosa” in una società che crede che una vita degna di essere vissuta debba corrispondere ai criteri della perfetta “funzionalità”, che plaude quando qualcuno, spaventato dalla malattia e dalla morte, oppresso dalla solitudine, decide di suicidarsi. Uno scandalo per un una cultura diffusa che guarda all’eutanasia come ad un principio di grande civiltà. Le Suore Sacramentine contemplative non vedenti, della grande famiglia di don Orione, devono davvero apparire come uno scandalo, oggi più che mai. Eppure, questo Ordine non solo resiste nel tempo, ma registra anche un numero crescente di vocazioni. Tanto è vero che si è diffuso in molti Paesi, dal Brasile all’Albania.
Tutta la straordinaria storia di queste suore nasce nel 1913, quando san Luigi Orione ascolta il suggerimento del professor Augusto Romagnoli, cieco e direttore dell’Istituto per non vedenti “Regina Margherita” di Roma. Il professore pensa che sia giusto dare una possibilità a quelle giovani – conosciute da lui nel suo Istituto – che manifestano segni evidenti di una sicura vocazione religiosa, ma non trovano alcuna congregazione pronta ad accoglierle.
Passano gli anni, l’idea viene coltivata, tanto che don Orione ha già accolto tra le sue suore qualche religiosa non vedente e il 15 agosto 1927 riunisce le prime quattro giovani che costituiscono il nucleo fondativo delle Sacramentine non vedenti, impegnate, ai piedi del tabernacolo, in una «vita di immolazione, di adorazione, di salmodia, in spirito di purissima fede e di amore ardente per la Chiesa, il Papa, i sacerdoti, i sofferenti, i lontani da Dio». La prima responsabile del gruppo è una donna eccezionale, suor Maria Tarcisia. Si chiama Angelina Jona ed è nata a Trevi, in Umbria. A tre anni, colpita dal vaiolo, rimane cieca e a sette anni viene accolta al “Regina Margherita” di Roma.
Nel 1916 incontra per la prima volta don Orione e capisce che la sua aspirazione alla consacrazione a Dio si sarebbe potuta realizzare proprio con lui. Accolta tra le orionine nel 1917, vi trova altre postulanti non vedenti, come lei. Comincia il suo cammino nella creazione della congregazione delle Sacramentine. Nel 1942 accoglie la richiesta del vescovo di San Severino Marche di aprire una nuova casa – la seconda fondazione – alla quale seguono le altre anche in numerosi Paesi, in Argentina, Brasile, Cile, Spagna, Kenya. E nel 1995 le sacramentine arrivano anche in Albania.
Ma come vivono, quotidianamente, queste consacrate? È la preghiera il centro della loro vita, ritmata secondo lo stile monastico; nelle ore libere le suore svolgono diversi lavori. Nella comunità di Tortona, in provincia di Alessandria, realizzano molti lavori all’uncinetto, ai ferri, rosari e fiori di stoffa, con i quali riescono a mantenere il convento, che comporta costi onerosi. Anche l’uso del computer è ormai diventato di ordinaria amministrazione, trasformandosi in un sistema per comunicare con il mondo, attraverso la corrispondenza con tante persone che chiedono parole di conforto e preghiere. Le suore non vedenti usano il computer grazie ad un apposito programma di sintesi vocale, con il quale il pc legge ciò che viene scritto sullo schermo. La posta elettronica ricevuta viene stampata direttamente in Braille. E, nonostante la natura essenzialmente contemplativa, il convento delle Sacramentine si apre “fisicamente” agli altri accettando gruppi di preghiera e visitatori occasionali, organizzando incontri mensili di cultura religiosa. Ci sono poi gli appuntamenti fissi di ogni anno: la “festa della Luce”, celebrata la seconda domenica di settembre, mentre in estate ci sono i campi scuola. Tutt’altro che isolate queste contemplative, dunque, ma pienamente inserite nella vita della Chiesa.
Del resto, le vocazioni indirizzate verso gli ordini di clausura appaiono, negli ultimi tempi, rispetto alla media delle vocazioni in generale, le più frequenti. La catechesi di papa Benedetto XVI di mercoledì 2 dicembre scorso, dedicata alla figura di Giuliana di Norwich, mistica e anacoreta, ha sottolineato, una volta di più, il senso della scelta della clausura. «Le donne e gli uomini che si ritirano per vivere in compagnia di Dio, proprio grazie a questa loro scelta, acquisiscono un grande senso di compassione per le pene e le debolezze degli altri. Amiche ed amici di Dio, dispongono di una sapienza che il mondo, da cui si allontanano, non possiede e, con amabilità, la condividono con coloro che bussano alla loro porta», ha spiegato il Papa, il quale ha affermato di pensare «con ammirazione e riconoscenza, ai monasteri di clausura maschili e femminili che, oggi più che mai, sono oasi di pace e di speranza, prezioso tesoro per tutta la Chiesa, specialmente nel richiamare il primato di Dio e l’importanza di una preghiera costante e intensa per il cammino di fede».
E chi l’ha detto che delle suore cieche non possano anche essere missionarie? Non lo pensano davvero le Sacramentine e infatti sono arrivate anche in Kenya. Ma questa è una storia che va raccontata sin dal principio. Invitate dai vescovi di Meru e di Muranga – città a qualche centinaio di chilometri dalla capitale Nairobi – nella nazione africana sono arrivate per prime le orionine Piccole suore missionarie della Carità, precisamente il 20 luglio 1979. Sono gli stessi presuli africani ad accoglierle con tanta gioia: offrirono un alloggio decoroso e tracciarono una prima mappa per un’attività iniziale a carattere assistenziale-sanitario. È stato questo il primo impegno delle missionarie: aprire un reparto maternità, di pediatria e un dispensario.
Le prime cure vengono prestate a decine di bambini denutriti, molti dei quali addirittura “dimenticati” dalle loro stesse mamme. Oggi questo servizio si è diffuso in molti villaggi, dove – accanto ad una suora – c’è del buon personale laico preparato. Accanto a questo lavoro di aiuto, cura, assistenza, le suore sono diventate anche un concreto esempio di vita diversa, accesa dalla fede. E questo ha fatto fiorire molte vocazioni. Perciò è stata aperta una casa di formazione per candidate alla vita religiosa, a Nairobi, poi la sede del noviziato per le Piccole suore e per le Sacramentine non vedenti. Il vescovo di Meru accoglie nel 1980 la loro piccola comunità, mettendo a loro disposizione un modesto alloggio accanto alla cattedrale. Dopo qualche anno, la direzione generale dell’Ordine ha ritenuto opportuno un periodo di formazione in Italia: dal 1993 sono ritornate a Meru, al loro lavoro quotidiano. Così, con il “vestito” di candido lino su cui spicca un largo scapolare rosso fuoco, si muovono lungo le strade del mondo, illuminate da una gioia interiore.
Ma anche in Italia le vocazioni, in seno alle Sacramentine, continuano a fiorire. Proprio l’8 dicembre scorso, solennità dell’Immacolata, nella cappella della comunità di Tortona ha fatto la sua professione la novizia Dominika Maciejewicz, prima vocazione non vedente proveniente dalla Polonia. È stata la madre generale, suor M. Irene Bizzotto, a ricevere i voti di suor Maria Dominika della Divina Misericordia, nome con il quale la novizia ha fatto la sua consacrazione. In fondo, per capire il senso di una vocazione così particolare, basterebbe leggere le testimonianze che si trovano nel sito web dedicato, appunto, a questa comunità religiosa. Come scrive suor Maria Rosa dello Spirito Santo, «chi vive interiormente e desidera testimoniare il messaggio evangelico deve cercare di essere di esempio per gli altri e seguire le orme di Gesù, sorgente di luce e fonte di incommensurabile bontà. In conclusione, mi piace ricordare quanto diceva Madre M. Tarcisia dell’Incarnazione, nostra prima Superiora non vedente, voluta dal nostro fondatore: “L’Adoratrice dal suo inginocchiatoio può raggiungere tutti i punti della terra”».

 

 

IL TIMONE N. 101 – ANNO XIII – Marzo 2011 – pag. 52 – 53

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