Capita raramente ma succede. Circolano buoni film, tratti da libri meritevoli d'essere letti. Ecco qualche consiglio.
Per cento film che ogni mese I produttori immettono sul mercato forse solo uno o due sono degni di essere visti. Dagli anni Sessanta, la fatuità poi la provocazione poi la violenza esplicita si sono! impadroniti progressivamente del cinema, rendendolo un mezzo di trasmissione dell'ignoranza o, di rado, una banale lezione di sentimentalismo.
Consiglio,la visione di film tratti da romanzi, il cui pregio consiste in quello che Pascal chiamava esprit de finesse. Caso più unico che raro tra prodotti per sala cinematografica, non troveremo scene volgari o sconvenienti: un segnale di forza e di superiorità di registi e attori che rifiutano di pagare con l'indecenza il tributo al "mondo dello spettacolo". Non sarà facile reperirli dal noleggiatore di videocassette; ma meritano di essere acquistati, per una visione in famiglia o per cineforum improvvisati.
"Amadeus" (regia di Milos Forman, USA, 1984; otto premi Oscar) è un film di qualità, benché presenti un Mozart ben distante dalla verità storica e biografica. L'ambientazione nella società austriaca di fine Settecento, la preziosa colonna sonora e l'ottima recitazione ne fanno un'opera consigliabile a tutti; notevole il contrasto tra personaggi: l'antagonismo tra i due musicisti, il viennese e geniale Wolfgang Amadeus e l'italiano Salieri (interpretato da Murray Abraham), mediocre e risentito. Nonostante le due ore e mezza di trama, non ci si accorge del tempo che scorre perché affascinati dalla potenza della musica e dall'intrigo dell'intreccio che, ripeto, è falso ma interessante. La storia viene dal testo teatrale "Amadeus" (Einaudi, 1987) di Peter Shaffer, leggibile anche dopo aver visto il film.
"La pazzia di re Giorgio" (regia di N.Hynter, GB, 1994) racconta con molto brio e ironia britannica la vicenda realmente accaduta di un temporaneo stato di demenza occorso a Giorgio III sullo scorcio del Settecento. Tanti i punti forti del film: recitazione magistrale da parte di attori con esperienza del miglior teatro shakespeariano, intreccio intrigante della vicenda, costumi e sonoro perfetti, gusto per la battuta piena di humor e dì significato.
Degna di nota l'ìnterpretazione del protagonista (l'attore Nigel Hawthorne), alle prese con problemi di mente, con l'indolenza del figlio primogenito e pretendente al trono, con i ministri e un parlamento turbolento, con l'insipienza dei medici di corte. Quasi due ore di colpi di scena, di dialoghi all'ultima parola, di riso e riflessione: una divertente lezione di storia in puro stile anglosassone. Così come il testo da cui è tratta, "La pazzia di re Giorgio" (Adelphi, 1996) di Alan Bennett, da leggere dopo la visione della pellicola.
"Kalkstein – La valle di pietra" (regia di M.Zaccaro, ITA, 1992) narra la storia di un parroco di campagna, sperduto nella canonica di una conca remota dell'impero asburgico. La voce narrante è quella di un agrimensore incaricato dal ministero di compiere rilievi in quella zona "calcarea" e inospitale: qui incontrerà l'anziano prete, del quale diverrà amico e depositario della commovente biografia. Oltre ai due personaggi, la vera protagonista è la natura, con forme rocciose, con frequenti cambi del cielo, sole temporale pioggia, con silenzi interrotti dal canto dello scricciolo. Lo stile è quello del racconto che ispira la trama, contenuto in "Pietre colorate" di Adalbert Stifter.
"Picnic a Hangin' Rock" (regia di P.Weir, AUS, 1975) risulta sin dal titolo un film strano: una storia misteriosa e inquietante, realmente accaduta il giorno di san Valentino del 1900 in un collegio femminile australiano, quando alcune ragazze in gita… Fotografia e colonna sonora tentano di unire la forza del mito alla dolcezza apparente della belle époque vittoriana. È anche una delicata, impossibile storia d'amore tra la botticelliana Miranda e il giovin signore Fitzhu-bert; un punto di domanda aperto contro i cieli azzurri del continente australe. L'atmosfera del romanzo è resa fedelmente: si legga l'omonimo libro della scrittrice Joan Lindsay (Sellerio, 1999).
"Il Gattopardo" (regia di Luchino Visconti, ITA-FRA, 1963) è un grande affresco storico sul quale né il tempo né l'estetismo ideologico del regista hanno lasciato tracce: i personaggi si prestano alla scena con maestosità, dal principe don Fabrizio Salina (Burt Lancaster) all'ambizioso nipote Tancredi (Alain Delon) alla bella Angelica (Claudia Cardinale).
Negli anni dell'impresa dei Mille, di Garibaldi in Sicilia, della tempestosa unità d'Italia, impietosa, la vicenda non nasconde il retroscena degli avvenimenti, alla luce del motto "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi". E il pessimismo in grande stile è la calligrafia stessa del romanzo omonimo, di Giuseppe Tornasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958 e destinato a costituire un caso letterario di successo.
"Il pranzo di Babette" (regia di G.Axel, DAN, 1988; premio Oscar) ci trasporta in un paesino di pescatori della Scandinavia: protagonista è una signora francese ricercata dalla polizia dopo i fatti della Comune di Parigi. Trova ospitalità presso due anziane sorelle, figlie di un pastore protestante, dove trascorre gli anni come governante. Le descrizioni della vita quotidiana del villaggio e il ritratto dei sentimenti delle protagoniste da un senso intimo all'atmosfera, verso il doppio colpo di scena finale, con una morale. Elementi che si ritrovano nel racconto di Karen Blixen dal quale la sceneggiatura è presa.
"Un incantevole aprile" (regia di M. Newell, GB, 1992) racconta quanto capitò a due modeste signore londinesi, le quali durante una uggiosa giornata londinese, nel 1922, leggono un annuncio sul Times: "per gli amanti del glicine e del sole. Piccolo castello medievale italiano sulle coste del Mediterraneo affittasi ammobiliato per il mese di aprile. Servitù inclusa. C.p.1000". L'occasione fa rifiorire non una ma quattro vite, di donne dapprima estranee e infine amiche: complice il dolce sole di Liguria, il profumo delle acacie, e soprattutto la fede nell'amore da parte dell'ingenua mrs. Wilkins. Così il matrimonio degli Arbuthnot riavrà nuova linfa, la bella Lady Caroline accetterà di amare al di là delle apparenze, l'anziana mrs. Fisher troverà le amicizie che una lunga esistenza d'egoista le aveva vietato di coltivare. Il film, con sapienti colpì di scena, è un trionfo dell'amore e della riconciliazione. Da leggere, poi, il delicato romanzo omonimo di Elizabeth von Arnim (Bollati Boringhieri,1993).
IL TIMONE N. 16 – ANNO III – Novembre/Dicembre 2001 – pag. 46-47
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