Personalità più illustre del secolo, coltissimo, dà lustro e autorità alla sede pontificia, anche con l’aiuto dell’imperatore Ottone III.
Nome: Gerberto d’Aurillac
Data nascita: tra il 938 e il 950
Elezione: 2 aprile 999
Incoronazione: 9 aprile 999 in S. Pietro
Durata: 4 anni, 1 mese, 10 giorni
Data morte: 12 maggio 1003
Sepolto: S. Giovanni in Laterano
Posizione cronologica: 139
Fede e ragione non sono mai state in contrasto poiché entrambe create e donate da Dio, Essere perfettissimo privo di ogni contraddizione. Laddove l’uomo non arriva con la propria ragione alla conoscenza della Verità, la fede interviene, illuminando l’anima e portandola alle vette della conoscenza.
Un esempio concreto di come l’alleanza tra fede e ragione possa produrre frutti copiosi è sicuramente quello del primo papa francese della storia, il coltissimo Silvestro II.
Autentico scienziato, con i suoi studi, invenzioni e ricerche pone le basi per la scienza moderna.
Il genio e la vastissima cultura che spazia in ogni campo del sapere caratterizzano Gerberto d’Aurillac quale massima personalità del decimo secolo. Dotto filosofo, eppure di strabiliante competenza nella matematica, nella linguistica, nella medicina, nell’astronomia e nella sperimentazione scientifica. Viene in contatto con i numeri arabi e li assimila, diventando pioniere nell’uso dell’abaco e sviluppando le operazioni aritmetiche. Persino nella musica, le sue conoscenze gli permettono di diventare il massimo esperto di organi del suo tempo, tanto da costruirne un esemplare. Esperto di geometria e di astronomia, introduce l’astrolabio e, soprattutto, progetta e realizza globi celesti, considerati veri e propri anticipatori dei planetari moderni, che permettono lo studio dei movimenti degli astri. Grande impressione suscita l’invenzione di un apparecchio per la misurazione dell’ora durante la notte, quando l’unico strumento è ancora la meridiana.
Gerberto è anche un fine letterato. Grande retore, è maestro di dialettica e incoraggia lo studio oltre che del trivio (grammatica, dialettica e retorica) anche del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia).
E’ anche uno dei pochissimi stenografi del Medioevo.
Un uomo di così grande erudizione causa invidia, fomentando sospetti infondati sulla reale provenienza del suo sapere. Nasce la leggenda, ripresa poi dai protestanti in chiave polemica anticattolica, di un presunto patto di Silvestro-mago con il diavolo per ottenere sia il dono della conoscenza che del pontificato. Questa leggenda, probabilmente diffusa da Ademaro di Chabannes e Guglielmo di Malmesbury, è arrivata persino ad essere pubblicata nel Liber pontificalis. La sua infondatezza è stata successivamente confermata nel 1648, quando il canonico Rasponi esegue una ricognizione sul cadavere di Silvestro: il corpo è trovato intatto per dissolversi qualche secondo dopo al contatto con l’aria: la scoperta smentisce l’ipotesi del patto satanico che prevedeva la distruzione delle spoglie di Silvestro subito dopo il trapasso. Uno strascico di questa leggenda vuole che all’imminenza della morte di un papa, la tomba di Silvestro trasudi e si odano sinistri scricchiolii di ossa.
La data di nascita di Gerberto è incerta, comunque compresa tra il 938 e il 950. E’ monaco benedettino nel monastero di Saint Girand ad Aurillac. Diventa discepolo del vescovo di Vich, Attone, che lo inizia allo studio della matematica. Nell’abbazia di Santa Maria di Ripoll entra in contatto con la lingua araba.
Giunge a Roma per la prima volta al seguito di Attone e del conte Borrell per chiedere di elevare a sede metropolitana Vich.
Papa Giovanni XIII (965-972) ne apprezza le qualità intellettuali tanto da segnalarlo all’imperatore Ottone I (962-973). Gerberto prosegue i suoi studi a Reims. La sua fama cresce quando a Ravenna, alla presenza di Ottone II (973-983), sostiene una disputa con il maestro Otric della scuola della cattedrale di Magdeburgo. Ottone è talmente impressionato dall’abilità di Gerberto che decide di assegnargli l’abbazia di Bobbio nel 980.
Ma in questa sede Gerberto rimarrà per poco. Ritorna ad insegnare a Reims, dove segue la vita politica intervenendo efficacemente per fare eleggere Ugo Capeto, prodromo della dinastia regale dei capetingi, al trono di Francia a discapito del legittimo erede Carlo di Lorena.
Nel giugno 991, Gerberto è nominato vescovo titolare di Reims da Ugo Capeto durante il Concilio a Saint-Basle de Verzy senza l’autorizzazione del papa Giovanni XV (985-996), in quanto, secondo la tesi sostenuta dal vescovo di Orléans, Arnoul, e appoggiata dallo stesso Gerberto, non si ritiene necessaria l’approvazione papale per la nomina di un ecclesiastico. Queste posizioni decisamente gallicane Gerberto le ripudierà quando il 2 aprile 999 sarà eletto pontefice, affermandosi come strenuo difensore dell’autorità pontificia.
L’imperatore Ottone III (996-1002) ha grande stima di Gerberto, tanto da “imporlo” già nel 998 all’arcivescovado di Ravenna e prodigandosi poi per la sua elezione al soglio di Pietro.
Il nome scelto da Gerberto, Silvestro II, è una chiara indicazione dell’indirizzo che darà al suo pontificato: stretto accordo con l’imperatore Ottone III per affermare il cristianesimo sul modello del Sacro Romano Impero, così come il santo predecessore Silvestro I (314-335) agì in connubio con l’Imperatore Costantino.
Nonostante questa stretta collaborazione, Silvestro II ha il merito di conservare l’indipendenza della Sede Apostolica dalle ingerenze eccessive a cui una forte personalità come quella di Ottone III non rinuncia facilmente.
Il Papa persegue una decisa riforma dei costumi ecclesiastici, combattendo innanzitutto la piaga della simonia, contrastando il nepotismo e imponendo il celibato agli ecclesiastici. Nonostante queste rigide misure, egli si rivela un pastore assai vicino ai fedeli. Dà grandissimo impulso alla vita religiosa e culturale nell’est dell’Europa, fornendo un respiro europeo al suo pontificato. Fonda la prima circoscrizione vescovile ungherese di Esztergom e in Polonia fonda la diocesi di Gniezno che genererà, mille anni più tardi, l’illustre figlio Karol Woytila.
Una serie di ribellioni del popolo romano, che mal sopportano la presenza dell’imperatore straniero, costringono Ottone, e insieme a lui Silvestro, a lasciare la città. Durante l’esilio, Ottone muore a soli 21 anni, lasciando il Papa solo nella sua opera.
Ritornato a Roma, Silvestro II deve accettare la situazione del controllo della città assunto dal signorotto Giovanni Crescenzio, al quale si deve sottomettere per poter svolgere il suo ministero, sempre più isolato, nel Laterano.
La morte sopraggiunge il 12 maggio 1003.
RICORDA
«Di fatto Gerberto d’Aurillac ha singolarmente dominato il suo secolo con le sue conoscenze e la sua erudizione, con la sua rettitudine morale e il suo senso spirituale. Fu al contempo un intellettuale e un uomo d’azione, un diplomatico e un uomo di Chiesa… Il suo atteggiamento spirituale e intellettuale resta un appello a ricercare la verità umana, che non si oppone mai alla verità della fede. Diceva: “Uniamo sempre la scienza e la fede”».
(Giovanni Paolo II nell’udienza concessa alla delegazione della diocesi di Saint Flour [Francia], Société des Lettres, Sciences et Arts “La Haute Auvergne” il 1° maggio 2003, in occasione dei mille anni della morte di Silvestro II).
IL TIMONE – N. 30 – ANNO VI – Febbraio 2004 – pag. 56 – 57