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15.12.2024

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Soldato e cristiano
1 Febbraio 2014

Soldato e cristiano



Un soldato può essere un buon cristiano? Un militare può aspirare alla santità? Guerra e vita cristiana sono conciliabili? Lo abbiamo chiesto a Geraldina Boni, docente di Diritto canonico all’università di Bologna e autrice del volume La canonizzazione dei santi combattenti nella storia della Chiesa (Libreria Editrice Vaticana, 2012)

«Militare est peccatum?». Questo interrogativo nei secoli ha lacerato le coscienze e interpellato le intelligenze più acute. Il tema è strettamente intrecciato a quello, non meno controverso, della guerra e di una sua eventuale legittimità. Accanto al «non uccidere» del V comandamento, il Catechismo ammette che in casi estremi la guerra possa essere giusta. Specularmente tuttavia non ogni pace è giusta: non lo è quella ove si calpesta la dignità umana e si negano i diritti della persona. Solo in una società utopica ogni pace – intesa come silenzio delle armi – è aprioristicamente giusta. Allo stesso modo, è frutto di una semplificazione inaccettabile sentenziare che esiste una contraddizione insuperabile tra l’essere soldati e l’essere cristiani. Al contrario, il cristiano è chiamato ad incarnare la sua fede a maggior ragione nelle circostanze più tragiche ed oscure dell’avventura umana.

San Paolo parla della “buona battaglia” ed evoca il modello del combattente, utilizzato nei secoli anche per definire i cristiani come milizia di Cristo. Perché oggi molti cristiani a questo modello preferiscono uno stile pacifista, considerato l’unico cristianamente accettabile?

«Nella società odierna dilaga, anche tra i cattolici, una sensibilità improntata al pacifismo imperante, in cui viene rigettato ogni conflitto armato e il combattente viene considerato riprovevole, atteggiamento sovente viziato da preconcetti ideologici. Non di rado, infatti, si tratta di un pacifismo che volutamente ignora le cause che determinano diseguaglianze o ingiustizie insopportabili, a volte è fazioso e, dietro una presunta neutralità, cela l’adesione alle ragioni di una parte, alimentando un clima tutt’altro che favorevole alla pace. Esiste poi il pacifismo pilatesco di chi dichiara di non poter fare nulla, sottraendosi così a doveri concreti di solidarietà. Al contrario, il magistero della Chiesa indica nei militari i «ministri della sicurezza e della libertà dei popoli» (Gaudium et Spes): devono essere consapevoli della loro insostituibile missione, collaborando, sia come singoli sia come comunità ecclesiale, a quel vero e non mistificante ministerium pacis inter arma che diviene nuovo annuncio del Vangelo e di cui Giovanni Paolo II in particolare li ha proclamati araldi».

Se la Chiesa rifiuta la violenza, è possibile aspirare alla santità imbracciando le armi e indossando una divisa?

«I plotoni di santi combattenti che costellano i duemila anni di storia della Chiesa, riconosciuti ufficialmente, rappresentano un’esperienza importantissima. È significativo che siano assai numerosi anche nel medioevo, dominato in qualche modo dalla “tirannia” della spiritualità monastica. Per i fautori del contemptus mundi (“disprezzo del mondo”) rendeva impervia la perfezione cristiana la triplice commistione con la carnalità rappresentata dall’uso del denaro, dalla sessualità e, appunto, dal mestiere delle armi. Ed invece i laici, ai quali soli era concesso di guerreggiare – essendo vietato a chierici e religiosi di contaminarsi con il sangue –, non erano svantaggiati sulla via della santità e la spia della loro non discriminazione si evidenzia proprio nelle frotte dei santi combattenti. Laici, dunque, che si santificarono non fuggendo le mundi voragines ma proprio gestendo le cose temporali, raggiungendo gli onori degli altari senza nulla dismettere della propria secolarità». Simbolo della lotta contro il Maligno, san Michele Arcangelo è capo delle milizie celesti. Come può una figura angelica essere il primo combattente di Cristo? «Su origini, sviluppo, forme del culto all’Arcangelo Michele la dottrina ha discusso animatamente. Certamente resta il fatto incontrovertibile di una devozione popolare inestinguibile e potente, sin dall’antichità, che confidava in questo imbattibile protettore, non di rado rivestito di una sfolgorante armatura con elmo e scudo luccicanti, comunque sempre in combattimento, lontanissimo dall’immagine un po’ puerile e consolatoria, se non edulcorata e stucchevole in cui sovente si imprigionano gli angeli. E le cadenze del culto popolare sono cruciali per percepire il sensus fidei più genuino che sostenta la Chiesa».

Come si comporta un buon cristiano in guerra, come può esercitare in giustizia le proprie virtù in un contesto di violenza?

«Proprio la Chiesa nel corso dei secoli ha sancito e reso obbligatorie alcune regole per la conduzione delle guerre in modo da differenziarle dalla rissa ferina e dal latrocinium, regole (etiche ma anche giuridiche) che estromettessero dalle medesime gli aspetti più detestabili, espellessero le nefandezze e contraessero la violenza fine a se stessa, riconducendo il più possibile ogni azione a correttezza e onestà. Si sono precorse, così, le stipulazioni della comunità internazionale sul cosiddetto ius in bello, oggi di grande attualità e che devono essere punto di riferimento per il cristiano ».

La vita militare è stata una parentesi rilevante nella vita di molti santi, possiamo dire che la stessa si è incarnata nella vita di molti santi forgiandone lo spirito e rendendone feconde le opere?
«Scorrendo le biografie delle migliaia di beati e di santi, si scopre che non pochi fra loro, in un tratto a volte anche durevole della loro vita, sono stati soldati. Lo stesso San Francesco d’Assisi aveva in giovinezza sposato l’ideale cavalleresco e militare, prendendo parte alla guerra contro Perugia e poi aggregandosi alla spedizione di Gualtieri di Brienne che combatteva per il papa Innocenzo III. Per San Francesco, come per altri grandi santi, non risulta che tale militanza ne abbia messo a repentaglio la santità. L’esperienza militare ne ha invece in qualche modo scolpito e rafforzato la tempra. Si pensi, per tutti, a Camillo De Lellis, dai diciassette ai venticinque anni soldato di ventura: forse provvidenzialmente memore di quegli anni travagliati, dopo aver fondato la sua Compagnia dei Ministri degli Infermi, costituì la prima unità ospedaliera di cui si abbia notizia per soccorrere i soldati sul campo di battaglia».

Tra i martiri cristiani c’è San Massimiliano, che in virtù della propria fede rifiutò di arruolarsi e per questo venne ucciso. La Chiesa che si oppone strenuamente alla violenza è la stessa che nei secoli ha combattuto per difendere il cuore della propria fede: come possono stare insieme queste due anime?

«San Massimiliano è uno dei primi obiettori di coscienza: ha dichiarato la sua fede inconciliabile con qualsiasi tipo di violenza. Una decisione profetica, poiché preannunzia quella dimensione futura in cui la guerra sarà debellata, ma un’opzione non obbligatoria, bensì lasciata al discernimento personale. I cristiani, infatti, non sono tenuti né giuridicamente né moralmente ad avvalersi dell’esonero dal servizio militare. La CEI, nella nota pastorale Educare alla legalità del 1991, ponendo a confronto le due forme di obiezione di coscienza più diffuse, quella al servizio militare e quella all’aborto, ha ammonito su come sia «del tutto necessario rilevarne la diversità di prospettiva: nel caso del servizio militare non esiste propriamente una morale obbligatorietà di opposizione ad esso […] nel secondo caso il comandamento di non uccidere l’innocente obbliga moralmente in modo grave tutti e sempre, senza eccezioni ». Occorre ancora una volta distinguere guerra da guerra, pace da pace: la pace non è, come ha affermato Benedetto XVI, “semplice assenza di guerra, ma […] convivenza dei singoli cittadini in una società governata dalla giustizia, nella quale si realizza in quanto possibile il bene anche per ognuno […] essa si configura come dono celeste e grazia divina, che richiede, a tutti i livelli, l’esercizio della responsabilità più grande, quella di conformare – nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell’amore – la storia umana all’ordine divino”: a questo devono attendere i militari cristiani».

Dossier: SANTI ARMATI

IL TIMONE N. 125 – ANNO XV – Luglio/Agosto 2013 – pag. 42 – 43

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