15.12.2024

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Solo Cristo salva. Nessun altro!
31 Gennaio 2014

Solo Cristo salva. Nessun altro!

 

 

Il vero spirito missionario può svegliare i laici d’Occidente. Purchè si porti al mondo Cristo. Intervista a Padre Gheddo.

 

 

 

“Oggi si imposta la discussione sul dialogo, sul confronto. Giusto. Ma per che cosa? Per annunciare Cristo. E invece non si arriva mai a dirlo in modo chiaro.”

Padre Piero Gheddo è uno dei missionari più famosi d’Italia. Eppure non è mai andato in missione, almeno nel senso “classico” del termine. Da 50 anni gira i continenti per raccontare da giornalista le speranze della Chiesa cattolica laddove sta nascendo. Oltre 50 libri, una lunga militanza da direttore della prestigiosa rivista del Pime Mondo e Missione, le innumerevoli conferenze (anche alla tv) e campagne d’opinione sul terzo mondo ne hanno fatto un personaggio. Che però non ha mai perso la semplicità dei modi e la fede schietta e “popolare”.

Padre Gheddo: oggi la missione è in crisi?

 

«Domanda molto difficile. Nella Redemptoris missio, l’enciclica di Giovanni Paolo II sulla missione, il numero 2 ammette: “La missione specifica ad gentes sembra in fase di rallentamento… Difficoltà interne ed esterne hanno indebolito lo slancio missionario della Chiesa verso i non cristiani ed è un fatto questo che deve preoccupare tutti i credenti in Cristo”.

Tuttavia credo che tale difficoltà sia una crisi di crescita».

 

 

Ma i numeri parlano: i missionari diminuiscono ovunque…

 

«È vero. Per esempio i francesi sono passati dai 22 mila degli anni ’50 ai 7-8 mila di adesso; gli olandesi sono calati da 8 mila a duemila. Mentre l’Italia è scesa da 18 a 16 mila; quindi ha tenuto».

 


Comunque anche i missionari italiani invecchiano.

 

«È vero, sono diminuite le vocazioni per gli istituti missionari. Però noto in molti giovani un desiderio di recupero, di rinascita. Oggi sono più ottimista che non 10 o 15 anni fa: mi pare di sentire che il crollo delle ideologie e delle speranze umane riporti per forza di cose la fede alla superficie. È dunque il momento buono per un annuncio più esplicito».

 

 

C’è anche una crisi “ideologica”, tuttavia.

 

«Cambia il modo di concepire la missione. Ma questo è già successo varie volte nella storia. Nel 1500, ad esempio, si andava in missione per salvare le anime. Nel secolo scorso invece l’attenzione è stata puntata sulla fondazione della Chiesa».

 

 

E adesso?

 

«Valgono sempre i principi del salvare le anime e del fondare la Chiesa. Però si è più sensibili ad altri temi, per esempio il dialogo interreligioso o la presenza silenziosa nei luoghi dove non è possibile un annuncio esplicito, per esempio nei Paesi islamici».

 

 

In ambienti anche cattolici si diffonde l’idea che non sia legittimo andare in casa d’altri a proporre un messaggio “estraneo” come quello del Vangelo. Che ne pensa?

 

«Qui tocchiamo il punto. La crisi di fede nel mondo occidentale si manifesta in tre modi pericolosi: il primo è la secolarizzazione della salvezza (vedi Redemptoris missio 11: “La tentazione oggi è di ridurre il cristianesimo a una sapienza puramente umana, quasi una scienza del buon vivere”), il secondo è la razionalizzazione, rendere la fede un problema intellettuale nascondendo il suo elemento di rottura rispetto alla logica umana e l’idea di mistero».

 

 

E il terzo pericolo?

 

«Il relativismo religioso: ovvero pensare che un credo vale l’altro. Oggi non è in difficoltà il senso religioso della vita…».

 

 

Vedi la new age, che attira folle…

 

«Appunto. È in crisi l’unicità di Cristo come salvatore del mondo. Il cristianesimo si riduce a un insieme di valori e a una forma consolatoria nella società del capitalismo avanzato».

 

 

Lei è stato uno dei primi a parlare di “missionari senza Cristo”. Ripeterebbe questo slogan?

 

«Non c’è mai stato un momento storico in cui la Chiesa fosse così presente nelle miserie umane attraverso il volontariato e le opere di carità: si tratta di una testimonianza grandiosa. In Italia, per esempio, ci sono oltre 100 comunità di suore e preti per i tossicodipendenti. Però è difficile da queste azioni meritevoli risalire alla fede che le muove. Gesù Cristo è dato per scontato».

 

 

O forse si ha paura di tirar fuori quel nome, che potrebbe procurare fastidi nel cosiddetto “dialogo”.


«Già. Oggi s’imposta spesso la discussione sul dialogo, sul confronto. Giusto, giusto. Ma per che cosa, alla fine? Per annunciare Cristo. E invece non si arriva mai a dirlo in modo chiaro».

 

“È in crisi l’unicità di Cristo come salvatore del mondo. Il Cristianesimo si riduce a un insieme di valori e una forma consolatoria nella società del capitalismo avanzato.”

 

Un altro aspetto della crisi dell’annuncio in Occidente si può indicare nel ripiegamento sulla “missione qui”: abbiamo tanto da rievangelizzare nei nostri Paesi, lasciamo un po’ perdere il terzo mondo.

 

«Questo è vero sul piano pratico, non su quello teorico. I documenti della Chiesa italiana sulla missione, da 30 anni in qua, sono espliciti e bellissimi. Poi diventa difficile applicarli, perché il singolo vescovo o parroco – tormentati dalla scristianizzazione – vorrebbero andarci piano con la missione ad gentes».

 

 

Ma la terapia del ripiegarsi è efficace?

 

«Tutt’altro! La vera ricetta è che “la fede si rafforza donandola”. Cari parroci e operatori pastorali, se volete che i vostri laici riacquistino l’entusiasmo e la passione della fede, dovete dar loro uno spirito missionario».

 

 

Bisogna dire però che anche l’animazione missionaria in Italia si è concentrata spesso su temi interni, o per lo meno tangenti: dagli extracomunitari alle mine, alla campagna contro il commercio delle armi…

 

«Non c’è dubbio che siamo andati fuori strada. Il problema non era che si parlasse delle armi o della fame nel mondo: ma che si facesse senza un richiamo a Cristo. Tant’è vero che pochissimi studi approfondiscono l’apporto del Vangelo allo sviluppo dei popoli».

 

 

È un argomento impopolare: sembra che vogliamo imporre agli altri la civiltà occidentale…

 

«lo parlo di Vangelo, non di civiltà occidentale. È il messaggio di Gesù che libera l’uomo e i popoli, che cambia i costumi e le mentalità e porta a impegnarsi per un mondo migliore».

 

 

Ma è proprio questa pretesa di verità del cristianesimo a fare problema. Oggi siamo nel regno del pensiero debole, tutto si relativizza.

 

«In campo cristiano questa mentalità è sbagliata. Se si relativizza tutto, la fede non ha più senso: perché Gesù Cristo e non il filosofo Vattimo, allora?».

 

 

Bisogna dunque avere il coraggio di rifare una proposta “forte”?

 

«Penso che noi preti dobbiamo partire sempre più dai fondamenti della fede, come nel primo annunzio nei Paesi non cristiani. Che vuoI dire annunziare l’essenzialità della fede, superando certe discussioni su problemi contingenti come il celibato sacerdotale e simili. Bisogna ritrovare entusiasmo: “Dio sta preparando una grande primavera cristiana di cui già s’intravede l’inizio”, ha detto la Redemptoris Missio. Dobbiamo crederci».

BIBLIOGRAFIA

Piero Gheddo – Michele Brambilla, Nel nome del Padre. La conquista cristiana: sopruso o missione?, Bompiani, Milano 1992.
Piero Gheddo, Missionario. Un pensiero al giorno, Piemme, Casale M.to (AL) 1997.
Roberto Beretta, La foresta che cresce. Uomini e donne senza frontiere, EMI, Bologna 1993.
Roberto Beretta – Giovanni Gazzaneo, Preti di strada, SEI, Torino 1995.

IL TIMONE – N. 4 – ANNO I – Novembre/Dicembre 1999 – pag. 8 – 9

 

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