Taverna dell’allegria

Regia di Mark Sandrich.

1942 – 101 minuti – bianco/nero

Un musical di valore

Nel panorama cinematografico, film ambientati nel pieno del clima natalizio ce ne sono. Alcuni sono dei veri capolavori, tanto che in passato abbiamo già avuto modo di parlarne. Altri, invece, sempre apprezzabili, si fanno ricordare per qualche particolarità che riesce a contraddistinguerli; e a tal proposito penso che “La taverna dell’allegria” possa rientrare a pieno titolo tra questi. Il film è un musical, quindi è assolutamente necessario che il genere piaccia. Sembra una cosa ovvia, ma non è detto che tutti gradiscano sentir cantare e veder ballare ma, in questo caso, potrebbe valer la pena sforzarsi per questo film, perché si sentirebbe cantare Bing Crosby e si vedrebbe ballare Fred Astaire. Il musical, in generale, ha un impianto molto particolare, il più delle volte di tipo teatrale, con ricostruzioni artificiose smaccatamente e volutamente finte, il cui fine è dare una collocazione spazio-temporale idilliaca.
Un cantante compositore, dopo una delusione d’amore, si ritira in una baita di montagna a cercare un po’ di pace e ispirazione. Decide di allestire dei numeri musicali per ogni festività del calendario. Così si innamora della cantante che lui ha scelto come protagonista dei vari pezzi. Tutto si complica quando alla baita arriva l’amico-rivale ballerino che vuole portargli via la ragazza. Ma il lieto fine è dietro l’angolo.
Il film è un puro pretesto per sentire la bella e calda voce di Bing Crosby e per vedere i balli, almeno uno straordinario, di Fred Astaire. A nobilitare tutto bisogna dire che le musiche sono del grandissimo Irving Berlin e così tra una melodia e l’altra si arriva ad ascoltare una delle più celebri canzoni che siano mai state composte per il Natale. Da vedere e da sentire.