Si diffonde in Occidente, anche in Italia. Reiki: una tecnica che è “quasi religione”. Lontana dal cristianesimo. Sconsigliato l’uso ai cattolici.
Di Mikao Usui si sa certamente abbastanza poco, ma non c’è dubbio che egli insegnasse la natura divina del ki, l’importanza del canto sacro, della preghiera e del ringraziamento a Dio. Uno dei principali simboli segreti del reiki – nella versione originaria di Mikao Usui – corrisponde al simbolo della Divinità Suprema venerata nel tempio buddhista del Monte Kurama. Lo specialista di movimenti religiosi, peraltro, nota facilmente le somiglianze fra il reiki e le numerose nuove religioni del Giappone: il legame con un tempio buddhista, l’esperienza di fondazione durante un ritiro ascetico su una montagna, i tre gradi di iniziazione si ritrovano in numerose nuove religioni giapponesi, all’interno delle quali un intero gruppo o famiglia è caratterizzato dall’idea che attraverso l’imposizione delle mani sia possibile trasmettere o risvegliare un’energia divina.
Dunque, si deve concludere che il reiki è una religione? La questione non è così semplice. Il fatto che quasi tutte le scuole neghino vigorosamente che il reiki sia una religione non sarebbe, di per sé, decisivo. Nel reiki sono assenti – almeno nella maggioranza delle scuole – un messaggio di salvezza e una teologia della storia, che invece caratterizzano le varie nuove religioni giapponesi. Comunque sia, il reiki non è una semplice tecnica, perché implica il riferimento essenziale a un’energia che ha caratteristiche divine, e il messaggio del fondatore è incomprensibile se lo si separa dal contesto religioso originario. Non è neppure, tuttavia, una religione o un movimento religioso nel senso più corrente del termine, perché non fornisce né si propone di fornire risposte articolate sulle origini e sul destino dell’uomo. Inoltre, trasferito dal Giappone all’Occidente, il reiki – come altre correnti – è stato sottoposto a un rapido processo di secolarizzazione, che ha portato perfino a una lettura revisionista (e mitologica) delle sue origini e della sua storia. Forse la definizione che William Lee Rand usa per la comunità degli iniziati, un “sacro ordine metafisico”, aiuta a capire la natura di un fenomeno a cui potrebbe essere applicata con profitto la categoria, coniata da specialisti statunitensi, di “quasi religione”. Il che, evidente mente, sottolinea tutta la problematicità di un approccio cattolico al reiki, che – per quanto possa essere interpretato e praticato in modi diversi non è certo una semplice tecnica, perché implica il riferimento essenziale a un’energia che ha caratteristiche divine e veicola perciò – che chi lo pratica se ne renda conto o no – una visione del mondo tipicamente orientale e lontana dalla fede cristiana. Non spetta certamente ai laici sostituirsi al Magistero e anticipare eventuali messe in guardia specifiche nei confronti del reiki. Sulla base dei documenti che già esistono, e che si riferiscono al genus delle tecniche neo-orientali (anche se non menzionano la species reiki in modo esplicito), ritengo però di potere concludere che la
pratica del reiki – specialmente da parte di persone che non ne apprezzano o non ne conoscono a fondo il retroterra e le implicazioni – può comportare rischi per la fede cattolica, così che un atteggiamento cauto e riservato dovrebbe imporsi a ogni cattolico cui è cara la sua fede.
BIBLIOGRAFIA
Massimo Introvigne, Il reiki: tecnica o religione?, disponibile sul sito Internet del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) all’indirizzo:
http://www.cesnur.org/testi/reiki.htm
Si potrà poi utilmente consultare la scheda sul reiki nella Enciclopedia delle Religioni in Italia, curata dal CESNUR e di prossima pubblicazione per i tipi della Elle Di Ci, Leumann (Torino).
IL TIMONE N. 12 – ANNO III – Marzo/Aprile 2001 – pag. 13