Minacce al presidente della Cei Angelo Bagnasco, offese a Benedetto XVI, episodi di anticlericalismo: troppi i sintomi che confermano una nuova ondata anticattolica.
Come riconoscere e come affrontare la persecuzione?
La risposta nelle parole del vescovo emerito di Como.
I cattolici e la persecuzione ad opera del mondo: una realtà di cui magari alcuni si erano dimenticati, ma che accompagna ciclicamente la storia della Chiesa. E che è tornata prepotentemente di attualità nelle scorse settimane, quando il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco è stato minacciato a più riprese: prima sono apparse delle scritte sui muri della sua città, e poi gli è stato perfino recapitato un proiettile. L’arcivescovo di Genova è costretto a girare con la scorta della polizia, e quando celebra messa non è raro osservare agenti della Digos che stazionano nei pressi dell’altare.
Il clima per i cristiani si è surriscaldato, quando è apparso inequivocabile che la Chiesa non avrebbe piegato la testa di fronte alla iniziativa del Governo per legalizzare le coppie di fatto, anche omosessuali. Con l’aggiunta della manifestazione svoltasi il 12 maggio a Roma, che segna a suo modo un piccolo fatto storico. In realtà, nulla di nuovo nel Magistero della Chiesa, ma evidentemente a qualcuno farebbe comodo un cattolicesimo timido e silenzioso, disposto a non disturbare il manovratore di turno. Sembra quasi che tutti possano andare in piazza, tranne i cattolici, i quali se lo fanno vengono subito etichettati come pericolosi e talebani. E ancora: se il Papa parla di famiglia, aborto o omosessualità, mezza classe politica strilla all’ingerenza. Dunque la Chiesa è di nuovo perseguitata. E la tribolazione patita dai cattolici ha sempre qualcosa di illogico. Tanto è vero che un clima di persecuzione si riconosce dall’accanimento ingiustificato con cui la Chiesa viene contestata e non riconosciuta nella sua preoccupazione di salvare e di promuovere l’uomo. Che cosa fare di fronte al persecutore? Non stare al gioco del persecutore e possibilmente far smettere la violenza con la bontà, magari con la carezza di un petalo di rosa.
Il fenomeno è ancora più singolare se si pensa che questa modernità parla continuamente di tolleranza e rispetto, di dialogo e di confronto, della “diversità come valore”. Ma poi, stranamente, vuole soffocare la parola della Chiesa. La ragione è presto detta: la Chiesa rivendica una libertà autentica nei vari campi del vivere religioso e civile. Ed è in queste materie – come proibizione del culto, aborto, centralità della famiglia – che più forte si manifesta la voglia di metterle il bavaglio. È difficile d’altronde prevedere quali forme assumerà questo clima sottile di anticattolicesimo. La persecuzione ricorre alla violenza vera e propria quando non riesce ad affermare le proprie vedute con argomentazioni logiche e vere. Oppure si sceglie una strada più “raffinata”, realizzando una persecuzione che proibisce nei fatti l’espressione del pensiero e della propria convinzione, in nome di un presunto progresso dell’uomo, che in realtà viene manipolato con la forza o con l’eleganza. Occorre anche aggiungere che per alcuni la persecuzione giunge del tutto inaspettata. Forse, costoro sono stati un po’ confusi da una certa ecclesiologia che, sul filo dell’ironia può essere così riassunta: i nemici della Chiesa non ci sarebbero più e non sarebbero mai esistiti. Difendere la Chiesa e la sua dottrina non sarebbe più necessario perché nessuno la minaccerebbe. Bisognerebbe aprire le nostre finestre e le nostre porte al mondo, che di fronte ad una Chiesa non più arcigna, ma dialogante, rimarrà conquistato dalla Chiesa stessa; anzi, aprendosi al mondo, il mondo feconderà le nostre aule teologiche e i nostri seminari di preziosi contributi del pensiero non-credente. Ora, mi pare che certi eventi – come le minacce a Bagnasco, ma non solo – facciano improvvisamente svanire questa raffigurazione idilliaca dei rapporti fra mondo e Chiesa. E anzi, suonino come un richiamo profondo alla nostra identità: se la Chiesa perderà la propria originalità cristiana, il mondo la fagociterà con le sue strutture e i suoi esponenti di pensiero.
Del resto, la persecuzione non è un incidente di lavoro, ma una promessa che Cristo ha affidato ai suoi discepoli. Le parole di Gesù: «Beati voi, quando mentendo diranno ogni male contro di voi per causa mia…» sono un avvertimento costante di Cristo nei confronti della Chiesa. E se qualche credente si è illuso di evitare la persecuzione cancellando il cristianesimo, sappia che ha cancellato il cristianesimo, ma gli rimarrà la persecuzione.
Alcuni fedeli chiedono: ma siamo attrezzati per affrontare la persecuzione? Che cosa si deve fare per sperare di essere pronti quando giunge questa prova per noi e per la nostra fede? Innanzitutto, va detto che il mondo è il mondo, e la Chiesa è la Chiesa: per non confondere le carte e non sapere più da che parte si stia. Occorre prepararsi ad affrontare l’ostilità e l’incomprensione del mondo. Per far ciò, si impone l’imitazione di Cristo, morto sulla croce per risorgere.
Non mancano, anche fra i cattolici, coloro che interpretano il confronto con i persecutori della Chiesa in una chiave sostanzialmente irenistica. Quasi che l’evangelico “porgere l’altra guancia” significasse sacrificare la verità e la testimonianza della fede per salvare il quieto vivere e coltivare come massimo bene possibile il rispetto umano e la tolleranza. A costoro non guasterà ricordare che nei confronti di coloro che si dimostrano nemici della Chiesa e del Papa, il cattolico ha il dovere di combattere, se necessario fino al martirio. Perdonare? Certo, esiste il perdono, e il perdono si riferisce anche alle per-sone che perseguitano la Chiesa. Ma ciò non impedisce di difendersi.
Ricorda
«Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi». (Matteo 5,10-12).
IL TIMONE – N.64 – ANNO IX – Giugno 2007 pag. 10-11