Dal 7 al 28 ottobre il Sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione. Che dall’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II e ancora prima dal discorso dell’11 ottobre 1962 di Giovanni XXIII costituisce la priorità dell’azione missionaria della Chiesa
Nel recente mese di ottobre il Sinodo dei vescovi ha affrontato un tema, quello della “nuova evangelizzazione”, che è ormai al centro dell’insegnamento del Magistero da oltre mezzo secolo. Conclusi i lavori, il Pontefice Benedetto XVI ha infatti ricordato che «la nuova evangelizzazione non è una nostra invenzione, ma è un dinamismo che si è sviluppato nella Chiesa in modo particolare dagli anni ’50 del secolo scorso, quando apparve evidente che anche i Paesi di antica tradizione cristiana erano diventati, come si suol dire, “terra di missione”. Così è emersa l’esigenza di un annuncio rinnovato del Vangelo nelle società secolarizzate, nella duplice certezza che, da una parte, è solo Lui, Gesù Cristo, la vera novità che risponde alle attese dell’uomo di ogni epoca, e dall’altra, che il suo messaggio chiede di essere trasmesso in modo adeguato nei mutati contesti sociali e culturali » (Angelus, 28 ottobre 2012).
Già presente nell’insegnamento del ven. Pio XII, l’idea che «Oggi bisogna aver pazienza, e ricominciare tutto da capo, dai “preamboli della fede” fino ai “novissimi”» viene ripresa con queste stesse parole in un discorso del beato Giovanni Paolo II (6 febbraio 1981), passando attraverso il discorso inaugurale del Concilio Vaticano II del beato Giovanni XXIII (11 ottobre 1962) e l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi del servo di Dio Paolo VI (8 dicembre 1975), entrambi considerati come documenti che anticipano la nuova evangelizzazione.
La prima volta in Polonia
Il termine preciso venne usato per la prima volta in un’omelia di Giovanni Paolo II il 9 giugno 1979 vicino a Nowa Huta, un complesso industriale nei pressi di Cracovia, durante il primo viaggio apostolico del Papa nella “sua” Polonia. Per il regime comunista, Nowa Huta sarebbe dovuto essere un modello di agglomerato urbano autosufficiente, perfettamente secolarizzato, quindi senza chiesa. Ma la classe operaia non era d’accordo con il regime e già da anni, quando Dal 7 al 28 ottobre il Sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione. Che dall’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II e ancora prima dal discorso dell’11 ottobre 1962 di Giovanni XXIII costituisce la priorità dell’azione missionaria della Chiesa Karol Wojtyla era arcivescovo di Cracovia, aveva ingaggiato una dura battaglia perché si mettesse prima una croce e poi finalmente si potesse costruire una chiesa nel centro del quartiere. Wojtyla era stato protagonista di questa battaglia a fianco dei suoi operai e adesso, da Papa, andava a raccogliere quanto aveva seminato, cioè a benedire la prima pietra della nuova chiesa che stava sorgendo nei pressi di Nowa Huta. Da lì, disse, doveva partire una nuova evangelizzazione dell’Europa, nuova per quanto riguarda l’entusiasmo, mentre la dottrina da trasmettere era sempre la stessa.
Molti si preoccuparono, temendo che nuova evangelizzazione significasse qualcosa che potesse assomigliare a una restaurazione. Costoro non avevano compreso che la Chiesa esiste per evangelizzare, secondo il mandato di Gesù: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme» (Lc 24,46-47) .
Impregnati di una cultura che fa del progresso un itinerario inevitabile verso una società che sarà per forza migliore, questi scettici non compresero e preferirono non capire che il problema di fondo era convincersi che un battezzato è un missionario, e quindi dovrebbe cercare di evangelizzare il suo ambiente. Ma, a parte questa minoranza di cattolici succubi dell’ideologia del progresso inevitabile, i più non compresero la portata culturale della nuova evangelizzazione. Essa significava infatti che la cultura e la civiltà ispirate al Vangelo, che avevano segnato la storia europea per circa mille anni, da Carlo Magno a Napoleone (800-1806), erano finite in Occidente. I referendum su divorzio (1974) e aborto (1981) lo avevano confermato: i cattolici erano diventati una minoranza anche in Italia, dove la loro presenza era peraltro piu forte, almeno dal punto di vista numerico. E una minoranza deve cambiare il modo di porsi nei confronti del prossimo, non avendo più una cultura e una civiltà da difendere ma un mondo da riconquistare a Cristo.
Questo significava cambiare il modo di annunciare il Vangelo assumendo le caratteristiche del missionario, che propone, chiede, con molta umiltà, convinto fra l’altro che noi dobbiamo combattere (e questa è la grazia più grande, avere l’onore di combattere), ma a un Altro spetta attribuire la vittoria.
Nuova dunque nello spirito, nell’entusiasmo, la nuova evangelizzazione doveva essere fedele alla Tradizione e al Magistero nei contenuti.
Le critiche alla nuova evangelizzazione
Alcuni contestarono la nuova evangelizzazione perché ritenevano che i cristiani si dovessero adattare a un mondo ormai completamente scristianizzato, accettando di essere una minoranza che non pretende di ricostruire una cristianità, ma si accontenta dello status quo, limitandosi a una testimonianza evangelica in un mondo ostile, magari anche forte ed eroica, ma senza pretese di trasformare la società e le istituzioni. Per queste persone, non si dovrebbe evangelizzare se non attraverso l’esempio e comunque una fede non dovrebbe necessariamente diventare una cultura che possa dare vita a una nuova civiltà.
Altri invece guardano con distacco alla nuova evangelizzazione perché ritengono che la Chiesa debba ripetere solamente la dottrina di sempre, preoccupandosi soprattutto della propria vita interna; altri ancora, continuano a vivere la loro fede secondo le abitudini acquisite nei decenni, poco preoccupandosi di chi non partecipa alla vita cristiana.
Queste tipologie di cattolici non tengono conto del cambiamento culturale avvenuto negli ultimi 50 anni, soprattutto in Occidente, e anche quanto sia cambiato tutto il mondo dopo la fine dell’epoca delle ideologie, dal 1989 a oggi. I Lineamenta preparatori del Sinodo ricordano queste affermazioni e ci invitano a capire che, se non cambia la dottrina degli insegnamenti pontifici, devono invece cambiare le modalità di trasmissione della fede, tenendo conto delle caratteristiche dei nostri interlocutori. Da questo punto di vista, una delle prime caratteristiche della nuova evangelizzazione consiste nell’imparare ad ascoltare le persone cui si vuole trasmettere la fede, soprattutto se giovani, perché solo comprendendo il loro linguaggio, le loro domande e le loro inquietudini, sapremo trovare le parole giuste per contribuire a suscitare in loro la fede.
I cristiani annunciano, Dio converte
Così come i missionari dovevano anzitutto preoccuparsi di imparare la lingua dei popoli cui venivano mandati in missione per annunciare il Vangelo per la prima volta, così oggi è necessario conoscere la cultura e anche gli errori delle persone degli antichi Paesi di cristianità, che hanno abbandonato la fede. I Lineamenta e l’Instrumentum laboris del Sinodo hanno sottolineato questa necessità, non perché siano gli uomini che convertono o riportano alla fede, ma perché Dio vuole che ciascun missionario metta tutte le sue forze nell’apostolato, anche se poi la conversione è un dono che viene direttamente da Dio.
Come dire: gli uomini devono annunciare che Cristo è il Salvatore del mondo, poi Dio converte i cuori. A questo punto, quando la fede è stata suscitata nel cuore della persona, allora arriva il tempo della educazione alla fede e della formazione catechistica. Ma questa è un’altra tappa dell’itinerario di formazione del cattolico.
Per saperne di più…
Benedetto XVI, Omelia durante la S. Messa per la conclusione del Sinodo su La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, 28 ottobre 2012.
Benedetto XVI, Angelus del 28 ottobre 2012. Benedetto XVI, Lettera Apostolica in forma di “Motu Proprio” Ubicumque et semper, con la quale si istituisce il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, 21 settembre 2010.
Sinodo dei vescovi, La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, XIII assemblea ordinaria, Lineamenta, 2 febbraio 2011.
Sinodo dei vescovi, La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, XIII assemblea ordinaria, Instrumentum laboris, 19 giugno 2012.
Marco Invernizzi, Una nuova evangelizzazione, il Timone, n. 96/2010.
IL TIMONE N. 118 – ANNO XIV – Dicembre 2012 – pag. 56 – 57
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