15.12.2024

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Tenersi pronti
31 Gennaio 2014

Tenersi pronti

 

 

 

In men che non si dica, in Giappone 20.000 creature vengono spazzate via da uno spaventoso tsunami che segue un altrettanto spaventoso terremoto. In un attimo, nel Paese più tecnologico del mondo, dotato di sistemi di costruzione antisismici che hanno funzionato quasi alla perfezione (poche le vittime del sisma, infatti), 20.000 creature passano a “miglior vita” perché nessuno ha potuto impedire che al terremoto facesse seguito il dilagare di onde alte anche dieci metri, che tutto han travolto e trascinato inarrestabili.
Questa è solo l’ultima delle catastrofi che di tanto in tanto colpiscono il nostro pianeta, e la variegata umanità che lo popola.
Ma è anche l’ultima delle conferme che l’essere umano è davvero fragile, che nonostante le conquiste della scienza, gli sviluppi della tecnologia, l’impiego di ingenti mezzi economici per migliorare la qualità della vita e l’avanzare del progresso l’uomo rimane in balia di forze e destini che non può ultimamente controllare e dominare.
Di fronte a questi eventi e ai loro esiti funesti, chi, come noi, ha il dono della fede, non può non andare con la mente a quel passo del Vangelo di Matteo che recita: «E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?» (6,27).
Non si può certo dire che in Giappone non avessero fatto tutte le cose per bene. Eppure, quando è giunto il loro momento, per quei 20.000 non c’è stato niente da fare.
È così anche per ciascuno di noi. Quando tutte le pagine del libro della nostra vita saranno state scritte, trapasseremo come tutti i comuni mortali. Il Vangelo ci ha avvertito e fornito l’unico consiglio utile in questi casi: «Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate » (Lc 12,40).
Tenersi pronti. Ecco, dobbiamo tenerci pronti non tanto e non solo alla morte, ma soprattutto a ciò che immediatamente ne segue: il giudizio. Se può capitare ogni tanto di chiedersi «chissà quando morirò», non altrettanto facile è domandarsi «se il Signore dovesse chiamarmi in questo istante, in quale stato troverà la mia anima?».
È un domandina che purtroppo non troviamo più nemmeno nelle guide per l’esame di coscienza prima della Confessione. Eppure, a pensarci bene, la risposta a questa domanda è decisiva. È una domandina che dovrebbe positivamente martellarci, perché dalla risposta dipende il nostro futuro. Il solo che conti. Quello vero, quello eterno.

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IL TIMONE n. 102 – Anno XIII – Aprile 2011 – pag. 3
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