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12.12.2024

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Teoria del gender e omosessualità
31 Gennaio 2014

Teoria del gender e omosessualità


L’itinerario ideologico che ha condotto molti Stati a legalizzare il matrimonio omosessuale. Dalla lotta di classe a quella fra i sessi. Dalla rivendicazione di un “potere femminista” alla negazione dell’esistenza di due sole identità sessuali. E alla pretesa che l’orientamento omosessuale sia una vera e propria identità originaria


Ci troviamo in una situazione paradossale! Una decrescita demografica, industriale ed economica, causata da scelte intraprese quarant’anni fa, che ha la propria origine nel calo delle nascite, nella delocalizzazione industriale e nei mercati finanziari, andrà a pesare strutturalmente sulle generazioni future. In tale contesto, si distoglie lo sguardo dalla realtà storica per legittimare un’ideologia egualitarista tra uomini e donne, che impedisce di riflettere e di fare le necessarie distinzioni, e per imporre alla società l’impensabile, ritenendo possibile che due persone dello stesso sesso si sposino e adottino dei figli.

Un linguaggio equivoco
Anziché parlare degli uomini e delle donne che compongono l’umanità, i sociologi anglosassoni degli anni Sessanta hanno preferito accogliere il termine grammaticale inglese gender per analizzare le disuguaglianze che possono esistere tra gli uni e le altre. La parola, difficilmente traducibile, implica la nozione di sesso, di sessualità e di tipo del maschile e femminile. Ma si dimentica che non vi è coincidenza tra il genere grammaticale e l’identità sessuale delle persone (maschile o femminile). Ciononostante, i sociologi si sono prestati a questa mescolanza, per meglio affrancare la dimensione sociale della femminilità e della mascolinità dal corpo sessuato; questo al fine di dare sostegno alla loro idea preconcetta che femminilità e mascolinità non siano altro che costruzioni sociali. Per comodità di linguaggio useremo qui il termine genere per gender.

Gli studi di genere
In un primo tempo, gli studi di genere (gender studies) hanno cercato di comprendere e di inquadrare le relazioni tra i generi (maschile e femminile) e la società. Essi hanno sottolineato delle disuguaglianze che era necessario correggere e hanno definito le relazioni tra i generi in termini di potere, oppressione e rivalità. I movimenti femministi si sono appropriati di tali studi per denunciare il “machismo” della società e, nel caso di alcuni di questi, rivendicare un potere femminile. La lotta dei sessi doveva sostituire la lotta di classe. Siamo fondamentalmente d’accordo con l’idea che l’uomo e la donna (e non i generi) siano uguali in dignità e che certe responsabilità sociali possano essere egualmente esercitate dall’uno o dall’altra. Rischiamo invece di smarrirci se opponiamo sistematicamente l’uomo e la donna.
Attualmente si separano gli uomini dalle donne, rinchiudendo ciascuno nella propria appartenenza, come se ciascun sesso dovesse bastare a se stesso. Le donne vengono così presentate come se potessero esercitare ogni potere, considerandosi come il fine di tutto. La parità, intesa come equiparazione contabile delle funzioni svolte, è un’idea irrealistica e inapplicabile. Soprattutto, essa dipende da una psicologia tipica dell’età puberale, fondata sulla rivalità tra i sessi propria di quel periodo della vita.

La teoria del gender
Gli studi di genere, che avevano una relativa utilità, si sono poi sviluppati in un’altra prospettiva. La teoria del genere ha fatto la sua comparsa per sostenere un punto di vista radicale, che rimette in discussione la differenza sessuale, la quale costituisce uno dei fondamenti della società e della cultura. Questa teoria modifica il senso della sessualità umana in nome dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge, della non-discriminazione e della valorizzazione dei diritti individuali. Essa afferma che l’identità sessuale non è in relazione con il corpo sessuato, bensì è una costruzione sociale, nel senso che è la società a definire chi è uomo e chi è donna, anche se il soggetto avrebbe forse desiderio di identificarsi diversamente. La teoria del genere smentisce l’importanza del sesso biologico, che non sarebbe significativo, e definisce la sessualità nel suo nucleo in termini di orientamento sessuale. È così che in alcuni Paesi si afferma che la sessualità è di tipo eterosessuale, od omosessuale o bisessuale, oppure di altri orientamenti ancora. Una visione che rivela e accentua dei problemi identitari.
Tale nuova concezione della sessualità spiega, in parte, il fatto che quest’ultima abbia fatto il suo ingresso nella politica attraverso la rivendicazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e del loro diritto all’adozione di bambini.

La posta in gioco
1. Può accadere che si viva una relativa distanza tra il fatto di avere un’identità sessuale (maschile o femminile) e nel medesimo tempo dei desideri che a volte creano una tensione psicologica, soprattutto nel momento delle incertezze identitarie dell’adolescenza. Questa situazione non è una novità, ma il rischio è nel volere definire un fenomeno problematico e transitorio come fosse un’identità.
2. Non è vero che esistono diverse identità sessuali, come si afferma parlando di genere maschile o di genere femminile, persino di genere neutro con l’intento di includere diverse tendenze sessuali soggettive. Non ci sono che due identità di fatto: quella dell’uomo e quella della donna. L’omosessualità non è un’identità, bensì un’attrazione particolare per persone del proprio sesso. Noi abbiamo attualmente la tendenza a confondere l’identità di fatto della persona con degli orientamenti particolari che, invece, sono in relazione con pulsioni parziali e con identificazioni primarie. Un orientamento sessuale in contraddizione con l’identità sessuale resta dipendente dalle pulsioni, mentre l’identità si colloca sul versante dell’essere della persona.
3. Per questa ragione la società non può organizzarsi a partire da una pulsione e da un desiderio, ma in funzione della realtà oggettiva, come attesta la relazione formata tra l’uomo e la donna, che sono i soli a costituire una coppia, a essere in grado di sposarsi e di realizzare una famiglia. Non si deve confondere l’uguaglianza delle persone con l’uguaglianza fra situazioni diverse, che, invece, non esiste. Il matrimonio non è un diritto incondizionato; bisogna infatti soddisfare alcune condizioni per sposarsi, e questo non avviene nel caso di due persone dello stesso sesso. È irragionevole presentare l’omosessualità come un’alternativa a ciò che alcuni chiamano eterosessualità, quando invece un uomo e una donna si definiscono anzitutto in funzione della loro identità.

Conclusione
1. Inizialmente, gli ideatori della teoria del gender hanno inteso sostenere, a giusta ragione, l’uguaglianza tra l’uomo e la donna. In seguito, si sono allontanati da questa prospettiva, isolando l’uomo e la donna in un rapporto di lotta di potere che determina oggi nelle rappresentazioni sociali una contrapposizione e una rivalità che non facilitano una sana cooperazione e complementarità tra l’uno e l’altra.
2. L’ideologia del gender, valorizzando la relazione tra persone dello stesso sesso, si discosta dal principio fondatore della differenza sessuale, di cui la società ha bisogno. L’uomo e la donna, quando si uniscono, esprimono l’alterità sessuale, poiché l’altro è sempre l’altro sesso. Le diverse forme di attaccamento verso il proprio sesso non sono partecipi di questa struttura di alterità, poiché esse consistono nel rinchiudersi in relazioni narcisistiche.
3. In una visione realistica abbiamo ragione di dire che è il sesso a determinare il genere, poiché la psicologia di ciascuno si svilupperà in conseguenza dell’interiorizzazione del proprio corpo sessuato. Vi sono così una psicologia e simbologia maschile e una femminile. Tuttavia, in un’altra visione, più idealista e disincarnata, come è quella della teoria del gender, si afferma che è il genere a determinare il sesso, cioè che spetta al soggetto scegliere o pensare di essere nato con un orientamento sessuale. Si tratta di una concezione erronea, la quale nega l’importanza del corpo sessuato e nega altresì che l’identità sessuale sia un dato di realtà, che alcune persone integrano più o meno facilmente, mentre l’orientamento dipende da un desiderio che, invece, si elabora entro la storia soggettiva durante l’infanzia e l’adolescenza.
La parità di tipo contabile sostenuta dalla teoria del gender non equivale all’uguaglianza tra gli uomini e le donne. Non vi è nulla di discriminatorio nel riconoscere che soltanto un uomo e una donna formano una coppia, si sposano, chiamano alla vita i loro figli o li adottano. (traduzione dal francese di Lucia Braghini).

Per saperne di più…

Mons. Anatrella, sacerdote, psicanalista e specialista in psichiatria sociale, consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia e del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Ha pubblicato molte opere: in lingua italiana alcune importanti voci del Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, nuova ed. ampliata, a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia, EDB, 2006;
Felici e Sposati, ESD, 2007. Per le edizioni San Paolo è in corso di pubblicazione La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità. Una sfida culturale.



IL TIMONE N. 113 – ANNO XIV – Maggio 2012 – pag. 54 – 55

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