15.12.2024

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Tolkien che racconta: il dono migliore
31 Gennaio 2014

Tolkien che racconta: il dono migliore

 

 

 

Sotto l’albero di Natale troveremo tanti libri del maggior scrittore del secolo scorso, J.R.R. Tolkien. Prima di scambiarsi regali, a qualunque età, è opportuno essere certi che il dono sia costruttivo: ecco perché va bene tutto ciò che scrisse l’autore de Il Signore degli Anelli, romanzo venduto in milioni di copie e tradotto in decine di lingue. Ai lettori più giovani, proporrei le divertenti Le lettere di Babbo Natale (Bompiani, 2000): gli adulti lo leggano a voce alta ai piccini che ancora non frequentano la scuola, scegliendo una lettera ogni sera nella vicinanza della festa. Il Babbo Natale tolkieniano infatti è serio (nel 1925 ha millenovecentoventicinque anni, nel 1931 ne ha millenovecentotrentuno: chissà chi è?) ma buffo, quando si fa aiutare da un Orso Polare pasticcione. La sua tremolante grafia sorride, nel mistero affettuoso della Nascita.
I giorni di festeggiamento natalizio, che mi auguro freddi e nevosi, favoriscono inoltre lunghe soste in soggiorno, tra divano e poltrona, tutti insieme: buona occasione affinché qualcuno legga ai presenti Il cacciatore di draghi (Bompiani, 2000); è la vicenda del contadino Aegidius de Hammo il quale, assieme al fido cane Garm, divenne suo malgrado il flagello di antipaticissimi sauri sputafuoco che infestavano il Piccolo Regno di Britanni.
Chi ama le filastrocche e la musicalità delle rime, si diletti con Le avventure di Tom Bombadil (Bompiani, 2000): gaie vicissitudini di un vecchio uomo dei boschi, giovanile e ridente, e dell’amata Baccador e deIl’Uomo-nella-Luna e dei tanti esseri della Vecchia Foresta, i Trolls, Pierino il goloso e l’Olifante. Ideale come ninna-nanna per sogni dorati.
Se la narrazione tolkieniana piace, si alimenti il caminetto con buona legna e il lettore con ottimi testi: con Lo Hobbit (Bompiani, 2000) nell’edizione” annotata” e illustrata. Grandi e piccini seguiranno le peripezie di Bilbo Baggins, subiranno il fascino dello stregone Gandalf, biasimeranno la cupidigia dei nani guidati da Thorin Scudodiquerciao Ma soprattutto conosceranno gli Hobbit, entrando nelle splendide lande della Terra di Mezzo.

Il capolavoro
Un volume di milletrecento pagine, Il Signore degli Anelli (Bompiani, 2000), costituisce la maggiore opera d’arte dell’ epica mitica del XX secolo e conquista alla letteratura territori inesplorati, come disse C.S. Lewis.
All’interno di una avvincente storia dominano i grandi sentimenti dell’animo umano: dolcezza, quiete, timore, coraggio, sacrificio, spirito di servizio, titubanza, magnanimità, fiducia, nostalgia. Facciamo conoscenza con la Contea degli Hobbit, con Frodo e Sam, rivediamo Bilbo e Gandalf, soggiorniamo nella bellezza del bosco degli Elfi, della dolce Galadriel; subiamo purtroppo la minaccia di Sauron, l’Oscuro Signore, e alcune disgrazie avvengono nel fondo delle caverne scalate nella notte dei tempi dai Nani: malefìci della terra di Mordor, i cui eserciti avanzano inesorabili, conquistano i cuori dei traditori, come Saruman; mentre alcuni uomini valorosi offriranno il meglio di sé nella lotta contro le tenebre, Grampasso e Faramir.
Inutile accennare alla trama, elencare personaggi, enumerare i luoghi per mezzo dei quali l’imponente narrazione sviluppa tre grossi atti, la Compagnia dell’Anello con il suo placido inizio e le rivelazioni, Le due torri e la potente “eucatastrofe” de Il ritorno del Re, quando le battaglie contro l’Ombra che avanza hanno una fine e tutti, personaggi e lettori, vengono colti dall’emozione di una “gioia acuta come un dolore”.
Leggere Il Signore degli Anelli induce a esperienze oramai rare nella letteratura moderna: amicizia sincera, gratitudine, incontro, speranza contro ogni speranza, senso del proprio limite, percezione chiara che non siamo soli, che l’io non è solo nell’universo. E tanto altro. Per padroneggiare anche geograficamente la grande storia che Tolkien inventò nel corso di vent’anni, creando alfabeti, disegnando regioni immaginarie, scoprendo leggende di popoli ancestrali usciti dalla sua fantasia, occorre seguire La mappa della Terra di Mezzo (Bompiani, 2000).
I giorni scorreranno lievi anche grazie alla scrittura tolkieniana e a pagine come questa: “Rimase immobile e silenzioso mentre le dolci sillabe del canto elfico s’innalzavano come limpide gemme fatte di musica e parole. È un canto per Elbereth, disse Bilbo.
Canteranno questa ed altre canzoni del Sacro Regno molte volte stasera. Vieni! Condusse Frodo nella propria piccola stanza che dava sui giardini guardando verso sud, al di là del burrone dove scorreva il Bruinen. Rimasero a lungo seduti, ammirando dalla finestra le stelle luminose in cima ai ripidi declivi boscosi, e parlando dolcemente.
Dimenticate le piccole novità e notizie della Contea, dimenticati i pericoli che li minacciavano e le ombre scure e malvagie, parlarono di tutte le cose meravigliose che avevano visto vagabondando assieme per il mondo: degli Elfi, delle stelle, degli alberi, e del tempo dolce e silenzioso in cui un anno luminoso moriva nei boschi”.

Nascita e resurrezione di una nuova letteratura
Presto, passata la (giusta) moda fantasy dovuta al successo dei film, rimarrà soltanto la vera narrativa e i romanzi fasulli andranno al macero.
Allora, svetteranno come torri Il Signore degli Anelli assieme a Il cavallo rosso di Eugenio Corti, e a pochi altri.
Prepariamoci a quel momento, con due saggi di valore: Tolkien. Il mito e la grazia (Ancora, 2001) di Paolo Gulisano e Tolkien. Il signore della fantasia (Frassinelli, 2002) di A. Monda-S. Simonelli. Letture consigliate a chi voglia provare ristoro, conforto, incoraggiamento e sostegno nella “buona battaglia”, che nell’ambito della cultura letteraria è strenua. Solo l’unione dei buoni intenti in una causa comune permette di restaurare l’animo dei lettori, oggi avvolto nell’ombra.
Perché, per citare l’elfo Haldir, “non vi è segno più evidente della potenza dell’Oscuro Signore: l’inimicizia che separa coloro che ancora lo combattono.
Eppure così poca fede troviamo nel mondo oltre i confini di Lothlòrien, salvo forse a Gran Burrone, che non osiamo con la nostra fiducia mettere in pericolo il nostro proprio paese. Viviamo ormai su un’isola in mezzo alle insidie, e le nostre mani si posano più sovente sulla corda dell’arco, che non su quelle dell’arpa”.
RICORDA
“Mio caro Rob” scrisse Tolkien al sacerdote gesuita padre Robert Murray il 2 dicembre 1953, “è stato splendido ricevere la tua lunga lettera stamattina […]. Penso di sapere esattamente che cosa intendi con dottrina della Grazia; e naturalmente con il tuo riferimento a Nostra Signora, su cui si basa tutta la mia piccola percezione di bellezza sia come maestà sia come semplicità. Il Signore degli Anelli è fondamentalmente un’opera religiosa e cattolica; all’inizio non ne ero consapevole, lo sono diventato durante la correzione. L’elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo. Tuttavia detto così suona molto grossolano e più presuntuoso di quanto non sia in realtà. Perché a dir la verità, io consciamente ho programmato poco; e dovrei essere sommamente grato per essere stato allevato [da quando avevo otto anni) in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo debbo a mia madre, che ha tenuto duro dopo essersi convertita ed è morta giovane, a causa delle ristrettezze e della povertà derivate dalla conversione”.
(Paolo Gulisano, Tolkien. ll mito e la grazia, Ancora, Milano 2001, p. 118).

 

 

 

IL TIMONE N. 22 – ANNO IV – Novembre/Dicembre 2002 – pag. 46 – 47

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