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14.12.2024

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Un Anno della Fede
31 Gennaio 2014

Un Anno della Fede


Papa annuncia un anno dedicato alla Fede. Virtù teologale che il mondo sta perdendo. Mentre la missione della Chiesa è parlare di Dio, ricordando agli uomini che Egli è Re. Verità che anche tanti cristiani hanno smarrito

Com’è noto, Benedetto XVI ha indetto un “Anno della Fede” che inizierà l’11 ottobre 2012, cinquantesimo anniversariodell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), e terminerà il 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’Universo. L’annuncio è arrivato in un crescendo: dopo il viaggio apostolico in Germania, Paese centrale per l’Europa e segnato da una massiccia secolarizzazione, e nell’omelia della Messa a conclusione del primo incontro internazionale promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il 16 ottobre. «La missione della Chiesa, come quella di Cristo – ha detto il Papa in quella occasione – è essenzialmente parlare di Dio, fare memoria della sua sovranità, richiamare a tutti, specialmente ai cristiani che hanno smarrito la propria identità, il diritto di Dio su ciò che gli appartiene, cioè la nostra vita». Contando che questo Anno viene dopo l’Anno dell’Eucaristia (ottobre 2004 – ottobre 2005), l’Anno paolino (giugno 2008 – giugno 2009) e l’Anno sacerdotale (giugno 2009 – giugno 2010) si addice a commentare l’iniziativa pastorale un quadro di Rubens: il Trionfo della fede. Nel cartone per arazzo del pittore fiammingo si vede infatti in piedi su un carro una giovane e raggiante donna, la fede, che regge una pisside contenente l’Eucaristia, e che con baldanza sprona una Chiesa debole e abbattuta a seguirla.
Anche le encicliche di questo pontificato, che hanno visto al centro le virtù teologali della speranza e della carità, suggeriscono che sia arrivato il momento della fede. E l’abbozzo di un’enciclica, oltre che un programma di lavoro, sembra la Lettera apostolica in forma di Motu proprio Porta fidei, resa nota il 17 ottobre. In essa il Papa ricorda come fin dalla Messa di inizio pontificato abbia sottolineato la necessità di tornare all’essenziale della vita cristiana, invito rivolto a coloro che si danno «maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune», mentre «questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato». Così che oggi, alla domanda “che cosa fare” che tanti credenti si pongono, vale come risposta quella che Gesù dava a quelli che lo interrogavano allo stesso modo: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato » (Gv 6,29). «Credere in Gesù Cristo – scrive il Papa – è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza».

Un precedente nel 1967
L’Anno della Fede ha un antecedente importante, quello che fu indetto da Paolo VI nel 1967, «ben cosciente delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione». Allora il contesto era il caos post-conciliare, oggi, spentasi la contestazione ecclesiale incandescente, è piuttosto l’apostasia fredda e la desertificazione religiosa di tante lande un tempo cattoliche. Se l’Anno voluto da Paolo VI si concluse con la Professione di Fede del Popolo di Dio, per quello che si aprirà nel 2012 Benedetto XVI propone di riscoprire una summa pubblicata l’11 ottobre del 1992, il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Su un tema che resta annoso, il ruolo del Concilio Vaticano II nel travaglio vissuto dalla Chiesa negli ultimi 50 anni, il Papa ribadisce «con forza» quanto detto nel famoso discorso alla curia romana del 2005, ossia che «se lo leggiamo [il Concilio] e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa». Fermo restando che «il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti» e che la Chiesa dalla «virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori…». Il Ratzinger teologo richiama qui come esempio uno degli autori a lui più cari, Agostino di Ippona, la cui vita «fu una ricerca continua della bellezza della fede fino a quando il suo cuore non trovò riposo in Dio» e i cui scritti restano un «patrimonio di ricchezza ineguagliabile» per accedere alla «porta della fede».

Professione pubblica della Fede

Nella parte più programmatica del documento, Benedetto XVI, che ha convocato il Sinodo dei vescovi per l’ottobre del 2012 sulla Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, fa sapere che arriverà anche una nota di indirizzo elaborata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Papa auspica una presa di posizione pubblica: «Avremo l’opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto nelle nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo; nelle nostre case e presso le nostre famiglie», perché «Le comunità religiose come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali antiche e nuove, troveranno il modo, in questo Anno, per rendere pubblica professione del Credo». Di pari passo, Benedetto XVI chiede di «intensificare la riflessione sulla fede», perché «la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa». In ciò ritorna l’importanza del Catechismo e accanto ad esso trova spazio un suggerimento pratico: «Nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il Credo. Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo. Con parole dense di significato, lo ricorda sant’Agostino quando, in un’Omelia sulla redditio symboli, la consegna del Credo, dice: “Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore… Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore”».
La fede di cui si parla non è la sola fides dei protestanti e il Papa ricorda l’importanza delle opere di carità, perché «la fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino».
Come san Paolo, giunto al termine della vita, chiede al discepolo Timoteo di «cercare la fede» con la stessa costanza di quando era ragazzo, così l’Anno che verrà, spiega Benedetto XVI, vuole essere un grande impulso, una sollecitazione affinché «nessuno diventi pigro nella fede». E affinché ciascuno ritrovi la dimensione della vera milizia cristiana, che è affidarsi a Colui che solo ha il potere di vincere le Tenebre: «Noi crediamo con ferma certezza che il Signore Gesù ha sconfitto il male e la morte. Con questa sicura fiducia ci affidiamo a Lui: Egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno della riconciliazione definitiva con il Padre».  

RICORDA

Quali sono le caratteristiche della fede? La fede, dono gratuito di Dio e accessibile a quanti la chiedono umilmente, è la virtù soprannaturale necessaria per essere salvati. L’atto di fede è un atto umano, cioè un atto dell’intelligenza dell’uomo che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio, dà liberamente il proprio consenso alla verità divina. La fede, inoltre, è certa, perché fondata sulla Parola di Dio; è operosa “per mezzo della carità” (Gal 5,6); è in continua crescita, grazie all’ascolto della Parola di Dio e alla preghiera. Essa fin d’ora ci fa pregustare la gioia celeste».
(Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, n. 28).

 

 

 

IL TIMONE n. 108 – Anno XIII – Dicembre 2011 – pag. 16 – 17
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