Giovannino Guareschi fu tra i pochi che denunciarono la violenza comunista nel “triangolo della morte”. Accanto ai sacerdoti e fedeli assassinati, ha contribuito a riscattare l’Italia scrivendo coraggiosamente la verità.
A Milano, nel maggio del 1947, avvenne un fatto “piccolo piccolo”, ma significativo. Un bambino di sette anni andò alla solita edicola per comperare il solito albo di Topolino. L’edicolante lo riconobbe e gli affidò il seguente messaggio minatorio per il babbo: «Di’ a tuo padre di andare adagio con l’anticomunismo. Perché anche Mussolini faceva l’anticomunista ed è finito a piazzale Loreto».
Il bambino era Albertino Guareschi, figlio del Giovannino Guareschi che dirigeva Candido. Cinquantasette anni dopo e tre volte nonno, Albertino ricorda con nitido orrore quel giorno. Anche suo padre fu colpito da una simile manifestazione di odio, tanto da scriverlo sul suo giornale concludendo la nota con una considerazione sul mittente della minaccia: «E mentre affidava l’odioso messaggio al figlio settenne di un presunto avversario politico, aveva in braccio un suo figlio di pochi mesi. E non è un esasperato dalla fame: è un uomo che ha rinunciato a usufruire di un cervello personale per diventare utente disciplinato di un odio collettivo».
L’avvertimento dell’edicolante era la risposta circostanziata e personale come un agguato alla precisione analitica con cui Guareschi dava conto sul suo giornale degli orrori del comunismo. Perché Candido non si limitava alle prese di posizione sui principi. Era divenuto il bollettino settimanale delle imprese con cui, dal 1945, le bande rosse proseguivano l’opera di liberazione dell’Italia “liberata”. Il materiale non mancava e buona parte veniva dalla mattanza di fascisti, ex fascisti, presunti fascisti, preti e simili messa in atto in Emilia, nel “triangolo della morte”. I resoconti formavano una sezione apposita della rubrica “Giro d’Italia”, una vera e propria scuola di coraggio e di giornalismo che Guareschi firmava Il Forbiciastro.
Basta un esempio tra i tanti, tratto dal Candido datato 15 giugno 1946: «[…] sempre per rimanere nel campo religioso, ecco che nel parmense, a Varano Melegari, il parroco don Anelli si affaccia di sera sulla porta di casa e viene freddato con alcuni colpi di rivoltella, mentre a Travazzano di Carpaneto in quel di Piacenza ignoti progressivi chiamano fuori di casa Il parroco don Viazzani e gli scaricano addosso alcune pistole. Due ragazze ex fasciste sfollate a Brescia e tornate a Reggio Emilia per votare (Maria e Lia Ferrari) vengono prelevate da ignoti progressivi che, armata manu, se le portano via e non le hanno ancora restituite. Il giorno prima a Sant’Ilario di Reggio Emilia l’industriale Giuseppe Verderi appartenente all’Uomo Qualunque viene freddato per la strada col tradizionale colpo alla nuca da progressivi di passaggio. Mentre a Sant’Egidio di Cesena ignoti progressivi aggrediscono in casa l’operaio Giovanni Campana e la moglie Alda Pavi e li freddano a colpi di mitra alla presenza dei due figlioletti, del nipotino, del cognato e del vecchio padre del cognato». La sezione dedicata alle imprese delle bande progressive prese nomi diversi, “Cronachetta rosa”, “Placido Don” e “Messico d’Italia”. Quest’ultimo dava un’idea abbastanza precisa della carneficina in atto. Ma, a un certo punto, scrisse lo stesso Guareschi nel giugno del 1946, parve addirittura un eufemismo: «Noi chiamammo qualche tempo fa l’Emilia “Messico d’Italia” ma ciò è ingiusto perché piuttosto si deve dire che il Messico è l’Emilia d’America. Cose terribili succedono a Castelfraco Emilia e gente ci manda lettere piene di terrore elencando assassinii. Quarantadue persone sono già state soppresse misteriosissimamente per cause di politica o di vendetta, in uno spazio di pochi chilometri quadrati, in piena pianura. E la gente sa, ma non parla perché ha paura». E allora Guareschi pensò che toccasse a lui parlare. Lo fece da giornalista. E lo fece anche da scrittore nelle storie di Mondo piccolo, con episodi come “Giallo e rosa, “Paura”, “La paura continua”, “Due mani benedette”,”Notturno con campane”, solo per citare qualche titolo. Mise all’opera don Camillo. Ma, a fianco del parroco, scese in campo anche Peppone. Che, forse, avrebbe fatto bene ad accompagnare Albertino alla edicola di Milano per comperare un altro albo di Topolino.
Dossier: Il “Triangolo” dell’odio e della vergogna
IL TIMONE – N.39 – ANNO VII – Gennaio 2005 pag. 46