Cinquant’anni fa moriva Gianna Beretta Molla, sposa e mamma esemplare, donna di profonda fede. Canonizzata da Papa Giovanni Paolo II. Diede la vita per una creatura che portava in grembo
Cinquant’anni fa, nell’aprile del 1962, moriva pochi giorni dopo aver dato alla luce la sua bambina la dottoressa Gianna Beretta Molla, medico, sposa, madre, testimone appassionata della Fede, canonizzata come santa dalla Chiesa che ne ha pienamente riconosciute le straordinarie virtù.
Gianna, decima di tredici figli, nacque a Magenta, in provincia di Milano, nel 1922, e ricevette in famiglia una profonda educazione cristiana. Una sua sorella, Virginia, medico e suora canossiana, fu missionaria in India. Anche Gianna, impegnata nell’Azione Cattolica pur negli anni difficili del fascismo e della guerra, decise di intraprendere gli studi medici, e si laureò nel 1949. Mentre cominciava a lavorare come medico mutualista nel paese di Mesero, vicino a Magenta, si specializzò in pediatria.
Apparentemente Gianna era un medico e una donna come tante altre. Ma con qualcosa in più: una profonda fiducia nella Provvidenza La sua fede, cresciuta nell’atmosfera fortemente religiosa respirata in famiglia, si era maturata poi attraverso l’impegno nell’Azione Cattolica e nella San Vincenzo. Era una persona dal carattere riservato che riusciva, però, a mettere tutti a proprio agio, a comunicare la propria intensa religiosità aliena dal bigottismo, a trasmettere il suo grande amore per la vita, che di essa sapeva godere le piccole e le grandi gioie. Per Gianna, fare il medico non era una professione come le altre, ma un’occasione preziosa per concretizzare il suo ideale cristiano mettendosi al servizio della persona. Aveva intuito che i pazienti non le chiedevano solo medicine, ma un aiuto più profondo: «La nostra missione non è finita quando le medicine non servono più», diceva. In qualche occasione prese in considerazione l’ipotesi di affiancarsi come missionaria laica al fratello Enrico, anch’egli medico, che, divenuto missionario cappuccino col nome di padre Alberto, aveva aperto un ospedale in Brasile e vi svolgeva, tra mille difficoltà, la propria opera. Comprese, però, che non era quella la sua strada e, mentre faceva di tutto per non far mancare aiuti al fratello missionario, continuava a dedicarsi all’attività medica con grande generosità, sempre disponibile a qualunque ora del giorno.
Nel 1954 Gianna incontra l’ingegner Pietro Molla, dirigente di un’azienda di Magenta, e tra i due non tarda a nascere da una profonda stima e ammirazione un amore tenerissimo che si corona il 24 settembre 1955 con il matrimonio, celebrato nella basilica di S. Martino in Magenta. La bella unione di Pietro Molla e di Gianna Beretta è presto allietata dalla nascita del primo figlio, Pierluigi, che viene alla luce nella casa di Ponte Nuovo di Magenta nel novembre del 1956. Seguiranno poi nel 1957 Maria Zita, detta Mariolina, e nel 1959 Laura, al termine di una gravidanza non priva di problemi.
Dopo il matrimonio riesce a conciliare, anche a prezzo di sacrifici, l’attività professionale con i doveri di moglie e di madre. All’attività ambulatoriale si aggiunge l’incarico di responsabile dell’asilo nido del Consultorio Onmi di Ponte Nuovo di Magenta. Inoltre, a titolo gratuito, presta la sua opera presso la Scuola Materna dello stesso paese. Nell’agosto del 1961 Gianna Beretta scopre con immensa gioia di essere nuovamente incinta. La gravidanza non sembra all’inizio comportare alcun problema particolare fin quando, un giorno, Gianna si accorge di un gonfiore anomalo dell’addome. La diagnosi è quella di un grosso fibroma uterino. Visitata da un luminare della ginecologia, le viene consigliato un tempestivo intervento chirurgico, da attuarsi con tre diverse possibili modalità: l’asportazione contemporanea sia del fibroma che dell’utero; l’interruzione della gravidanza mediante aborto terapeutico e la successiva asportazione del fibroma; l’asportazione del solo fibroma nel tentativo di non interrompere la gravidanza in corso. Per salvare la vita della creatura che porta in seno, Gianna sceglie senza esitazioni la terza soluzione, la più rischiosa per lei, dato che una sutura praticata sull’utero nei primi mesi di gravidanza spesso può in seguito cedere causando la rottura dell’utero. Gianna si rende conto che deve scegliere tra la sua vita e quella che sta crescendo dentro di lei, e non ha dubbi, anche se per una donna come lei, innamorata della vita, della sua professione, dei suoi cari, è una scelta straziante. Il 6 settembre 1961 viene sottoposta ad un delicato intervento chirurgico con l’asportazione della sola massa fibromatosa.
Dimessa dall’ospedale, torna a casa dai suoi bambini e dal suo Pietro, e riprende con grande serenità la sua vita consueta. Vive la sua scelta compiuta per amore, per responsabilità materna, per il sommo rispetto che nutriva per quella gravidanza, per quel bimbo che per lei aveva gli stessi diritti intoccabili delle altre gravidanze, degli altri bambini che aveva avuto, tutti doni di Dio. Nei mesi successivi all’intervento soffrì molto, senza mai lamentarsi, piena di fiducia nella Provvidenza del Signore. Per mesi pregò perché il diritto alla vita di quella nuova creaturina non richiedesse il sacrificio della sua vita e perché venisse conservata alla sua famiglia. Ma allo stesso tempo era pronta ad accettare una diversa volontà del Signore, offrendo la sua vita. Non avrebbe potuto compiere un atto di carità eroica per salvare la vita della sua creatura in armonia con la volontà di Dio, se lo avesse potuto considerare un atto di ingiustizia verso i suoi cari e verso se stessa, verso le leggi morali che per lei erano tutt’uno con le altre leggi del Signore. Come medico chirurgo, era ben consapevole di ciò a cui andava incontro, ma non indietreggiò dinanzi al sacrificio, confermando in tal modo l’eroicità delle sue virtù.
Il 20 aprile 1962, accompagnata dal marito, Gianna Beretta entrò nel reparto di ostetricia dell’Ospedale di Monza, serena e senza mostrare alcuna preoccupazione. I tentativi di far nascere il bambino mediante parto naturale non ebbero successo, e si dovette ricorrere al parto cesareo. Il 21 aprile nacque così una bellissima bambina che, per volere del padre, si chiamerà Gianna Emanuela.
Pur essendo molto provata fisicamente, Gianna riuscì a stringere con gioia a sé la neonata. Ben presto, però, le sue condizioni precipitarono: la diagnosi era di peritonite settica. Nonostante le cure intensive, Gianna entrò in coma, e morì il 28 aprile 1962, all’età di 39 anni. Gianna Emanuela, la figlia nata grazie al sacrificio della madre, crebbe sana e divenne anche lei medico.
Il 16 maggio 2004 papa Giovanni Paolo II proclamò Gianna Beretta Molla Santa. Nell’omelia il Santo Padre disse: «Dell’amore divino Gianna Beretta Molla fu semplice, ma quanto mai significativa messaggera ». Pochi giorni prima del matrimonio, in una lettera al futuro marito, ebbe a scrivere: «L’amore è il sentimento più bello che il Signore ha posto nell’animo degli uomini». Sull’esempio di Cristo, che «avendo amato i suoi… li amò sino alla fine», questa santa madre di famiglia si mantenne eroicamente fedele all’impegno assunto il giorno del matrimonio. Il sacrificio estremo che suggellò la sua vita testimonia come solo chi ha il coraggio di donarsi totalmente a Dio e ai fratelli realizzi se stesso.
Gianna Beretta Molla con il suo esempio, con la sua vita e la sua morte, ci ricorda che, nonostante i limiti e la pochezza di ciascuno di noi, ad ogni cristiano, anche a chi quotidianamente è impegnato nella famiglia e nell’attività professionale, anche in quella impegnativa di medico, è chiesto di camminare con fiducia, coraggio e perseveranza, giorno dopo giorno, verso la santità, testimoniando che non c’é amore più grande che dare la propria vita per coloro che si ama.
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