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15.12.2024

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Una corona per non sprecare parole
31 Gennaio 2014

Una corona per non sprecare parole

Preghiera dei semplici e delle famiglie. Da recitare a qualunque ora e circostanza. Anche prima di addormentarsi. E se il sonno arriva prima della fine “allora continuano gli angeli”.
Intervista a René Laurentin.

Sulla Madonna ne sa più di tutti. E per forza: dei suoi quasi 6 anni, oltre 60 li ha passati studiandola. Così padre René Laurentin è diventato il più autorevole “mariologo” del mondo: i suoi lavori scientifici su Lourdes occupano almeno 30 volumi, senza contare i numerosi altri libri d’argomento religioso, gli articoli giornalistici (è stato per molti anni editorialista del Figaro, uno dei maggiori quotidiani francesi), l’attività di professore in varie università, i premi prestigiosi…
Ma c’è un’altra rara benemerenza sulla tonaca dell’abbé Laurentin: nonostante non abbia mai cessato di esaminare argomenti difficili come i dogmi o le apparizioni mariane coi rigorosi strumenti della ragione, com’è giusto, nessun accanimento teologico è mai riuscito a velargli lo sguardo di tenerezza verso colei che rimane pur sempre e per tutti una Madre.
Dunque, padre Laurentin: il rosario è ancora una preghiera “attuale”?
“Il rosario è una devozione antica, attribuita a san Domenico nel XIII secolo e messa a punto dal domenicano Alano de la Roche nel 1473. Siccome i contadini e la gente del popolo non potevano recitare i 150 salmi come i monaci, sono state loro proposte le 150 Ave Maria, raggruppate in 5 decine per meditare i grandi misteri della vita di Cristo e di Maria.
Il successo della corona è stato profondo e fulmineo. Pio V e poi tutti i Papi hanno raccomandato questa preghiera che di nuovo oggi Giovanni Paolo II propone a tutti, durante l’anno del rosario.
Si tratta di una pratica antica, dunque, e anzi lo è ancora di più dal momento che ci fa meditare sul Vangelo stesso.
Però è anche una preghiera moderna, in quanto è semplice e non presenta difficoltà. La si può recitare ovunque: in chiesa o a casa, a letto o camminando o anche lavorando, come facevano molti contadini.
Mio padre, architetto, diceva il rosario in auto, aveva persino composto alcuni inni da cantare all’inizio di ogni mistero. Recitavamo la corona insieme quando tornavo per le vacanze; e faccio tuttora la stessa cosa nei Paesi dove mi trovo. Il rosario insomma è una preghiera di sempre. I domenicani poi hanno inventato un sacco di piccoli accorgimenti per rinnovarla: seguendo il ritmo del respiro, richiamando il mistero dopo ogni Ave Maria, eccetera. E molti altri metodi i cristiani se li trasmettono l’un l’altro”.
In passato il rosario lo si recitava in famiglia, intonato dal capo famiglia o dalla nonna.
Qualcuno sostiene ancora oggi che sarebbe l’ideale per unire i coniugi tra loro, per educare i figli alla preghiera. È così?

“Fortunate le famiglie che sanno dare ai loro figli il gusto della preghiera. I bambini vi sono sensibili.
Alcune giovani coppie li abituano fin dalla culla alla loro preghiera quotidiana, prendendoli in braccio; e spesso questi neonati sono incuriositi e sorridono. In circostanze del genere talvolta arriva anche il cane di casa, e si accuccia in silenzio ai loro piedi… Con gli adolescenti è più
difficile. È l’età in cui si forma una personalità autonoma e ciò richiede ai genitori molta comprensione, pazienza, tolleranza, ma anche fermezza perché la personalità si formi senza deformarsi, né distruggersi attraverso tutte le droghe moderne”.
Il rosario è anche la tradizionale preghiera della sera, con la sua cantilena sembra aiutare a rappacificarsi con se stessi dopo una giornata di lotte e di fatiche, riequilibra i ritmi della giornata e certo facilita il riesame delle cose fatte, buone o cattive che siano…
“Ma il rosario non ha orario. Tutte le ore sono adatte, basta sapergli trovare un posto. Nella mia vita sovraffollata, per esempio, lo recitavo talvolta la sera, prima di addormentarmi, e qualche volta il sonno arrivava prima della fine della corona: “Allora lo finiscono gli angeli”, diceva mia nonna novantenne…
Ora che l’età mi ha fatto prescrivere una passeggiata quotidiana per rimediare all’immobilità malsana degli intellettuali, invece, ho tutto il tempo per recitare il rosario completo”.
Qualcuno però accusa il rosario di essere una preghiera “meccanica”, ripetitiva, quasi ipnotica. Che cosa risponde lei?
“A sentire il Vangelo, è giusto così: ‘Non sprecate parole come fanno i pagani – dice Matteo -, che credono di essere ascoltati a forza di parole. Non siate come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Gesù diceva una sola cosa per volta.
Sì, la preghiera è essenzialmente raccoglimento in Dio. Tutto parte da lì. È meglio dunque cominciare con un periodo di silenzio, che valorizza ciò che segue. Ma poi la Bibbia e Gesù raccomandano la preghiera vocale, anzitutto il Padre nostro: quando il corpo e le labbra non partecipano, infatti, spesso c’è solo il vuoto. La parola sostiene la preghiera. Durante i pellegrinaggi a Chartres e altrove, l’Ave Maria cantata sulla strada orienta e tonifica la marcia verso Dio. Il rosario, come i salmi, è un mezzo per fissare l’attenzione e la concentrazione”.
Di certo il rosario è una preghiera semplice, di poche pretese: si accontenta di stare nei ritagli del nostro tempo affannoso, di essere detta mentalmente nei luoghi più disparati, mentre si guida l’auto, mentre si viaggia in metro… Ma allora sembra quasi più un passatempo che un’orazione. O no?
“Semplicemente, è un mezzo per associare Dio agli atti elementari della vita del corpo. È un piccolo sistema per far penetrare meglio Dio nella nostra vita. Noi siamo “animali ragionevoli”, dice Aristotele; non facciamo nulla senza il nostro corpo. Bisogna dunque mobilitarlo per pregare Dio in modo umano. Oggi, a forza di “spiritualizzare”, abbiamo sradicato la nostra vita spirituale, la asfissiamo. Non sempre siamo capaci di meditazione profonda; perciò bisogna radicarla nel nostro corpo anche con la ripetizione di parole”.

Al rosario il Papa ha addirittura dedicato un anno. Perché, secondo lei?

“L’ha fatto imitando numerosi predecessori, soprattutto Leone XIII. Giovanni Paolo Il sottolinea ora l’importanza della meditazione dei misteri, tanto che ha proposto di allargarli con 5 misteri della luce, i quali si possono recitare quest’anno in alternativa ai 5 misteri gaudiosi, che rimangono fondamentali. In questo modo il Papa ha voluto fare più centro su Cristo; ma tocca a ciascuno scoprire tali misteri. Se il Papa ci invita, è perché questa preghiera porta frutti personali e – meglio ancora – comunitari. Tenere in mano il rosario è come tenere la mano della Vergine, che ci conduce a Cristo”.

IL PAPA E IL ROSARIO

“Forse c’è anche chi teme che essa [la preghiera del Rosario, ndr] possa risultare poco ecumenica, per il suo carattere spiccatamente mariano. In realtà, essa si pone nel più limpido orizzonte di un culto alla Madre di Dio, quale il Concilio l’ha delineato: un culto orientato al centro cristologico della fede cristiana, in modo che “quando è onorata la Madre, il Figlio […] sia debitamente conosciuto, amato, glorificato”.
Se riscoperto in modo adeguato, il Rosario è un aiuto, non certo un ostacolo all’ecumenismo”. (Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae).

Dossier: La preghiera del Rosario


IL TIMONE N. 25 – ANNO V – Maggio/Giugno 2003 – pag. 38 – 39

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