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9.12.2024

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Una guerra culturale
31 Gennaio 2014

Una guerra culturale

Dalle Conferenze ONU del 1994/1995 all’imposizione dell’Agenda del gender ai governi, nelle scuole, nelle istituzioni pubbliche. Un’attivista americana pro-life, di passaggio in Italia, rivela la genesi di questa ideologia che sta invadendo il mondo occidentale

Siamo sommersi dall’ideologia di genere: le istituzioni pubbliche ci impongono le pari opportunità, programmi di educazione di genere nelle scuole, matrimoni ed adozioni gay… Nonostante la crisi economica e il dramma di famiglie senza un lavoro e un reddito, pare che l’unica preoccupazione dei governi, ad ogni livello, sia di imporre l’ideologia di genere.
Papa Benedetto XVI ha fornito in modo chiaro e inequivocabile i termini della questione: è in atto una vera e propria «rivoluzione antropologica», e pochi se ne sono davvero resi conto. Da anni abbiamo ministeri, dipartimenti, assessorati regionali, provinciali e comunali delle “pari opportunità”; da anni nel nostro linguaggio è entrata la locuzione “quote rosa”. Nuotiamo nell’ideologia di genere, e non ce ne accorgiamo neppure.

Come è potuto accadere, ci si domanda? Quando è cominciato tutto ciò? Chi ha determinato questo cambiamento culturale, e perché?
Molte risposte a queste domande sono contenute nel bel libro di Dale O’Leary intitolato Maschi o femmine? La guerra del genere, pubblicato da Rubbettino (Soveria Mannelli, 1996). Questo lavoro, agile e divulgativo, ha l’enorme pregio di spiegare in modo semplice sia i fondamenti dell’ideologia di genere che la sua genesi e la sua evoluzione: dal femminismo liberale, attraverso la dialettica marxista applicata ai sessi, fino al femminismo radicale, che è il vero cavallo di troia dell’ideologia di genere; fino alle conferenze internazionali dell’ONU del Cairo e Pechino, nel 1994 e nel 1995, e da lì alle grandi istituzioni sovranazionali (ONU, Unione europea…).
«La prospettiva di genere – si legge a pagina 146 – è essenzialmente una interpretazione neo-marxista della storia del mondo, secondo la quale il genere, e non la classe o la razza, viene visto come la categoria di oppressione fondamentale, perché il genere trascende tutte le categorie. Sotto la prospettiva di genere tutto è visto come parte di una lotta di potere tra uomini e donne. La prospettiva di genere in questo contesto significa una rivoluzione di classe sessuale delle donne contro gli uomini ».

Dale O’Leary è un’attivista pro-life statunitense che da anni studia l’ideologia abortista, il femminismo e l’ideologia di genere; ha partecipato, nell’aprile scorso, all’ormai tradizionale appuntamento che la Diocesi di Brescia dedica ogni anno all’identità sessuata della persona e alla sua difesa.
I suoi due interventi non hanno soltanto erudito il pubblico circa l’ideologia di genere e i pericoli connessi, ma lo hanno anche colpito e scosso.
Abbiamo approfittato della sua cortesia e disponibilità per rivolgerle qualche domanda per i lettori del Timone.

Dottoressa O’Leary, come e perché ha cominciato ad occuparsi dell’ideologia di genere?
«Negli anni ’80 del secolo scorso ho aderito con entusiasmo alla battaglia pro-life; ero piena di entusiasmo, ero orgogliosa di essere un’attivista. Mi sembrava una battaglia in difesa dei bambini, delle donne. Così sono rimasta davvero stupefatta quando ho scoperto che le nostre avversarie più acerrime erano le femministe. Mi chiedevo: “Come è possibile che una donna, per di più impegnata a difendere i diritti delle donne, sia a favore dell’aborto? È incomprensibile!”. Così ho cominciato a studiare il femminismo, per anni. Volevo capire.
Nel 1994, rispondendo all’appello di Giovanni Paolo II che esortava a difendere il diritto alla vita e la famiglia, ho deciso di partecipare alla conferenza del Cairo, organizzata dall’ONU. Mentre le associazioni abortiste e femministe erano presenti in modo massiccio e organizzato (ovviamente si erano preparate da diverso tempo), io e gli altri pro-life presenti eravamo armati solo di buona volontà. Mi sono accorta che, pensando di dover discutere di aborto e famiglia, i rappresentanti pro-life erano completamente impreparati sull’ideologia di genere, che invece fu la vera protagonista della conferenza. Decisi di partecipare anche alla conferenza di Pechino dell’anno dopo, che invece affrontò le tematiche del genere in modo esplicito.
Purtroppo, dopo tanti anni, nonostante il grande impegno profuso sia da Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI per mettere in guardia i fedeli dall’ideologia di genere, ancora adesso trovo che i cattolici siano impreparati e travolti da un’agenda precisa e organizzata».

Cosa si può fare per fermare l’ideologia di genere, per opporsi in modo efficace a questa invasione culturale?
«Si può fare molto. Innanzitutto non dobbiamo essere timidi o vergognosi: dobbiamo umilmente metterci al servizio della verità, proclamarla e difenderla senza paura. La nostra paura, non gli attivisti del genere, è la nostra vera avversaria.
Poi abbiamo il dovere di occuparci delle vittime di questa ideologia: sto parlando di chi vive con sofferenza a causa di un orientamento sessuale indesiderato, oppure di chi è convinto di essere una donna imprigionata in un corpo maschile o viceversa. Il miglior modo per combattere questa ideologia è quella di rimboccarsi le maniche e di aiutare quotidianamente, nel nostro piccolo, le sue vittime. Dobbiamo anche pregare per queste persone: anche questo è un modo per aiutarle e occuparci di loro. Questo umile lavoro ha un impatto straordinario: la verità si impone da sola, ma con amore e mansuetudine.
Infine, dobbiamo affidarci e affidare la nostra società e la nostra cultura a Dio, chiedere a lui di proteggerci e difenderci dal male. Questo è il modo realmente più efficace per opporci all’ideologia di genere». Queste le conclusioni che Dale O’Leary traccia alla fine del suo libro: «Servirà più di una esposizione di argomenti brillanti. Se questa è una guerra culturale, allora bisognerà combatterla con la cultura così come con le argomentazioni. I combattenti dovrebbero scrivere delle storie, cantare delle canzoni, creare immagini che comunichino la verità sulla persona umana.[…] L’Agenda di Genere mi fa venire in mente un gigantesco pallone dentro una piccola stanza, fintanto che ciascuno tratta il pallone con rispetto questo continua ad espandersi e, magari, potrà anche soffocare la gente che si trova nella stanza, ma tutto quello che serve per fermare questo pallone gonfiato è un piccolo ago».


Ricorda

«[…] oggi, sotto il lemma “gender”, viene presentato come nuova filosofia della sessualità. Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela».
(Benedetto XVI, Discorso in occasione degli auguri alla curia romana, 21 dicembre 2012).

Per saperne di più…

Dale O’Leary, Maschi o femmine? La guerra del genere, Rubbettino, 2006.
Roberto Marchesini, L’identità di genere, I quaderni del Timone, 2007.
Roberto Marchesini, Come scegliere il proprio orientamento sessuale (o vivere felici), Fede & Cultura, 2007.



IL TIMONE N. 124 – ANNO XV – Giugno 2013 – pag. 50 – 51

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