Un profetico documento dei vescovi italiani del 1960. Una malattia ideologica penetrata nel modo di giudicare anche di molti cattolici. L’esigenza di testimoniare con la vita e con la parola il primato del soprannaturale.
La questione del laicismo e/o della laicità accompagna la storia d'Italia dalla costituzione del Regno, nel 1861, ed esprime il conflitto provocato dalle diverse forze ideologiche che hanno, da allora, sfidato e cercato di sostituire la Chiesa nel suo essere punto di riferimento anche culturale della società italiana. Recentemente la questione è ritornata al centro della cronaca per tanti motivi, a cominciare dalla legge francese che impedisce l'ostentazione dei simboli religiosi, vicenda che ha dato luogo a una serie di articoli sui giornali italiani che dimostrano come la ferita nel rapporto fra laicisti e cattolici sia ancora apertissima, con l'aggravante che purtroppo essa divide i cattolici stessi in tre ambienti: coloro che temono di non apparire sufficientemente moderni, in sintonia con l'ideologia laicista dominante, coloro che preferiscono ritagliarsi una nicchia protetta all'interno della modernità senza neppure tentare di evangelizzare il mondo nel quale vivono, e infine quelli che cercano di seguire, comprendere e si sforzano di applicare nelle diverse circostanze storiche le indicazioni del Magistero della Chiesa.
Rimane il fatto che l'uomo comune stenta ancora a comprendere i termini del problema, anche per un difetto di comunicazione, e di volontà di ricezione, che riguarda in particolare il mondo cattolico.
Un uomo, battezzato o no, celibe o sposato, che non ha ricevuto il sacramento dell'Ordine con il quale si diventa sacerdoti, è un laico. Il laico battezzato è chiamato a diventare santo, in particolare occupandosi delle realtà temporali (famiglia, lavoro, politica, cultura, mezzi di comunicazione, ecc.), cercando di edificare una società fondata sulla legge naturale, mentre il sacerdote ha come compito privilegiato della sua vocazione la celebrazione dei sacramenti, in particolare la Messa e la confessione, e la direzione spirituale delle anime.
Un laico, ma anche un sacerdote, possono diventare laicisti quando cominciano a negare la signoria di Dio sulla creazione e quindi cessano di operare affinché la storia ne riconosca la regalità. Un'enciclica che ha esplicitato questa verità è la Quas primas di Papa Pio XI, ma anche il Concilio Vaticano Il, con il decreto sull'apostolato dei laici e il capitolo IV della Lumen gentium, ha ricordato come l'animazione cristiana dell'ordine temporale sia parte dell'apostolato al quale sono tenuti tutti i cattolici, nel rispetto dei diritti personali di coloro, se ce ne sono, che professano altre religioni.
Il richiamo al Concilio è importante per dissipare alcuni dubbi. L'autonomia dell'ordine temporale – che significa per esempio la distinzione tra politica e religione, tra Stato e Chiesa, tra scienza e fede – non significa che le realtà temporali possano prescindere da Dio e dalla legge naturale. O meglio, possono, ma così applicano il laicismo, cioè si sottraggono all'ordine nel quale Dio creatore ha voluto che rimanessero appunto le diverse realtà del mondo. Ecco perché il Magistero della Chiesa parla di distinzione, non di separazione, perché sia l'uomo politico sia il vescovo devono rispondere a Dio e rispettarne le leggi nel loro operare, ma ciascuno nell'ambito della propria autonomia, così come il professore o la madre di famiglia o il sacerdote. Ecco perché il Magistero insegna che esiste una verità sull'uomo, sulla società, sullo Stato, che la ragione umana può riconoscere anche se non ha il dono della fede, così come esiste una legge naturale che ogni uomo può comprendere come necessaria per la convivenza dei popoli nell'ordine e nella pace.
Altrettanto sbagliato è pensare che il Concilio abbia riscoperto questa autonomia delle realtà temporali per debolezza nei confronti del laicismo sorto nel pensiero occidentale a partire dall'illuminismo ed entrato nella vita politica dopo la Rivoluzione francese e la fine degli antichi regimi, quando il trono e l'altare non vivevano in uno stato di conflitto dichiarato, ma spesso erano confusi fra loro oppure in una condizione di conflitto, non così visibile come sarà dopo il 1789, ma senz'altro reale. La distinzione fra Cesare e Dio è stata introdotta nella vita pubblica dal messaggio di Cristo mentre prima dell'Incarnazione semplicemente non esisteva; per quanto riguarda la cristianità medioevale, che viene accusata di essere una società subordinata agli interessi della Chiesa, anche nel senso clericale del termine, Jacques Maritain ricorda come la teocrazia sia stata l'angelo tentatore del Medioevo, ma non si sia mai effettivamente realizzata. Certamente le guerre di religione dei decenni successivi alla Riforma protestante hanno prodotto una situazione deplorevole dal punto di vista della libertà religiosa, con l'applicazione del principio che i sudditi dovevano seguire la religione del principe ("cuius regio eius religio", Pace di Augusta nel 1555 fra i principi protestanti e l'Impero cattolico), producendo una subordinazione e commistione delle Chiese nelle singole nazioni all'autorità dello Stato e una inevitabile ideologizzazione della fede, che successivamente favorirà la penetrazione del laicismo, autoproclamatosi alfiere di una libertà religiosa che non aveva certamente inventato. Così come lo stesso laicismo potrà ampiamente sfruttare polemicamente forme di clericalismo diffuse nella società cristiana dopo il Concilio di Trento, forse inevitabilmente, squilibrio in alcune situazioni ancora diffuso.
Il laicismo in un documento dei vescovi italiani
Rivolgendomi tuttavia a un pubblico prevalentemente italiano, sul tema del laicismo vorrei raccomandare alla riflessione dei lettori de il Timone una lettera dell'episcopato italiano rivolta al clero 45 anni fa, in occasione della festa dell'Incarnazione del 1960.
È un documento sottoscritto da tutti i singoli vescovi d'Italia, in una stagione in cui il paese stava uscendo dal periodo della ricostruzione post-bellica che aveva visto i cattolici riprendere la guida dello Stato, in particolare con la vittoria nelle elezioni del 18 aprile 1948, e la Chiesa diventare il punto di riferimento principale nella nazione. Ma era anche il tempo in cui la semina dell'ideologia laicista – splendidamente descritta in questo documento – continuava a penetrare nel corpo sociale, nel quale avrebbe dato i suoi frutti amari di lì a pochi anni, nel 1 968.
Il documento affronta in poche pagine la natura teorica e pratica del laicismo, la sua penetrazione fra i cattolici, sia laici sia preti, per indicare quindi alcune vie al fine di superarne le conseguenze negative, in particolare raccomandando la form.azione, che comprende anche lo studio dello stesso laicismo, e l'invito particolarmente rivolto ai presbiteri di privilegiare nella loro vita sacerdotale tutto quello che richiami il soprannaturale, principale medicina per guarire la malattia laicista. Peraltro, quello che più colpisce del documento è la sua sorprendente attualità. La privatizzazione della fede, l'accusa di ingerenza rivolta ai cattolici ogniqualvolta pretendono di giudicare la realtà con le categorie del Vangelo, l'assenza del soprannaturale nella vita e nel costume di molti cristiani, spesso attenti ai soli interessi materiali, anche legittimi, della vita, sono malattie di sempre nella vita degli uomini, ma che nell'ideologia laicista trovano una giustificazione filosofica e politica, che attribuisce al laicismo un seducente aspetto di libertà, indipendenza, modernità. Una lettera dunque che in qualche modo anticipava i caratteri salienti di un'ideologia che nel 1960 non era ancora così visibile ed egemonica come sarebbe diventata successivamente alla crisi del 1968 e come certamente è oggi.
RICORDA
«[Il laicismo] una concezione puramente naturalistica della vita, dove i valori religiosi o sono esplicitamente rifiutati o vengono relegati nel chiuso recinto delle coscienze e nella mistica penombra dei templi, senza alcun diritto a penetrare ed influenzare la vita pubblica dell'uomo (la sua attività filosofica, giuridica, scientifica, artistica, economica, sociale, politica, ecc.)» .
(Episcopato italiano, Lettera al clero sul problema del laicismo, del 25 marzo 1960).
BIBLIOGRAFIA
Pio XI, Enciclica Quas Primas, sulla Regalità di Cristo, dell’11 dicembre 1925.
Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Apostolicam actuositatem sull’apostolato dei laici, del 18 novembre 1965.
Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa, del 21 novembre 1964 (cap. IV, I laici).
IL TIMONE – N. 40 – ANNO VII – Febbraio 2005 pag. 56-57