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Una ‘nuova era’ già vecchia
31 Gennaio 2014

Una ‘nuova era’ già vecchia

 

 

 

La storia, le polemiche, le interpretazioni del New Age. Negli USA è in crisi. Lo sostituisce il Next Age, miscuglio di relativismo ed egoismo. Una sfida per la Chiesa Cattolica da non sottovalutare.
Il New Age è una strana realtà: se ne parla molto, ma sfugge alle definizioni. Tuttavia gli studiosi hanno ormai raggiunto un consenso su una descrizione che può aprire sul New Age quattro finestre che, combinate fra loro, offrono un'idea abbastanza precisa del fenomeno.
Dal punto di vista psicologico il New Age è uno stato d'animo: è la sensazione che tutto cambia, non solo nella cultura, ma anche nella qualità della vita o nell'accostamento della medicina; non solo nella religione, ma anche nella politica, nell'arte, nella letteratura e così via. Per una sorta di effetto domino, i cambiamenti in un settore dell'agire umano si ripercuotono su tutti gli altri settori. Il New Age è radicato in una tradizione di tipo astrologico attenta alla precessione degli equinozi, secondo la quale il sole cambia “casa” o segno dominante ogni duemila anni circa. Alla nascita di Gesù Cristo si è entrati nell'era dei Pesci, e intorno al 2000 (le date variano, dal 1950 al 2030) si dovrebbe passare all'era dell'Acquario, con conseguenti cambiamenti epocali. Queste teorie, diffuse tra gli astrologi fin dalla fine degli anni Trenta, furono proposte al grande pubblico nel 1968 dalla commedia musicale Hair, la cui canzone principale era appunto Aquarius. L'anno di Hair, il 1968, richiama una seconda fonte di carattere politico, il Sessantotto appunto – a suo modo un movimento anch'esso teso al cambiamento globale -, che è poi confluito nell'attesa psicologica di un generale New Age.
Dal punto di vista storico si può dire che il New Age sia un movimento di risveglio di un mondo laico interessato a tematiche di tipo magico ed esoterico. Alle origini dell'attuale New Age si situa l'opera dei coniugi Foster e Alice Bailey. Dagli anni Venti agli anni Cinquanta Alice Bailey (1880-1949) scrisse una serie di opere che avevano nel titolo l'espressione New Age; dopo la sua morte un gruppo di suoi discepoli fonda in Scozia la comunità di Findhorn. La data di questa fondazione (1962), che avrà rapidamente un grande successo anche negli Stati Uniti, è considerata come l'inizio del New Age.
La terza finestra che si può aprire sul New Age è di carattere sociologico. Il New Age non è un movimento: non c'è la tessera del New Age, non ci si iscrive né si è battezzati, non ci sono leaders o gerarchle; al massimo ci sono dei portavoce riconosciuti come più autorevoli di altri. Occorre quindi interpretare questo fenomeno attraverso un'altra categoria: il New Age è un metanetwork, una grande rete che fa incontrare tra loro tutta una serie di network, che esistevano in qualche caso da decenni, se non da secoli, ma non comunicavano tra loro. Ognuno di questi network – che, schematicamente, vengono dal mondo delle spiritualità alternative, delle terapie alternative, e delle politiche alternative – continua a esistere autonomamente, ma diventa anche una porta per accedere al metanetwork, al New Age.
Infine l'ultima finestra sul New Age, che pone problemi delicati, è di carattere dottrinale. Anche se all'interno della galassia coesistono idee diverse e contraddittorie (e temi comuni diffusi, per esempio la reincarnazione e un accostamento umanistico all'astro-logia), il New Age è tenuto insieme da un principio di carattere epistemologico che può essere definito “relativismo volontarista”. Ognuno di noi crea – letteralmente – il suo mondo, e ogni mondo ha la sua verità. Se non esiste la verità naturalmente non esisteranno le verità – dai valori assoluti in campo etico alle proposizioni certe di valore dogmatico in campo religioso – ma solo infinite possibilità sostanzialmente di uguale valore. Si comprende come la Chiesa Cattolica, in particolare il pontefice Giovanni Paolo II, che da anni va conducendo una sua battaglia contro il relativismo, guardi con sospetto al New Age.
Ma da qualche anno si afferma, soprattutto negli Stati Uniti, che il New Age è in crisi. Una delle ragioni di crisi è la commercializzazione del fenomeno. Tuttavia il motivo più profondo è la debolezza comune storicamente a tutti i millenarismi di tipo ottimista: mentre chi promette sventure facilmente trova conferma nella storia, chi annuncia scenari di felicità globale si espone fatalmente alla smentita dei fatti. Per il grande pubblico al New Age si sostituisce, grada-tamente, il Next Age (chiamato anche Next Stage o New Edge). Per il New Age è il pianeta Terra che entra in una nuova era di felicità e di pace. Per il Next Age, che non crede più alle grandi utopie, forse per la Terra non c'è in vista nessuna età dell'oro, ma tu puoi entrare nel tuo personale New Age di felicità e di benessere attraverso apposite tecniche ispirate alla medicina ayurvedica, a rivisitazioni della meditazione trascendentale o del pensiero positivo proposte da maestri come il medico indiano Deepak Chopra. Questa svolta individualistica è fatta propria da esponenti del “vecchio” New Age come James Redfield, l'autore de La profezia di Celestino. Il Next Age è il New Age senza utopia, a misura della “generazione del me”. Ma se al New Age si toglie anche l'aspirazione, utopica ma nobile, a una renovatio globale ed ecologica del pianeta Terra, quella che resta è una forma di narcisismo spirituale che talora si è tentati di chiamare semplicemente egoismo.

IL TIMONE – N. 9 – ANNO II – Settembre/Ottobre 2000 – pag. 6-7

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