15.12.2024

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Una vittoria pro-life
31 Gennaio 2014

Una vittoria pro-life

 

 

Una decisione che ha commosso milioni di americani, da noi è stata completamente “silenziata”. Si tratta della conferma della messa al bando dell’aborto a nascita parziale da parte della Corte Suprema Usa.

 

Il 18 aprile di quest’anno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che la messa al bando del cosiddetto aborto a nascita parziale, firmato dal presidente George W. Bush jr. il 5 novembre 2003, è perfettamente a norma di Costituzione e quindi rimane in vigore.

Un’inversione di tendenza, “verso la vita”

I pro-lifer non hanno ancora smesso di esultare, rimarcando e sottolineando come per la suprema magistratura giuridica del Paese quel fermo divieto non viola affatto la legge federale come invece alcuni suoi, maliziosi, nemici hanno detto e ripetuto: al contrario, difende, supporta, spiega il senso autentico della legge fondamentale che regola gli Stati Uniti. Insomma: quel modo particolarmente crudele e cruento di uccidere un bambino, un sistema in parte aborto e in parte infanticidio (dato che appunto prevede la fuoriuscita parziale del feto dall’utero materno, per poi eliminarlo succhiandogli il cervello dalla nuca con un cannuccia) è illegale, non c’entra con gli USA, è – in breve – una grande mascalzonata. Il medico che oggi praticasse negli USA un aborto così pagherebbe peraltro una multa più o meno salata oppure finirebbe in prigione per omicidio, con una pena comunque inferiore ai due anni di reclusione.
Un colpo di teatro, per certi versi: di buon teatro. Se infatti esiste qualcosa che negli USA divide profondamente il pubblico e appassiona la politica, ma trova sempre la Corte Suprema irremovibile, e questo sin dal 1973 quando lo legalizzò, questo qualcosa è proprio l’aborto. Che dunque oggi, almeno quanto all’aborto a nascita parziale, la Corte Suprema pronunci un “no” netto e chiaro è una notizia grossa. Il mondo pro-life, del resto, non si è fatto cogliere impreparato e sta utilizzando la cosa come un corpo contundente. Vero è che la decisione della Corte Suprema inibisce solo un modo specifico di praticare l’aborto, ma essa costituisce di fatto un precedente importante e utile per mettere in discussione l’intera questione della soppressione di una vita umana innocente.

Il ruolo dei cattolici nella vicenda

 
Ora, la decisione della Corte Suprema è stata ottenuta grazie a una maggioranza raggiunta attraverso la compattezza di voto espressa dai giudici cattolici, al di là delle obbedienze di parte e di partito. Un voto confessionale, si dirà: un voto che così viola la laicità dello Stato, e questo proprio nel sancta sanctorum dell’organismo che deve vegliare sulla Costituzione. Niente affatto.
Gli è infatti che in questo momento i cattolici sono il sale della terra statunitense, persino qualcuno fra i liberal. E questo è chiaro persino ai protestanti, che qui fanno a gara per mostrarsi amici dei cattolici e lavorare con loro su temi chiave, e persino alla Casa Bianca.
I cinque giudici (presidente compreso) che hanno sancito la messa al bando dell’aborto a nascita parziale sono infatti sì cattolici, ma la questione vera è che oggi solo gente così difende la dignità della persona umana intera per tutti, e questo fondandosi su un chiaro concetto di natura e su una precisa difesa del diritto naturale. Cose, queste, che di per sé non sono cristiane, o che lo sono solo nella misura in cui il cristianesimo, specialmente quello cattolico, difende l’unico vero umanesimo possibile e integrale. Tanto che persino alcuni liberal finiscono per difendere la persona umana intera proprio in quanto cattolici, cioè in quanto comunque eredi di una cultura autenticamente umanistica.
La pensa così anche il deputato Repubblicano del New Jersey Christopher Smith, uno dei più noti e antichi campioni della cultura pro-life del Congresso statunitense, presidente del Pro-Life Caucus, una meritoria istituzione bipartisan. Sull’importante decisione della Corte Suprema gli ho chiesto qualche battuta. «Finalmente», risponde Smith, «l’Alta Corte ha trovato la voce e ha usato la propria autorità per difendere i bambini e le loro vulnerabili madri dalla violenza dell’aborto». Nulla vi è, per il deputato repubblicano, «di compassionevole in un gesto così crudele qual è l’aborto a nascita parziale». In sintesi e con chiarezza, insomma, per Smith «l’aborto è una violazione dei diritti umani della persona. Si dovrebbe quindi protestare contro di esso nelle sedi internazionali, in quelle sedi cioè dove è lecito e consueto rivendicare il rispetto della persona umana, e dove quindi si usa alzare la voce in difesa dei diritti minacciati e violati».

Finalmente la verità, dopo le bugie del passato

La Corte Suprema legalizzò l’aborto in tutti gli Stati Uniti con la famosa sentenza “Roe vs. Wade” nel 1973. Ebbene, oggi si sa che quella sentenza si basò sulla denuncia di una gravidanza conseguente a uno stupro che la stessa donna protagonista di quel clamoroso caso, Norma McCorvery alias Jane Roe, ha poi detto – una volta convertitasi al cristianesimo, prima protestante poi cattolico – essere stata tutta una invenzione. E poi sul tasso enorme di mortalità delle madri a causa dell’aborto illegale denunciato pubblicamente attraverso cifre fornite da Bernard Nathanson, il medico che ha forse praticato più aborti di chiunque altro. Il quale ha poi però – una volta convertitosi pure lui al cattolicesimo – rivelato essere state completamente artefatte. Nathanson parlò allora di 10mila madri morte nel corso dell’anno precedente la legalizzazione dell’aborto. Balle. Furono solo 39. Oggi lo dice lo stesso Nathanson. Ma dal 1973 a oggi i bambini uccisi dall’aborto americano sono stati 49 milioni. Il deputato Smith non perde occasione per dirlo, ripeterlo, gridarlo dai tetti. Oggi la Corte Suprema, il guardiano della Costituzione del suo Paese secondo lo spirito di coloro che due secoli fa la scrissero, gli è di conforto. A lui e a milioni di americani, nati, non ancora nati o già, assai prematuramente, in un luogo migliore di questo.
Il 22 gennaio si è svolta a Washington la 34a Marcia per la Vita, la più grande manifestazione pro-life del mondo. Decine di migliaia di cittadini statunitensi, e di ospiti stranieri, di ogni confessione religiosa e convinzione politica (ma con una netta preponderanza di cattolici e di conservatori), fra i quali numerosissimi giovani, si sono dati appuntamento nel parco antistante la Casa Bianca e hanno marciato fino alla Corte Suprema. La manifestazione si svolge da 34 anni puntualmente sempre nello stesso giorno: l’anniversario di quel 22 gennaio 1973 in cui la Corte Suprema (la massima magistratura giudiziaria del Paese) legalizzò l’aborto.

IL TIMONE – N.65 – ANNO IX – Luglio/Agosto 2007 pag. 16-17

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